Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3614 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3614 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Conti Marco, nato a Genova il 14/1/1996;
avverso la sentenza del 12/06/2013 della Corte d’appello di Genova, sezione 3^
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. Maria Donatella Aiello, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12.2.2013 il G.U.P. del Tribunale di Genova dichiarò
Conti Marco responsabile del delitto di rapina aggravata commesso il 23.8.2012
e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, con la
diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 4 di reclusione ed € 800,00
di multa, pena accessoria.

Data Udienza: 15/01/2014

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Genova, con
sentenza del 12.6.2013, confermò la pronunzia di primo grado.

3. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo mancanza di motivazione in
relazione al motivo nuovo di appello depositato il 22.5.2013, con il quale si
chiedeva la continuazione fra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli
oggetto della sentenza di applicazione di pena 20.2.2013, irrevocabile dal
12.4.2013 del G.U.P. di Genova. La Corte territoriale non ha pronunziato sul

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Nell’ipotesi in cui il giudice d’appello abbia omesso di provvedere sulla
richiesta di applicazione della continuazione formulata con specifico motivo
d’impugnazione, sussiste l’interesse dell’imputato al ricorso per cassazione per la
mancata pronuncia sul punto, non potendo il giudice d’appello esimersi da tale
compito, riservandone la soluzione al giudice dell’esecuzione. (Cass. Sez. 6^
Sentenza n. 38648 del 30/09/2010 dep. 03/11/2010 Rv. 248582).
Nel caso in esame la Corte territoriale non ha pronunziato sul motivo nuovo,
del quale neppure fa menzione.
Tuttavia nessuna motivazione sul punto era necessaria, poiché il motivo di
ricorso era inammissibile, in quanto la sentenza di applicazione di pena
concernenti reati rispetto ai quali si chiedeva la continuazione, non era ancora
divenuta irrevocabile al momento della pronunzia di primo grado.
Infatti questa Corte ha chiarito (ed il Collegio condivide l’assunto) che il
giudice d’appello non può pronunciarsi sulla richiesta d’applicazione della
continuazione con un reato per il quale è intervenuta condanna con sentenza
divenuta definitiva dopo la decisione di primo grado, sicché in tale caso la
continuazione può essere riconosciuta solo in sede esecutiva. (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 9311 del 10/02/2009 dep. 02/03/2009 Rv. 243166).
In ogni caso il vizio di motivazione denunziabile in sede di legittimità è quello
di fatto e non quello di diritto.

2. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

2

punto.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 15/01/2014.

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