Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3610 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3610 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:

Loiudice Michele, nato a Bari il 14/02/1991;
Manzari Antonio, nato a Bari il 02/08/1987;
Monacelli Alessio, nato a Bari il 29/01/1991;

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, sezione 2^ penale, in data
26.6.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni, il quale ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati
inammissibili.

Data Udienza: 15/01/2014

ritenuto in fatto

Con sentenza in data 1.7.2011, il G.U.P. del Tribunale di Bari dichiarò
Loiudice Michele, Manzari Antonio e Monacelli Alessio responsabili del reato di
rapina aggravata e Manzari altresì del reato di cui all’art. 9 legge 1423/1956,
unificati quanto al Manzari sotto il vincolo della continuazione e – concesse le
attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, con la diminuente per il rito
abbreviato – condannò:

Loiudice e Monacelli alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed C 400,00 di
multa, pena sospesa (essendo entrambi infraventunenni);
Manzari alla pena di anni 4 mesi 4 di reclusione ed C 1.200,00 di multa.
Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte
d’appello di Bari, con sentenza del 26.6.2012, confermò la decisione di primo
grado.
Ricorrono per cassazione gli imputati.
Loiudice Michele deduce vizio di motivazione in quanto sarebbero stati
valutati con superficialità alcuni elementi dedotti dalla difesa e le richieste
avanzate sarebbero state motivate genericamente.
Manzari Antonio, ricordando di aver rinunziato ai motivi di appello in punto
di responsabilità, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al
mancato giudizio di prevalenza o equivalenza delle attenuanti generiche sulla
recidiva ed alla misura della pena.
Monacelli Alessio, tramite il difensore, deduce vizio di motivazione in
relazione al mancato giudizio di prevalenza delle Circostanze attenuanti
generiche, al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen.
ed alla determinazione della pena.

Considerato in diritto

Il ricorso proposto da Loiudice Michele è manifestamente infondato e
generico.
La Corte territoriale, dopo aver dato atto che nessuna motivazione era
necessaria in relazione all’intervenuta rinunzia dei motivi di appello in punto di
responsabilità, ha specificamente motivato sul giudizio di comparazione fra
circostanze attenuanti ed aggravanti nonché sulla determinazione della pena,
richiamando quanto esposto in ordine alla posizione del coimputato Monacelli.
Peraltro nel motivo di ricorso non sono precisate le doglianze sulle carenze
di motivazione.

2

Il ricorso proposto da Manzari Antonio è manifestamente infondato e – per
la parte relativa al mancato giudizio di comparazione fra le riconosciute
circostanze attenuanti generiche e l’aggravante dell’aver commesso il fatto
durante la sottoposizione a misura di prevenzione, in essa assorbita al recidiva non è stato dedotto con i motivi di appello.
Per la residua parte del ricorso la Corte territoriale ha motivato in ordine al
trattamento sanzionatorio (e quindi anche al diniego della prevalenza delle
attenuati generiche) in ragione dei numerosi e gravi precedenti penali e

dell’essere sottoposto a misura di prevenzione al tempo del commesso reato.
Il ricorso proposto nell’interesse di Monacelli Alessio è manifestamente
infondato.
La Corte territoriale ha motivato sull’insufficienza dell’offerta risarcitoria
effettuata alla persona offesa alla luce della natura pluri offensiva del reato di
rapina ed ha motivato in ordine al giudizio di comparazione fra attenuanti
generiche ed aggravanti ed alla determinazione della pena alla luce della
concreta gravità del fatto.
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità o carenza
sindacabile in questa sede.
Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, per
il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento
di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere
considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art.
133 cod. pen. E gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o
prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di
legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei
fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il
supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti
obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto.
(Cass. Sez. 1^ sent. n. 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654).
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del

3

20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n.
117242).
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere
condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deliberato in data 15/01/2014.

equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

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