Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36054 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36054 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EDDAHBI SAID N. IL 28/04/1977
avverso la sentenza n. 3675/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
18/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
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Udito il Procuratore G -19ra1e in persona del Dott.
che ha concluso per e

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Data Udienza: 09/07/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di Eddahbi Said avverso la sentenza emessa in
data 18.11.2014 dalla Corte di appello di Torino che confermava quella in data
8.4.2014 del G.i.p. del Tribunale di Torino con cui il predetto, all’esito del giudizio
abbreviato, era stato condannato alla pena di anni 4 e mesi 5 di reclusione ed C
20.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 comma 4 dPR 309/1990 (detenzione
illecita

di kg.

247,802 di hashish, con la recidiva specifica reiterata

2. Deduce, in sintesi:
2.1. la violazione di legge in relazione all’art. 69 c. 4 c.p. quanto all’incompatibilità tra
gli istituti della recidiva e della continuazione laddove la Corte aveva considerato
erroneamente, ai fini del più grave trattamento sanzionatorio, tre condanne
pregresse, mentre, ad una corretta lettura del certificato del Casellario giudiziale, si
trattava di due sole condanne di cui una ne riuniva due in continuazione;
2.2. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 69 c. 4 c.p.
come interpretata alla luce della sent. N. 192/07 della Corte Costituzionale, quanto
alla mancata esclusione, ai fini sanzionatori, della contestata recidiva, attesa la
risalenza nel tempo dei precedenti penali;
2.3. il vizio motivazionale in ordine al trattamento sanzionatorio e alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche sulla base della considerazione che
era stata “generosamente” esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 80 dPR
309/1990.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato e va respinto.
4. In sostanza, il ricorrente si duole della motivazione sottesa alla determinazione
della pena (che ha, comunque, tenuto conto delle recenti innovazioni legislative
quanto ai limiti edittali per le droghe c.d.”leggere” pur considerando la particolare
quantità dello stupefacente trattato, partendo dalla pena prevista per le droghe
leggere dalla cd. Legge “Giovanardi”),,a1 diniego delle attenuanti generiche e alla
valutazione della pericolosità operata dalla Corte.
Ma la concessione o meno delle attenuanti generiche è frutto di un giudizio di fatto
lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che
“ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice
può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o
all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal
senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163). E nel caso di specie è

2

infraquinquennale, fatto del 16.10.2013).

stato dato atto della notevole gravità del fatto sintomatica dell’allarmante pericolosità
sociale del prevenuto.
Inoltre, in tema

tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle

attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la commisurazione della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass. pen. sez. VI 22.9.2003 n, 36382 rv. 227142) o con formule sintetiche

ma anche afferma che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art.
133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Cass. pen. sez. III, 16.6.2004 n. 26908 rv. 229298):
evenienza, questa, che, nel caso di specie, è da escludere.
Quanto alla doglianza sub 2.1., in particolare, non vi erano i presupposti per
l’esclusione della contestata recidiva specifica reiterata infraquinquennale, a nulla
rilevando l’eventuale unificazione di due condanne in unico precedente, dal momento
che, ai fini della qualificazione della recidiva come specifica reiterata
infraquinquennale sono sufficienti, oltre a quella di cui al presente procedimento, altre
due sole condanne di cui una relativa a reato commesso nei cinque anni dal passaggio
in giudicato di quella precedente.
Inoltre, questa Corte ha ritenuto che non esiste incompatibilità fra gli istituti della
recidiva e della continuazione, sicché, sussistendone le condizioni, vanno applicati
entrambi, praticando sul reato base, se del caso, l’aumento di pena per la recidiva e,
quindi, quello per la continuazione. (Alla stregua di tale principio la Corte ha ritenuto
la legittimità della sentenza che aveva riconosciuto l’esistenza della continuazione fra
un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente
alla formazione di detto giudicato). (Sez. Un, n. 9148 del 17.4.1996 Rv. 205543 e
successive conformi, tra cui, Sez. I, n. 14937 del 13.3.2008, Rv. 240144).
Né la pretesa risalenza nel tempo dei precedenti penali, peraltro contenuta nell’arco
di soli sette anni (2006-2013), valeva, di per sé, ad escludere la contestata recidiva:
invero, la citata sentenza n. 192 del 2007 della Corte Costituzionale implica solo che
non sia obbligatorio l’aumento di pena per la recidiva di cui al 4 0 comma dell’art. 99
c.p. (tale previsione sussistendo solo per quella prevista dal comma 5 0 dell’art. 99
c.p.), ma non già che esso sia precluso, rientrando la sua applicazione nella
insindacabile discrezionalità del giudice di merito.
5. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
3

(tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. pen, sez. VI del 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583),

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9.7.2015

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