Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36015 del 18/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 36015 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Lushi Xhevahir n. il 29.9.1974
avverso l’ordinanza n. 175/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di Bologna il 13.3.2014;
sentita nella camera di consiglio del 18.7.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. E. Scardaccione,
che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 18/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza in data 13.3.2014, il tribunale della libertà
di Bologna, in funzione di giudice d’appello, ha integralmente confermato l’ordinanza in data 12.2.2014 con la quale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena ha rigettato l’istanza
avanzata da Lushi Xhevahir diretta all’attestazione della perdita di efficacia della misura della custodia cautelare in carcere disposta nei
confronti del ricorrente (per omessa esecuzione della stessa e per
l’omessa notifica dell’avviso di deposito al difensore d’ufficio), nonché, nel merito, alla revoca di detta misura, originariamente adottata
in relazione all’asserita commissione, da parte del Lushi, del reato
d’importazione dall’estero di cocaina.
Avverso il provvedimento del tribunale della libertà, a mezzo
del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’indagato,
sulla base di due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per vizio di motivazione, avendo il tribunale della libertà
omesso di giustificare adeguatamente le ragioni della ritenuta persistente efficacia del provvedimento cautelare emesso nei confronti del
Lushi nonostante lo stesso non fosse mai stato eseguito nei confronti
del prevenuto, né fosse mai stato notificato, al difensore d’ufficio
dell’indagato, l’avviso di deposito di detto provvedimento cautelare.
Al riguardo, del tutto contraddittoria doveva ritenersi la giustificazione sul punto addotta dal tribunale bolognese, avendo
quest’ultimo affermato come l’ordinanza non fosse stata eseguita in
ragione dell’irreperibilità del Lushi, laddove in tutti gli atti del procedimento risultava in modo pacifico che lo stesso fosse detenuto presso il carcere albanese di Lezhe.
Né alcuna idonea giustificazione era stata dettata, dal tribunale della libertà, in ordine alla ritenuta persistente efficacia del provvedimento cautelare nonostante la mancata notificazione, al difensore d’ufficio, del provvedimento impositivo della custodia cautelare in
carcere a carico dell’indagato.
2.1. –

Con il secondo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge, avendo il tribunale della libertà omesso di rilevare l’adozione del provvedimento restrittivo con2.2. –

2

testato, da parte del giudice per le indagini preliminari, in assenza di
gravi indizi di reità a carico dell’indagato, con particolare riguardo
all’esatta identificazione (nella specie del tutto mancata) dell’odierno
ricorrente quale protagonista delle conversazioni intercettate e indicate a fondamento della prevedibile responsabilità dello stesso in relazione al reato in concreto ascrittogli.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole dell’erroneità del
provvedimento impugnato, nella parte in cui esclude l’intervenuto affievolimento delle esigenze cautelari giustificative della cautela imposta, a fronte del lungo periodo di tempo intercorso dalla commissione
dei fatti oggetto di contestazione.
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Devono essere preliminarmente disattese le questioni sollevate
dal ricorrente con riguardo alla pretesa estinzione del provvedimento
cautelare oggetto d’esame, in ragione dell’omessa esecuzione dello
stesso o per la mancata notificazione, al difensore d’ufficio,
dell’avviso di deposito del titolo genetico della cautela, dovendo necessariamente ricollegarsi, l’estinzione dell’efficacia della misura della custodia cautelare in carcere, ai soli eventi specificamente indicati
dal legislatore (omissione del tempestivo interrogatorio di garanzia;
decorrenza dei termini massimi; etc.); evenienze tra le quali non risulta prevista l’omessa esecuzione del provvedimento cautelare (o la
mancata notificazione, al difensore d’ufficio, dell’avviso di deposito
del titolo), cui è pertanto da ricollegare la sola conseguenza della
mancata decorrenza del termine per la proposizione della richiesta di
riesame.
Nel merito dell’imputazione ascritta all’indagato, osserva il
collegio come l’ordinanza impugnata abbia individuato i gravi indizi
di reità a carico del Lushi, in relazione all’ipotesi criminosa allo stesso
contestata, sulla base di una motivazione dotata di logica coerenza e
linearità argomentativa, avendo il giudice a quo riscontrato le indicate prospettazioni accusatorie in forza della combinata considerazione,
in chiave critica, di elementi di fatto sufficientemente dotati di effettiva gravità, precisione e concordanza reciproca.
In particolare, il tribunale della libertà ha evidenziato come
l’identificazione del Lushi come il soggetto inequivocabilmente coin-

