Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36051 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36051 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOSATO RUGGERO N. IL 13/11/1964
nei confronti di:
TARASI ANDREA N. IL 02/05/1986
avverso la sentenza n. 26/2011 TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO, del
07/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Dì
che ha concluso per
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Data Udienza: 09/07/2015

4.

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale di Tosato Ruggero,
parte civile costituita, avverso la sentenza emessa in data 7.4.2014 dal Giudice
monocratico del Tribunale di Busto Arsizio/Gallarate, che confermava, a seguito di
appello interposto dalla parte civile, quella del Giudice di pace di Gallarate in data
22.4.2011 con cui Tarasi Andrea era stato assolto (per non aver commesso il fatto) dal
reato di lesioni colpose in danno del predetto Tosato Ruggero con violazione delle norme

I giudici di merito concordemente ritenevano che l’autovettura dell’imputato stesse
percorrendo a velocità moderata una rotatoria con diritto di precedenza mentre la moto
del Tosato vi si immetteva senza dare la dovuta precedenza, venendo così urtato
dall’auto del Tarasi che collideva contro la parte laterale sinistra della moto.
2. Deduce i seguenti motivi:
2.1. la violazione di legge in relazione agli artt. 222 e 223 c.p.p. e conseguente
inutilizzabilità della perizia del perito Rino Saltorelli e di tutti gli atti conseguenti, per
violazione del dovere di astensione del perito essendo questi anche consulente della
Compagnia assicurativa del responsabile civile;
2.2. il vizio motivazionale circa le precise indicazioni difensive e temi segnalati dalla parte
civile contestando tramite contro argomentazioni tecniche le deduzioni e conclusioni
tecniche del perito (necessità della percezione del pericolo almeno 2 secondi prima per
scongiurare l’impatto) in relazione all’evitabilità della collisione;
2.3. la violazione di legge in relazione all’art. 141 n. 2 C.d.S. e l’omessa indagine in
ordine agli elementi di costitutivi della colpa, configurabilità della responsabilità a titolo di
colpa specifica e generica.
Considerato in diritto
3. Il ricorso, benché attinente ai soli effetti civili, è inammissibile.
4. Le censure sub 2.2. e 2.3. sono di puro fatto, laddove tendono a sovrapporre una
diversa valutazione delle risultanze processuali risolvendosi in deduzioni in punto di fatto,

sulla circolazione stradale (commesso il 12.11.2007).

insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la
motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza,
di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Invero, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione
di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali”
(Cass. Pen. Sez. Un. 30.4.1997, Dessinnone).
Peraltro i motivi addotti sono del tutto aspecifici, dal momento che ripropongono, ancora
una volta, le medesime doglianze le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla
Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione compiuta e congrua,
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immune da vizi ed assolutamente plausibile non adeguatamente

considerata dal

ricorrente.
Invero, “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli
stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473
e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Inoltre quanto alle doglianze sub 2.2. in relazione alla dedotta mancata risposta alle
deduzioni della parte civile, si rammenta che (Cass. pen. Sez. IV, 24.10.2005, n. 1149,
Rv. 233187) nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a
compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche
attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo
logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di
aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi
implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e ravvisare, quindi,
la superfluità delle deduzioni suddette.
Quanto alla prima censura, si rileva che la stessa è stata sollevata per la prima volta in
questa sede, come espressamente riconosciuto in ricorso laddove si richiama
recentissima notizia della doppia qualifica rivestita dal perito: sicchè la stessa è
improponibile in questa sede ai sensi dell’art. 606 ultimo comma c.p.p..
5. Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9.7.2015

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