Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36207 del 26/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36207 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONDRO’ CARMELO N. IL 14/05/1959
avverso la sentenza n. 183/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 23/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 26/05/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato CARMELO CONDRO’, in atti generalizzato, ricorre contro la sentenza indicata in
epigrafe (che ne ha confermato la condanna per il reato di ricettazione ascrittogli, riducendo
la pena ritenuta di giustizia dal primo giudice per effetto della contestuale declaratoria di
estinzione per prescrizione del reato di cui al capo B), denunciando l’insussistenza del reato e
la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p.

degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti.
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in tutte
le sue articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in appello
e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n.
221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi con i quali la
Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e
non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato:
– l’affermazione di responsabilità e la qualificazione giuridica dei fatti accertati
valorizzando l’accertata falsità delle

res

in sequestro, correttamente conformandosi

all’orientamento (da ultimo, Sez. V, sentenza n. 5260 dell’Il dicembre 2013, dep. 3 febbraio
2014, CED Cass. n. 258722) per il quale integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la
detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la
configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in
via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica,
intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere
dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare
del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre
la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la
grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità
che gli acquirenti siano tratti in inganno. D’altro canto, è stato anche chiarito (Sez. II,
sentenza n. 12452 del 4 marzo 2008, CED Cass. n. 239745) che il delitto di ricettazione (art.
648 cod. pen.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono
concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo
strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non
risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore;
– il diniego dell’invocata attenuante valorizzando «l’elevato numero di capi
abbigliamento detenuti e posti in vendita dall’imputato».

All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto della regolarità

Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente,
limitandosi a riproporre una diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su
mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo

(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 26 maggio 2015
Il Comp nente estensore

Il Presidente

evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa

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