Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36038 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36038 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
SOW BALLA

n. L’1.01.1986

avverso la sentenza n. 3703/2014 della Corte d’appello di Torino del 18.07.2014
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita all’udienza pubblica del 17 giugno 2015 la relazione fatta dal Consigliere dott.
Claudio D’Isa
Udito il Procuratore Generale nella persona della dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 17/06/2015

RITENUTO IN FATTO
SOW Balla ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in rubrica, che,
in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino, in data 21.11.2009, in
ordine al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, ritenuta l’ipotesi autonoma di cui al
medesimo art. 73, ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen., ha
rideterminato la pena in mesi quattro di reclusione ed € 666,00 di multa.
Si denuncia violazione del divieto di reformatio in pejus, fissato dall’art. 597
comma 3 c.p.p. Si argomenta che il Tribunale aveva condannato l’imputato alla pena
finale di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, oltre alla multa, previo il

attenuanti generiche con prevalenza sulla contestata aggravante di cui all’art. 61 n. 11
cod.pen., movendo dal minimo edittale di legge, allora vigente. La Corte d’appello,
nonostante la riforma legislativa che ha interessato il comma V del richiamato art. 73
d.P.R. 309/90, in riferimento al quale le pene sono state notevolmente diminuite, ha
fissato la pena base superiore al minimo di legge vigente al momento della pronuncia
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO.
Il motivo esposto è infondato e determina il rigetto del ricorso.
Dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che il Tribunale aveva
fissato la pena base in un anno di reclusione ed € 4.500,00 di multa, su cui poi ha
operato la diminuzione per il riconoscimento dell’attenuante di cui al V comma dell’art.
73 d.p.R. 309/90, delle attenuanti generiche, entrambe prevalenti sulla contestata
aggravante, e per il rito,.
Ebbene, la Corte d’appello, dopo aver preso atto dell’intervento delle novelle
legislative di cui alla L. 36/2014 e alla L. 79/2014, che hanno configurato l’attenuante
di cui al richiamato comma V dell’art. 73 come ipotesi autonoma di reato con sensibile
diminuzione delle pene, e, dopo aver eliminato l’aggravante contestata, ha fissato la
pena base in mesi nove di reclusione ed € 1.490.00 di multa, diminuendola a mesi sei
di reclusione ed € 999,00 di multa per le già concesse attenuanti generiche, ed alla
pena finale di mesi 4 di reclusione ed € 666,00 di multa, per il rito.
Dunque, è pur vero che la pena base non corrisponde al minimo edittale
previsto dalle novelle legislative, ma, comunque, è inferiore a quella determinata nella
sentenza di primo grado, di tal che non sussiste la violazione dell’art. 597 comma 3
c.p.p., perché non è aumentata la pena complessivamente irrogata. Nè sussiste la
violazione dell’art. 597 comma 4 c.p.p., perché, in ragione dell’accoglimento della
esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen. , la pena complessivamente
irrogata è per tale effetto diminuita.

riconoscimento dell’attenuante di cui al comma V dell’art. 73 d.p.R. 309/90 e delle

D’altro canto un aggravamento della pena irrogata non può riscontrarsi
neppure sotto il profilo di una individuazione della pena base considerata dal giudice di
primo grado nel minimo, in quanto, pur in presenza della eliminazione della
aggravante e del nuovo assetto normativo della pena, prevista dal V comma dell’art.
73 d.P.R. 309/90 come novellato, il Giudice di appello era libero, nell’ambito dei limiti
tra minimo e massimo previsti, di graduare ex novo la pena, purchè, ovviamente
inferiore a quella comminata in primo grado; ciò, perché la valutazione della
quantificazione della pena varia, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., in
ragione della gravità della fattispecie penale in cui il fatto è stato sussunto. Se per

successivamente, l’inquadramento in una fattispecie meno grave comporta che
l’applicazione del minimo edittale, da questa previsto, può ben essere ritenuto non
commisurato alla gravità del fatto come diversamente considerato.
L’art. 597 comma 4 c.p.p., invero, stabilisce che, in ogni caso, se è accolto
l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati
per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.
Ed è indiscusso, in dottrina come in giurisprudenza, che la norma è destinata a
rendere effettivo nel giudizio d’appello il divieto della reformatio in pejus, che con il
codice abrogato veniva sostanzialmente eluso dalla giurisprudenza allorché lo
considerava riferibile solo alla pena complessivamente inflitta, consentendo di lasciare
privo di conseguenze il riconoscimento di attenuanti, l’esclusione di aggravanti o il
proscioglimento da alcune delle imputazioni contestate come concorrenti.
Il riferimento alla ratio della disposizione esclude, pertanto, che una riduzione
di pena debba necessariamente conseguire sempre all’accoglimento di qualsiasi motivo
d’impugnazione relativo alle circostanze, anche quando non si determinerebbe una
reformatio in pejus della sentenza impugnata.
Per la giurisprudenza di questa Corte, “in forza dell’art. 597, quarto comma,
c.p.p., secondo cui se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati
concorrenti la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita, il giudice
dell’appello che concede ‘ex novo’ altra attenuante deve rivedere il giudizio di
equivalenza di circostanze già espressa dal giudice di primo grado in senso favorevole
all’imputato, unico appellante, e dichiarare prevalenti le attenuanti in quanto arricchite
del nuovo fattore comparativo” (Cass., sez. 4^, 20 febbraio 1997, Zahirovic, m.
207571). E questa giurisprudenza è certamente applicabile anche al caso in cui, come
quello di specie, sia l’esclusione di un’aggravante, anziché il riconoscimento di
un’attenuante, a determinare l’applicazione dell’art. 597 comma 4 c.p.p..
Ma quel che preme qui rilevare è che nel caso che ci riguarda, eliminata
l’aggravante contestata, non si doveva operare alcun giudizio di equivalenza o di
prevalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti, in quanto non presenti.

quello stesso fatto il minimo edittale è stato ritenuto congruo dal primo giudice,

Come già evidenziato, l’eliminazione dell’aggravante da parte della Corte
d’appello e la configurazione del fatto di lieve entità in un’ipotesi autonoma di reato ha
solo comportato l’applicazione di una pena edittale diversa da quella considerata dal
primo giudice.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricors e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ro a all’udienza del 17 giugno 2015.

Così deciso

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