Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36134 del 10/06/2016

Penale Ord. Sez. 7 Num. 36134 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.
avverso la sentenza n. 93/2014 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
11/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 10/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 11/02/2015, la Corte d’appello di Trieste, in
parziale riforma della sentenza del Gup/tribunale di Trieste del 4/10/2013, riduceva la pena inflitta allo A.A. a mesi 6 di reclusione ed € 1200,00 di multa,
ed alla B.B. a mesi 4 di reclusione ed € 1000,00 di multa, confermando nel
resto l’appellata sentenza che li aveva condannati per il delitto di cui agli artt.

2. Hanno proposto congiunto ricorso personalmente entrambi gli imputati, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per
la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
In particolare si evoca, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod.
proc. pen. sotto il profilo della contraddittorietà e della manifesta illogicità della
motivazione (in particolare, dopo una descrizione di quanto accaduto, sostengono i ricorrenti di essere consumatori di sostanze stupefacenti e che la droga trovata nell’abitazione era destinata al loro consumo personale; la Corte d’appello
avrebbe escluso l’uso personale ritenendo il quantitativo incompatibile, ma quanto dichiarato dal teste Buro circa l’intenzione di consumare lo spinello insieme alla B.B., la modesta quantità dello stupefacente, l’unicità della confezione della sostanza, l’assenza di somme di denaro e di materiale per il confezionamento
delle dosi, escludevano la correttezza della tesi accusatoria e determinavano
quindi il vizio motivazionale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per genericità e per manifesta infondatezza.

4. Ed invero, dall’esame congiunto delle sentenze di primo grado e di appello
(che, com’è noto si integrano reciprocamente: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013
– dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), risulta palese la genericità del motivo, atteso che la Corte d’appello, seppure sinteticamente, indica nell’impugnata
sentenza le ragioni per le quali era da ritenersi provato il concorso di ambedue i
ricorrenti nella consumazione del reato oggetto di volontà comune, con esclusione della tesi della destinazione ad uso personale della sostanza, ragioni che si intendono in questa sede integralmente richiamate per ragioni di economia motivazionale né essendo richiesto a questa Corte di procedere ad una ricognizione e
riproposìzione delle argomentazioni in fatto sviluppate dalla Corte territoriale a

110 c.p. e 73, T.U. Stup., commesso in data 31/05/2011.

sostegno di quanto sopra, dovendosi la Corte di Cassazione limitare a valutare la
congruenza motivazionale e la logicità complessiva dell’apparato argomentativo
utilizzato dai giudici di merito e non certo sindacare gli argomenti fattuali utilizzati dai predetti giudici. Si rileva, in particolare, come la Corte d’appello indichi le
ragioni che escludevano l’uso personale (quantitativo incompatibile, essendo ricavabili dallo stupefacente detenuto presso l’abitazione, ben 373 spinelli; presenza di strumenti idonei al dosaggio ed al confezionamento; cessione al Buro da

cino, ciò che rende inverosimile la tesi secondo cui l’assuntore si fosse recato
presso l’abitazione solo per consumare lo stupefacente).

5. Al cospetto di tale apparato argormentativo, come detto, il ricorso si appalesa
generico “per aspecificità”, atteso che il ricorrente non si confronta con le argomentazioni esposte dalla Corte territoriale a confutazione dei motivi di appello. È,
infatti, inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e
ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del
09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849). A ciò, peraltro, va aggiunto
che il ricorso si appalesa anche manifestamente infondato, avendo fatto la Corte
territoriale buongoverno del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui in materia di stupefacenti, il considerevole numero di dosi ben può essere ritenuto un indice della destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale (In applicazione del principio, questa Corte, in relazione ad un
quantitativo di 88 grammi netti di marijuana, da cui erano ricavabili circa 200
dosi di sostanza drogante, ha valorizzato i dati della degradabilità della sostanza
per la volatilità del principio attivo della canapa indiana e del tempo necessario
all’imputato, circa due mesi, per esaurirla da solo: Sez. 6, n. 9723 del
17/01/2013 – dep. 28/02/2013, Serafino, Rv. 254694).

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.500,00 ciascuno in favore
della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
2

parte della B.B., confermata dal teste che era anche in possesso di un bilan-

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della
Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 10/06/2016

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