Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36021 del 18/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36021 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANZO ALESSANDRO N. IL 04/09/1987
avverso l’ordinanza n. 141/2014 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
07/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigli re Dott. LUISA BIANCHI;
e/sentite le conclusioni del PG

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/07/2014

16893/2014

1. Il tribunale del riesame di Venezia , per quanto qui rileva, rigettava l’appello
proposto da Manzo Alessandro contro l’ordinanza del gip di Venezia che aveva
rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare dell’obbligo
di dimora nel Comune di Ceggio.
Il tribunale ricordava che nei confronti del predetto Manzo era stata applicata
la misura della custodia in carcere in forza di ordinanza del 15.10.2012 per
concorso nel trasporto e detenzione illecita di circa 970 gr. di cocaina e che per
tale reato era intervenuta in data 28.1.2014 sentenza di applicazione della
pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione e 14000,00 euro di multa; riconosceva
che l’assunto del gip secondo cui le dichiarazioni dei coimputati dimostravano
che il legame con i correi erano ancora saldi e pericolosi era in contraddizione
con l’avvenuto riconoscimento ai predetti dell’attenuante della collaborazione
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, può riconoscersi solo
in caso di collaborazione riferita all’intero arco della condotta illecita e non
solamente a taluni segmenti di essa, sì da fornire un contributo efficace ad
interrompere una volta per tutte la catena delittuosa ; riteneva tuttavia che
l’inciso che a tale elemnto aveva fatto riferimento era un mero corollario
apposto dal G.I.P. ad colorandum al suo argomentare, fondato in principalità
sull’assunto secondo cui “non vi è alcuna novità che impone una
riconsiderazione del pericolo di recidiva, con eliminazione o anche solo
attenuazione del controllo cautelare”; il Tribunale dichiarava di condividere
pienamente tale assunto fermo restando che l’incensuratezza e il ruolo del
Manzo – dal G.I.P. stesso definito in sentenza come “di secondo piano” rispetto
ai correi – erano stati già tenuti ampiamente in considerazione tanto
nell’attenuare a suo tempo la misura cautelare fino a sostituirle l’obbligo di
dimora (misura tutto sommato blanda in raffronto all’entità dei fatti ascritti)
quanto nel riconoscere — in sede di merito — al Manzo le circostanze
attenuanti generiche, con ogni conseguenza in termini di computo della pena
finale applicata ex art. 444 c.p p”. Rispetto ad allora non erano intervenuti
elementi nuovi di sorta che potessero giustificare la chiesta revoca della già
non particolarmente afflittiva , specie se rapportata alla gravità del reato
commesso, misura dell’obbligo di dimora, e nemmeno la sua sostituzione con
una misura ancor meno afflittiva. Ed invero il solo elemento asseritamente
sopravvenuto invocato dalla difesa era rappresentato dal decorso del tempo,
essendo passati dalla data di arresto circa 17 mesi, a fronte di complessivi 32
mesi di pena detentiva applicata ex art. 444 cod.proc.pen; osservava il
Tribunale che né il decorso del tempo ne l’osservanza delle prescrizioni
imposte erano elementi tali da modificare il quadro cautelare.
2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo
inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 274 lettere c) cod.proc.pen.
Sostiene che il tribunale ha errato allorchè, pur avendo riconosciuto l’illogicità
tra l’avvenuto riconoscimento della attenuante della collaborazione, che
presuppone un univoco comportamento collaborativo, non ha di ciò tenuto

RITENUTO IN FATTO

conto e ha ritenuto il permanere delle esigenze cautelari nonostante il Manzo
sia stato sempre rispettoso delle prescrizioni imposte.

1.11 ricorso è infondato.
Dell’incompatibilità logica di affermare il perdurante legame con i correi del
Manzo sulla base di una sorta di reticenza nelle dichiarazioni dei coimputati ha
già dato atto il Tribunale, che, a prescindere da ciò, ha ritenuto ancora
adeguata e necessaria la misura dell’obbligo di dimora con motivazione che
non merita censura. E’ peraltro del tutto evidente che tale considerazione,
relativa alla condotta dei coimputati, non è decisiva per quanto riguarda la
posizione del Manzo.
Risulta dall’esame dell’ordinanza, assai precisa e puntuale nel riferire tutti i
particolari della vicenda, che il tribunale ha ben avuto presenti tutti gli
elementi rilevanti ai fini della valutazione dell’episodio di cui si occupava.
Particolare attenzione il tribunale ha posto, da un lato, alla gravità del fatto
quale desunta dalla attività posta in essere dal Manzo che, unitamente ai
complici, è accusato di aver trasportato 900 gr circa di cocaina, depositandola
presso l’abitazione di uno dei correi e ivi frazionandola per la vendita. E,
dall’altro, alla specifica natura della misura in considerazione non
particolarmente afflittiva e ritenuta tale da esercitare un valido controllo della
pericolosità del prevenuto. La valutazione così formulata è congrua e resiste
alle censure, per la verità piuttosto generiche, svolte con il ricorso atteso che
la misura in atto si palesa come proporzionata al comportamento del ricorrente
ed anche di recente (sez. H 9.10.2013 n.1858 rv. 258191) questa Corte ha
riaffermato il principio secondo cui l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze
cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione
della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi
valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento
della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare.
2. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato rigettato con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso il 18.7.2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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