Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36127 del 26/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36127 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

subricorstpropost‘da:
CORDONE MICHELE N. IL 09/03/1965
RUFFO ORESTE N. IL 19/11/1966
avverso la sentenza n. 5960/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 26/05/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Gli imputati MICHELE CORDONE ed ORESTE RUFFO, in atti generalizzati, ricorrono contro
la sentenza indicata in epigrafe (che ne ha confermato la condanna per il reato ascritto loro),
lamentando (CORDONE) violazione di legge (per asserita inutilizzabilità delle spontanee
dichiarazioni rese in fase di indagine preliminare), nonché (RUFFO) violazione di legge e vizio
di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità ed alla mancata prevalenza delle

All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto della regolarità
degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti.
Il ricorso del CORDONE ed il secondo motivo del ricorso del RUFFO non sono consentiti
perché tardivi.
Dal non contestato riepilogo dei motivi di appello riportato nella sentenza impugnata (f. 2)
e dall’esame dei rispettivi motivi di appello emerge che la presunta violazione di legge
denunciata dal CORDONE ed il secondo motivo del ricorso del RUFFO non avevano costituito
motivo di appello: le relative censure sono, pertanto, in questa sede tardive. In proposito,
questa Corte (Sez. II, sentenza n. 9028 del 5 novembre 2013, dep. 25 febbraio 2014, CED
Cass. n. 259066) ha già chiarito che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il
ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge o vizi di motivazione verificatisi
nel giudizio di primo grado, se l’atto non proceda alla specifica contestazione del riepilogo dei
motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di
indicare che l’atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva
anch’esso già denunciato le medesime violazioni di legge o vizi di motivazione. Il principio
della non deducibilità per la prima volta in sede di legittimità di vizi di motivazione non dedotti
in precedenza come motivo di appello è stato successivamente affermato da Sez. V, sentenza
n. 48703 del 24 settembre 2014, CED Cass. n. 261438, e va ribadito. Nel caso di specie, i

ritenute attenuanti generiche.

motivi de quibus non sono, pertanto, consentiti, perché essi sono stati dedotti per la prima
volta in questa sede, in violazione di quanto stabilito dall’art. 606, comma 3, c.p.p.; essi
sarebbero, comunque, a-specifici, poiché i ricorrenti, tenuto conto di quanto disposto dall’art.
606, comma 3, ultima parte, c.p.p., ed in virtù dell’onere di specificità dei motivi di ricorso
per cassazione, imposto dall’art. 581, comma 1, lett. C), c.p.p., avrebbero avuto il dovere
processuale di contestare specificamente, in ricorso, il riepilogo dei motivi di gravame operato
dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, se ritenuto incompleto o comunque non
corretto, in quanto la tempestiva deduzione della violazione di legge o del vizio di motivazione
come motivo di appello costituisce requisito che legittima la riproposizione della doglianza ,…..
in
…..,.
cassazione e, pertanto, di ciò il ricorso, con la dovuta specificità, deve dar conto.

Il residuo motivo del RUFFO è assolutamente privo di specificità in tutte le sue
articolazioni, del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi
con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché
esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede ha motivato la contestata affermazione di responsabilità (f. 3).
Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente,

travisamenti.

La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando le cause di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di dette colpe della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 26 maggio 2015
Il Componente estensore

Il Presidente

limitandosi a generiche ed astratte doglianze, senza documentare nei modi di rito eventuali

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