Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36162 del 26/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36162 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CERVADORO MIRELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOSCHETTI PIETRO N. IL 15/03/1963
avverso la sentenza n. 885/2005 CORTE APPELLO di BARI, del
17/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;

Data Udienza: 26/05/2015

RG.2772812014 Moschetti

Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza in epigrafe, deducendo la nullità della sentenza per erronea
applicazione della legge penale in relazione all’art.647 c.p. e all’art.157 c.p., carenza ed illogicità della motivazione in ordine
al giudizio di responsabilità, alla determinazione della pena, al diniego delle attenuanti generiche e alla prescrizione (art.606
lett.b) e), c.p.p. Nel ricorso si prospettano valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelli cui è pervenuto il giudice
d’appello e vengono riproposte le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. Le valutazioni di
merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi

specificità dei motivi va poi apprezzata non solo per la loro indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra
le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente, ai sensi dell’art.591, co.1
lett.c) c.p.p., nell’inammissibilità (Cass.Sez.IV n.5191/2000 Rv.216473).La sentenza impugnata va, poi, necessariamente
integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado; quando, infatti, le sentenze di primo e secondo
grado concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la
struttura motivazionale della sentenza si salda con quella precedente (Cass.Sez.1, n.888612000, Sangiorgi).
Tanto premesso, rileva il Collegio che le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano viziate da illogicità
manifeste e sono infine esaustive, sia in punto responsabilità che in ordine alla sussistenza del reato di ricettazione
(l’imputato non ha fornito alcuna indicazione circa la persona che gli avrebbe consegnato la falsa polizza di assicurazione e
nessun elemento è emerso circa il fatto che sia stato lui stesso ad appropriarsi della modulistica di cui al contratto di
assicurazione che faceva parte di uno stock di 200 polizze denunciate smarrite e/o rubate v.pagg.6-7) e al diniego delle
attenuanti generiche in considerazione dei numerosi precedenti. Per quanto riguarda la dedotta prescrizione, infine, il
motivo è manifestamente infondato. Considerato che il giudizio pendeva in grado d’appello all’atto della entrata in vigore
della legge 251/2005, essendo stata emessa la sentenza di primo grado il 14.2.2005, e che deve trovare applicazione la
previgente disciplina dell’istituto della prescrizione, il reato si prescrive nel termine massimo di anni quindici. Alla data della
sentenza della Corte territoriale (17.12.2013) non era ancora decorso il termine massimo di anni quindici, né tra la
commissione dei fatti (28.10.1999) e i decreti di citazione a giudizio, o tra la sentenza di primo grado e quella d’appello,
quali atti interruttivi del termine, risulta decorso il termine ordinario di anni dieci. L’inammissibilità del ricorso per Cassazione
preclude, poi, la declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione maturata successivamente alla decisione impugnata
(cfr.Cass.Sez.I11, sent.n.42839/2009 Rv.244999).
Il ricorso va dichiarato quindi inammissibile. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso (v.Corte Cost. sent.n.186/2000), si determina equitativamente
in Euro 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Ro

.5.2015

A TA

giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici (Cass. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794), e la mancanza di

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