Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36019 del 18/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36019 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Croce Lino n. il 2.12.1968
avverso l’ordinanza n. 64/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di L’Aquila il 24.2.2014;
sentita nella camera di consiglio del 18.7.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. E. Scardaccione,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv.to F. Ceri del foro di Vasto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 18/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza resa in data 24.2.2014, il tribunale della libertà di L’Aquila ha integralmente confermato il provvedimento in
data 20.1.2014 con il quale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di L’Aquila ha applicato Lino Croce la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione, tra gli altri, alla prospettata commissione del delitto di associazione per delinquere finalizzata
al traffico di sostanze stupefacenti e del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Avverso il provvedimento del tribunale della libertà, a mezzo
del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il Croce, dolendosi della violazione di legge consumata dal giudice del riesame
nell’omettere il rilievo della nullità della comunicazione dell’avviso di
deposito del provvedimento custodiale al difensore, ex art. 293, co. 3,
c.p.p., nonché della nullità derivata del successivo interrogatorio di
garanzia dell’indagato e della misura cautelare applicata.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento
impugnato nel ritenere erroneamente sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione alla commissione dei reati allo stesso ascritti,
essendosi il tribunale del riesame limitato (mediante la redazione di
un provvedimento del tutto generico e astratto) al richiamo di dichiarazioni indizianti emesse da collaboratori di giustizia (tali Cozzolino e
Belsole) prive di comprovata attendibilità, non sufficientemente collimanti tra loro e sfornite di adeguati riscontri oggettivi individualizzanti.
Sotto altro profilo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge e vizio di motivazione, con riguardo
alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari indicate a fondamento del provvedimento restrittivo impugnato, nella specie non congruamente riscontrate dal giudice del riesame.
Da ultimo, il Croce censura l’ordinanza impugnata per violazione di legge, in relazione all’erronea individuazione di un concreto e
attuale pericolo di reiterazione dei reati ascritti all’indagato e
dell’adeguatezza della misura adottata, in assenza di coerenti elementi di riscontro e in considerazione del consistente periodo di tempo
intercorso dalla commissione dei fatti.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è fondato.

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Osserva il collegio come, a fronte della richiesta di riesame
avanzata dall’indagato, diretta a contestare la sussistenza dei presupposti per l’emissione del provvedimento restrittivo subito, il tribunale
di L’Aquila (oltre alla totale omissione di motivazione con riguardo
alle censure d’indole rituale concernenti la denunciata nullità della
comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento custodiale
al difensore, ex art. 293, co. 3, c.p.p., nonché del successivo interrogatorio di garanzia dell’indagato e della misura cautelare applicata) si
sia limitato all’elaborazione di un discorso giustificativo irriducibilmente astratto e generico, del tutto privo di richiami a concreti elementi di fatto idonei a confortare, con immediato e diretto riferimento all’odierno ricorrente, le premesse teoriche indicate in conformità
alle prospettazioni accusatorie contenute nelle provvisorie imputazioni sollevate a carico del Croce.
E invero, dopo aver evidenziato le caratteristiche generali
dell’articolata struttura associativa cui in ipotesi avrebbe assicurato il
proprio contributo il Croce, il giudice del riesame ha richiamato le
fonti di conoscenza utilizzate dall’autorità inquirente al fine di delineare i tratti di detta complessa organizzazione criminale, tali essendo le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, Lorenzo Cozzolino e Italia Belsole, in forza delle quali sarebbe stato possibile ritenere sussistenti, in concorso tra loro, tanto una struttura associativa
orientata alla consumazione di reati concernenti il traffico di stupefacenti, quanto una più ampia consorteria criminale che avrebbe esercitato la propria attività delinquenziale secondo modalità nel loro
complesso riconducibili al modello dell’associazione a delinquere di
stampo mafioso di cui all’art. 416-bis c.p..
Quali fossero in concreto dette dichiarazioni (o il relativo contenuto nucleare più significativo, segnatamente in relazione alla partecipazione del Croce a tali strutture criminali), il tribunale del riesame non dice, né riferisce in alcun modo dei criteri in concreto utilizzati al fine di attestare l’effettiva attendibilità degli stessi dichiaranti con riguardo alla posizione del Croce, avendo omesso di caratterizzare probatoriamente i pretesi riscontri individualizzanti di dette dichiarazioni accusatorie, asseritamente rinvenuti nell’attività di custodia di armi, nella complicità nei più gravi episodi delittuosi (come
tentati omicidi e danneggiamenti con armi da fuoco) e nella parentela
col Cozzolino: tutte circostanze rispetto alle quali il tribunale del riesame ha integralmente omesso di indicare, tanto le fonti probatorie
attraverso le quali ne avrebbe desunto il ricorso, quanto le argomen-

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tazioni critiche idonee ad evidenziarne la concreta qualità rappresentativa, di per sé suscettibile di prospettare la logica connessione di
dette evenienze con la condotta di partecipazione del Croce alle strutture criminali descritte in premessa.
Del pari priva di alcun riferimento alla persona del Croce appare la motivazione dettata dal giudice del riesame con riguardo alla
ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari asseritamente riferite al
“pericolo per la genuina acquisizione delle prove”, nonché al pericolo
di reiterazione dei reati da parte del ricorrente, atteso il carattere irrimediabilmente assertivo e apodittico delle astratte considerazioni
sul punto articolate dal giudice a quo, anche in relazione ai requisiti
della concretezza e dell’attualità di dette pretese esigenze cautelari e
dell’adeguatezza della misura, in nessun caso confermate dal benché
minimo apprezzamento critico riferito a circostanze di fatto concrete
ed effettive sia pure indirettamente concernenti la persona
dell’odierno ricorrente.
3. – Il complesso delle considerazioni che precedono, nel rimarcare il ricorso di essenziali lacune motivazionali dell’ordinanza
impugnata con riguardo ai vizi rituali denunciati dall’indagato, alla
ricostruzione del quadro di gravità indiziaria riferibile all’indagato e
al ricorso di effettive e concrete esigenze cautelari idonee a giustificare l’adozione del provvedimento restrittivo contestato, impone
l’annullamento su tali punti del provvedimento de quo, con rinvio al
tribunale di L’Aquila per un nuovo esame.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, annulla la impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame al Tribunale di L’Aquila.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1-ter disp. att. del c.p.p..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.7.2014.

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