3

volto nell’ambito del traffico di stupefacenti oggetto d’esame fosse
stato confermato dalla congiunta considerazione di un complesso di
elementi indiziari, nella specie rinvenuti nelle circostanze: i) della restrizione dell’indagato presso il carcere di Lezhe, nel quale lo stesso
aveva in uso le utenze cellulari intercettate; 2) delle modalità con le
quali gli interlocutori appellavano l’indagato, attraverso l’uso di nominativi già riscontrati come usati dal Lushi; 3) dall’identificazione,
di buona parte delle persone con le quali la persona ristretta a Luzhe
manteneva contatti dal carcere, con le stesse persone in compagna
delle quali il Lushi si trovava in occasione dei controlli di polizia subiti in Italia e che risultano coinvolti nella medesima vicenda oggetto
d’esame.
È peraltro appena il caso di evidenziare, sul punto, come il tribunale della libertà si sia allineato al consolidato insegnamento della
rispondenza di legittimità, secondo cui, in tema di riscontri indiziari,
il carattere equivoco di un dato d’indole presuntiva accertato nella
sua effettiva esistenza, finisce inevitabilmente per scolorire la propria
oggettiva ambiguità, laddove posto in correlazione con il complesso
degli altri elementi probatori e/o indiziari considerati nella loro totalità.
Vale, al riguardo, richiamare l’insegnamento delle sezioni unite di questa corte, ai sensi del quale l’apprezzamento unitario degli
indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativa
che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa di ciascun indizio (sia pure di portata possibilistica e non univoca) deve allora passarsi al momento
metodologico successivo dell’esame globale e unitario, attraverso il
quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio
può risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si
somma e s’integra con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel
pregnante e univoco significato dimostrativo che consente di ritenere
conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce
uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica),
quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e
sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice
(cfr. Cass., Sez. Un., n. 6682/1992, Rv. 191230).

4

Proprio in tale ultima prospettiva, il tribunale della libertà ha
avuto cura di valorizzare, sulla scorta di una motivazione ricostruita
in termini di adeguata coerenza argomentativa, il contenuto e il significato rappresentativo di tutti gli elementi indiziari di cui ha dato conto nel corpo del provvedimento impugnato, nella parte in cui si evidenzia con immediatezza il consolidato inserimento del Lushi nel
quadro delle attività concernenti l’importazione dall’estero dello stupefacente allo stesso contestata; inserimento che il giudice a quo ha
coerentemente ricostruito sulla base di linee argomentative adeguatamente corroborate in chiave probatoria, complete ed esaurienti, del
tutto immuni da vizi d’indole logica o giuridica.
Sotto altro profilo, giova sottolineare come gli elementi istruttori in questa sede utilizzati dal giudice a quo chiedano d’essere valutati nella fluida prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato della fattispecie criminosa allo stesso ascritta,
la cui funzione (lungi dall’attestare in termini di piena certezza probatoria il ricorso della responsabilità penale dell’indagato) non può
che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza
dell’ipotesi criminosa prospettata in sede d’accusa.
Entro i confini segnati da tali premesse dev’essere, pertanto,
considerato il tema della prova della consumazione del reato oggetto
dell’odierno esame, dovendo ritenersi pienamente condivisibile, in
termini di coerenza logica e di linearità argomentativa, il ragionamento seguito dal tribunale della libertà in ordine alla rilevante probabilità dell’effettiva consumazione della fattispecie criminosa prospettata con riferimento al Lushi.
Del pari priva dei vizi alla stessa attribuiti dal ricorrente deve
ritenersi la motivazione dell’ordinanza impugnata, in relazione al riscontrato ricorso di effettive esigenze cautelari a sostegno della misura restrittiva contestata, avendo il tribunale bolognese coerentemente
rilevato — nell’obiettiva gravità dei fatti (così come dettagliatamente
descritti dal giudice a quo), nella singolare pervicacia criminale dimostrata dal ricorrente (ostinato nella persistenza delittuosa pur
dall’interno del carcere dove risultava ristretto nel corso delle conversazioni indizianti), nell’esistenza di una solida e organizzata rete di
collegamenti criminali (anche internazionale) dallo stesso stabilita significativi elementi di conferma della relativa pericolosità; elementi
suscettibili di predicarne il verosimile inserimento professionale

5

nell’ambiente del traffico degli stupefacenti, a fronte del quale il tempo trascorso dai fatti accertati non è risultato espressivo di alcuna
forma di possibile rescissione dei contatti criminosi stabiliti, né di alcuna resipiscenza del ricorrente, già condannato alla grave pena di
diciotto anni di reclusione per il delitto di traffico di esseri umani; pericolosità e spregiudicatezza, ritenuta nella specie ovviabile unicamente attraverso l’adozione della sola misura cautelare di più grave
entità, secondo la valutazione sul punto espressa, in termini di coerente consequenzialità, nel provvedimento impugnato, che ha sul
punto coerentemente valorizzato l’elemento costituito dalla già consumata fuga dell’imputato in Germania al fine di sottrarsi
all’esecuzione della pena comminatagli dall’autorità giudiziaria albanese.
4. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.7.2014.

6

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA