Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3607 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3607 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 14/01/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di ANNUNZIATA Ignazio, n. a
Grottamínarda il 08.02.1955, rappresentato e assistito dall’avv.
Angelo Nicola Ugo Piunno, avverso la sentenza n. 209/2009
pronunciata da Corte d’Appello di Campobasso in data 13.05.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la re!azione dePa causa fatta da! consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Paolo
Canevellí che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 13.05.2013, la Corte d’Appello di Campobasso, in
parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice monocratico

1

presso il Tribunale di Campobasso in data 18.12.2008, confermando il
giudizio di penale responsabilità di ANNUNZIATA Ignazio in relazione al
contestato reato di app.ropriazone ndebita, rldeterminava la pena
inflitta nei confronti del medesimo nella misura di mesi due di
reclusione ed euro 400,00 di multa.
2.

Avverso tale sentenza veniva proposto il presente ricorso per
cassazione per chiedere l’annullamento della stessa per il seguente ed

unico motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 521 cod. proc.
pen. in relazione all’art. 130 cod. proc. pen. per violazione del diritto di
difesa.
Evidenzia il ricorrente come l’originaria contestazione di reato a carico
dell’ANNUNZIATA afferisse, con riferimento al tempus delicti commissi,
al periodo compreso “dall’aprile 2005 al 5 febbraio 2007”. La Corte
d’Appello di Campobasso, in calce alla sentenza impugnata, aveva
disposto, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., la correzione del
ritenuto errore materiale contenuto nel capo d’imputazione, precisando
che l’indicazione “dall’aprile 2005 al 5 febbraio 2007” doveva leggersi
ed intendersi come “il 9 dly-ornbrn 9 006”.
Detta modifica – assunta in violazione di legge, a parere del ricorrente
– aveva gravemente leso i diritti di difesa avendo determinato una
modificazione essenziale dell’atto con conseguente ricaduta sul tempo
di prescrizione del reato e sui termini per proporre la querela. Si
sarebbe verificata inoltre mancata correlazione tra imputazione e
sentenza con violazione altresì dei principi affermati dalla Corte EDU in
tema di diritto ad un equo processo con la nota sentenza Drassich c.
Italia dell’01/12/2007.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è infondato e, come tale, va rigettato.

4.

L’invocato intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema
di diritto ad un equo processo a partire dal citato caso Drassich contro
Italia (ric. n. 7 557/01; enter.z

1 1/ 1 2P007) impone qualche breve

considerazione di carattere introduttivo. Invero, in quella occasione, la
Corte europea ha ritenuto che il combinato disposto dell’art. 6 CEDU,
commi 1 e 3, lett. a) e b), relativo al diritto ad un equo processo,
configura il diritto dell’imputato ad essere informato della natura e dei

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motivi dell’accusa formulata a suo carico, ivi compresa la qualificazione
giuridica del fatto reato, e del diritto di disporre del tempo e delle
facilitazioni necessarie a preparare la difesa.
Più in generale, è stato affermato che il citato principio impone l’onere
di una informazione precisa e completa in ordine all’accusa gravante
sull’imputato, nel rispetto del principio del contraddittorio, in modo tale
da offrire alle parti la possibilità di conoscere e di dibattere ogni

questione essenziale per lo svolgimento del processo, specie se si
tratta di questioni relative a motivi sollevati d’ufficio.
Il principio sovranazionale è stato, peraltro, inserito anche nel tessuto
dell’ordinamento interno mediante la trasposizione, pressoché
letterale, della medesima formula nel corpo dell’art. 111, comma 3,
Cost. (come modificato con legge costituzionale 23 novembre 1999, n.
2). La norma sancisce il diritto della persona accusata di un reato a
essere «informata […] della natura e dei motivi della accusa» e non
v’è dubbio che l’enunciazione della qualificazione giuridica dei fatti
addebitati concorra a definirne la “natura” dell’addebito e le relative
conseguenze sanzionatorie (cfr., Cass., Sez. 1, n. 18590 del
29/04/2011, rv. 250275).
Il diritto tutelato dalla Costituzione e dalla CEDU deve essere correlato
al potere del giudice, previsto dall’art. 521, comma 1 cod. proc. pen.,
di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella contenuta
nel capo di imputazione: ciò impone un’interpretazione
costituzionalmente orientata dell’art. 521 cod. proc. pen., tale da
escludere che l’esercizio del potere-dovere previsto da tale disposizione
possa determinare concreto ed irreparabile pregiudizio alle facoltà di
difesa dell’imputato, di cui il diritto al contraddittorio costituisce un
baluardo di anticipata tutela.
In realtà, il fatto giudicato dalla Corte di Strasburgo riguardava un caso
di riqualificazione giuridica dei fatti oggetto di imputazione avvenuta
per la prima volta solo in sede di procedimento in Cassazione: la
riqualificazione aveva condotto all’individuazione di un reato diverso da
quello per il quale era stato perseguito in primo e secondo grado, con
la conseguente impossibilità di difendersi nei confronti della nuova
accusa emersa solo nell’ultimo grado del giudizio. La Corte europea, in
particolare, aveva rimarcato che:
a) non risultava che il pubblico ministero o la Corte di cassazione

