Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36050 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36050 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STORACE GIUSEPPE N. IL 10/03/1985
avverso la sentenza n. 3859/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
22/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
01/1Z-e
Udito il Procuratore Generale in persona
del D
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Ìd’a(A/G6

Data Udienza: 09/07/2015

55003/2014

1.Storace
Giuseppe
venne
tratto
in
arresto
per
violazione dell’art. 189 commi 6 e 7 c.d.s. e immediatamente condotto
dinnanzi al Tribunale di Aosta per la convalida e la celebrazione del giudizio
direttissimo. All’udienza di convalida il difensore eccepì l’illegittimità della
stessa per violazione dell’art. 189 comma 8 bis, rilevando come lo Storace,
mezz’ ora dopo i fatti, aveva telefonato alla Polizia riferendo quanto accaduto,
mettendosi a disposizione della medesima che, tuttavia, lo aveva
ugualmente arrestato.
Il Tribunale di Aosta convalidò l’arresto e procedette con il rito
direttissimo ai sensi dell’art. 449,comma 2,c.p.p. Prima della apertura del
dibattimento Storace chiedeva di essere giudicato con rito abbreviato; il
Tribunale disponeva la conversione del rito e l’acquisizione degli atti di
indagine, pronunciando, all’esito, sentenza di condanna ad un anno e otto mesi
di reclusione.
La Corte di appello confermava la sentenza salvo che per la disposta
confisca che eliminava, non ravvisando un nesso di strumentalità tra il reato e
il veicolo.
2. Ha presentato ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.
Deduce
violazione di legge e difetto di motivazione per la mancata dichiarazione di
nullitàdel giudizio di primo grado. Rappresenta che a seguito di impugnazione
ritualmente proposta dalla difesa avverso l’ordinanza
di convalida dell’arresto, questa Corte, con sentenza n.14556 del 15.4.2014,
ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato; è dunque venuto meno
il solo presupposto di legittimità sul quale era stato instaurato il giudizio
direttissimo celebrato a carico di Storace. In ragione dell’intervenuta
declaratoria di nullità dell’ordinanza di convalida la difesa sostiene che il
giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità anche del conseguente e
successivo giudizio direttissimo, che, alla luce della sopravvenuta sentenza
della Suprema Corte di Cassazione, sarebbe fondato su un presupposto
dichiarato “nullo”. Con un secondo motivo lamenta il difetto di motivazione per
il mancato riconoscimento dell’attenuante, reale o putativa, dello stato di
necessità. Con il terzo lamenta la mancata esclusione della recidiva e la
mancata concessione delle attenuanti generiche prevalenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non merita accoglimento.
1.1. Il primo motivo è infondato. L’imputato ha liberamente scelto di voler
essere giudicato con rito abbreviato, con tale richiesta implicitamente
rinunciando a far valere la nullità collegata alla instaurazione del giudizio
direttissimo fuori dei casi consentiti dalla legge, nullità che, come esattament

RITENUTO IN FATTO

1.2.11 secondo motivo è inammissibile. Il ricorrente infatti propone a questa
Corte una ricostruzione dei fatti diversa da quella che viene indicata dalla Corte
di appello. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, lo Storace non fu
affatto assediato in macchina da un gruppo di ragazzi minacciosi, essendo
soltanto uno, la guardia carceraria, ad aver tentato ancora di aggredirlo in
presenza peraltro degli addetti alla sorveglianza e pertanto in una situazione
che escludeva lo stato di necessità; la Corte di appello ha inoltre osservato che
anche a voler ritenere che vi sia stata una aggressione nei confronti
dell’attuale ricorrente, tale situazione non può comunque considerarsi “non
volontariamente causata”, dal momento che lo stesso Storace aveva ammesso
che la condotta aggressiva dei “calabresi” era stata originata dal fatto che egli
aveva dato uno schiaffo ad uno di loro. Sostiene invece il ricorrente , per
supportare la tesi della aggressione ingiusta, che la lite era ormai risolta ed egli
si stava tranquillamente allontanando quando è stato aggredito da uno dei
ragazzi che lo feriva al braccio con un coltello e poi dall’intero branco che lo
inseguì fin al suo ingresso in macchina, spaventandolo in modo tale da
determinarlo ad uscire dal parcheggio in modo tale da ferire 9 persone. Si
tratta appunto di una versione dei fatti difforme da quello che è stato
l’accertamento compiuto nel corso del giudizio e come tale non idonea a
sostenere un vizio deducibile davanti a questa Corte.
1.3.Anche il terzo motivo è infondato. La Corte di appello ha espresso un
consapevole e motivato giudizio in ordine alla sussistenza della ritenuta
recidiva indicando nel comportamento dell’imputato e nei suoi precedenti
penali le ragioni per le quali ne ha ritenuto in concreto sussistenti i presupposti
ed ha altrettanto compiutamente indicato le ragioni sottostanti il trattamento
sanzionatorio facendo riferimento allo sconsiderato comportamento del
medesimo che ha comportato anche l’investimento di ben nove persone.
2. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Segue, per legge, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 9 luglio 2015
Il Consigliere estensore

litic

Il Preside te

rilevato dalla Corte di appello, è relativa e dunque soggetta ai termini di cui
all’art. 182, co.2, cod.proc.pen. (sez. 5 4.11.2008 n.43232 Rv. 241943).

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