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avesse sottolineato l’opportunità della riqualificazione dei fatti in una
fase anteriore del procedimento;
b)

il ricorrente non era stato avvertito della possibilità di tale

riqualificazione;
c)

all’imputato non era stata data l’occasione di dibattere in

contraddittorio la nuova accusa;
d) alla luce della normativa nazionale, una successiva riqualificazione

dell’accusa non era sufficientemente prevedibile per l’imputato.
Solo costatando queste condizioni, il Giudice sovranazionale era giunto
ad affermare che l’accusato non aveva avuto la possibilità di esercitare
il proprio diritto alla difesa in modo concreto ed effettivo. Ed infatti la
Corte europea, ben lungi dall’aver affermato il divieto di riqualificazione
giuridica delta tattispecie, si è limitata ad osservare che l’esercizio di
tale prerogativa nell’esercizio della giurisdizione può rivelarsi in
contrasto con i principi fondamentali della CEDU laddove, in concreto,
l’imputato non sia informato, in tempo utile, non solo dei fatti materiali
addebitatigli, ma anche della qualificazione giuridica data ad essi.
5. Fermo quanto precede, appare agevole riconoscere come il riferimento
al precedente della CEDU appaia del tutto inconferente.
Invero, allorquando il giudice precisi la data di commissione del reato,
individuandola – come data di realizzazione della condotta incriminata
– in un giorno preciso all’interno della precedente indicazione
temporale relativa ad un periodo comprendente più giorni, non può
costituire immutazione del fatto né determinare lesione del diritto di
difesa: al contrario, proprio tale individuazione, pur in presenza di una
formale modifica dell’imputazione, finisce per “ridurre” l’ambito di
contestazione senza determinare alcuna nuova, ulteriore e diversa
accusa, tanto piu in presenza di una situazione nella quale v’è stato
ampio contraddittorio tra le parti.
La Suprema Corte (Cass., Sez. 5, n. 10196 del 31/01/2013-dep.
04/03/2013, Mannino, rv. 254658), con riferimento alla modifica della
data di commissione del reato avvenuta in udienza, ha riconosciuto che
detta modifica non sempre comporta una alterazione avente incidenza
sulla identità sostanziale e sulla identificazione dell’addebito, atteso
che, a seconda dei casi, l’esatta collocazione temporale di un fatto
delittuoso può assumere o meno rilevanza decisiva, condizionando le
possibilità di difesa dell’imputato. Pertanto, detta rilevanza deve essere

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accertata alla luce delle finalità della norme di cui agli artt. 516-522
cod. proc. pen., preordinate ad assicurare il contraddittorio ed il pieno
esercizio del diritto di difesa; con la conseguenza che la modifica,
avvenuta in udienza, della data del reato (nella specie commesso il
giorno precedente a quello indicato in imputazione) non comportando
alcuna significativa modifica della contestazione, immutata nei suoi
tratti essenziali, non è idonea in nessun modo a pregiudicare le facoltà

A parere del Collegio il principio appena enunciato deve trovare piana
applicazione anche nell’ipotesi in cui detta modificazione non
sostanziale dell’imputazione avvenga in sentenza attesa la finalità
specificativa della precisazione e non potendo l’imputato dolersi di
alcunché in presenza di una contestazione in tutti i suoi elementi
fattuali, rimasta inalterata.
6. Alla pronuncia di rigetto del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato in Roma il 14.1.2014

difensive.

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