Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36006 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36006 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOCCIO FRANCO N. IL 15/06/1970
avverso l’ordinanza n. 92/2014 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
28/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
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Uditi difenso vv.;

Data Udienza: 16/07/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il GIP presso il Tribunale di Pesaro applicava la misura della custodia cautelare in
carcere nei confronti di Soccio Franco per violazione della legge sugli stupefacenti.
Proponeva riesame l’indagato ed il Tribunale della libertà di Ancona rigettava il gravame.
Con istanza del 26 febbraio 2014 il difensore dell’indagato chiedeva la revoca o la
sostituzione della misura, invocando in subordine l’applicazione dell’art. 89, secondo

Il GIP rigettava l’istanza ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e persistenti
le esigenze cautelari.

2. Il difensore del Soccio proponeva appello reiterando le richieste disattese dal GIP, ed
il Tribunale di Ancona – Sezione riesame ed appelli – riteneva sussistenti a carico
dell’indagato gravi indizi di colpevolezza, osservando che la detenzione di 86 grammi
lordi di cocaina, sufficienti per il confezionamento di 159,9 dosi singole, non poteva
essere ritenuta come finalizzata a soddisfare un uso esclusivamente personale; in
parziale accoglimento delle richieste subordinate, il Tribunale sostituiva la misura della
custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, rigettando la richiesta di
applicazione dell’art. 89 del d.P.R. n. 309/90 sul rilievo che lo stato di tossicodipendenza
del Soccio non risultava accertato da un servizio pubblico né da una struttura accreditata
per l’attività di diagnosi.

3.Ha proposto ricorso per cassazione il Soccio, articolando motivi che possono così
riassumersi: avrebbe errato il Tribunale a valorizzare esclusivamente il dato ponderale
della sostanza stupefacente detenuta, al fine di disattendere la tesi difensiva della
destinazione della droga ad esclusivo uso personale prospettata sotto il profilo di una
scorta di sostanza procuratasi dal Soccio per far fronte alle pressanti esigenze in
relazione al suo grave stato di tossicodipendenza; il Tribunale avrebbe ignorato una
relazione redatta dal consulente di parte prof. Raffaele Giorgetti in ordine all’elevato
grado di tossicodipendenza in cui si sarebbe trovato il Soccio, e non avrebbe tenuto
conto che quest’ultimo svolgeva un’attività lavorativa di artigiano-muratore ben
remunerata (con conseguente possibilità economica di approvvigionamento della droga)
ed aveva affrontato un viaggio di circa 1.000 km (andata e ritorno) proprio per garantirsi
una scorta di droga, posto che un esiguo quantitativo di stupefacente avrebbe potuto
reperirlo agevolmente nelle vicinanze del luogo di residenza; per le medesime ragioni il
Tribunale sarebbe incorso in vizio di motivazione rigettando le richieste subordinate di
qualificazione del fatto come ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 del
d.P.R. n. 309/90 e di applicazione dell’art. 89 dello stesso d.P.R.: a tale ultimo riguardo,
il ricorrente ha sottolineato che il SERT di San Nicandro Garganico, proprio in base alla

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comma, del d.P.R. n. 309/90 essendo il Soccio soggetto tossicodipendente.

relazione del prof. Giorgetti – corredata dall’esito di specifiche analisi – aveva
predisposto un articolato e personalizzato piano di recupero per il Soccio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è meritevole di accoglimento nei limiti di seguito indicati.

2. E’ priva di fondamento la censura relativa al diniego dell’applicabilità dell’art. 89 del

dello stato di tossicodipendenza rilasciata da servizio pubblico o da una struttura
accreditata per l’attività di diagnosi: condizione questa indispensabile, non potendo
ritenersi sufficiente una certificazione privata sia pure accompagnata dalla disponibilità
del SERT; al riguardo giova ricordare il principio enunciato da questa Corte secondo cui
«in tema di provvedimenti restrittivi nei confronti di tossicodipendenti, l’art. 89,
secondo comma, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 impone a colui che, essendo
sottoposto a custodia cautelare, intenda sottoporsi ad un programma di recupero, di
allegare all’istanza la “certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le
tossicodipendenze, attestante lo stato di tossicodipendenza, nonché la dichiarazione di
disponibilità all’accoglimento rilasciata dalla struttura”. (Fattispecie nella quale ai fini
della revoca della custodia cautelare, è stata ritenuta inidonea ad attestare lo stato di
tossicodipendenza la nota rilasciata dall’apposito servizio di una U.S.L., che si era
limitato a registrare le dichiarazioni dell’interessato, senza compiere alcuna verifica e, in
particolare, senza svolgere gli accertamenti clinici e di laboratorio specificamente
demandatigli dall’art. 113, primo comma, lett. b) del testo unico sugli stupefacenti)»
[in termini, Sez. 6, n. 2798 del 04/07/1995 Cc. (dep. 07/09/1995) Rv. 202640].

3. Parimenti infondato è il secondo motivo.
La sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale ha espunto dall’ordinamento (oltre
all’art. 4-vicies ter) l’art. 4-bis della legge cd. “Fini – Giovanardi”, con la conseguente
caducazione, tra gli altri, del comma 1-bis dell’art. 73 (e del riferimento all’uso personale
ivi contenuto): comma cui peraltro rinviava l’art. 75, che invece non è stato (almeno
direttamente) colpito dalla declaratoria di incostituzionalità, essendo stato modificato
dall’art. 4-ter della “Fini – Giovanardi”.
In tale situazione si era ritenuto nella giurisprudenza di merito che la declaratoria di
incostituzionalità del comma 1 bis dell’art. 73 avesse comportato la caducazione “a
cascata” anche dell’art. 75, con conseguente espansione della rilevanza penale ex art.
73 anche in relazione alle condotte finalizzate all’uso personale: conclusioni peraltro
espressamente respinte in un recente, e condivisibile, arresto della Corte di cassazione,
secondo cui “non sembra tuttavia potersi ipotizzare che con il ripristinato regime

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d.P.R. n. 309/90, posto che la relativa istanza non è stata supportata da certificazione

penalistico anteriore alla riforma del 2006 si sia prodotto il paradossale effetto di una
attuale sopravvenuta punibilità anche dell’uso personale (consumo non terapeutico) di
sostanze stupefacenti, pur già pacificamente esclusa – del resto – dalla giurisprudenza
nella vigenza del sistema oggi fatto rivivere dalla Corte Costituzionale (Sez. 6, n. 19263
del 09/04/2014 Cc. – dep. 09/05/2014 – Iaglietti, Rv. 258912). A tale criticità ha inteso
poi porre rimedio la legge di conversione del decreto-legge n. 36/2014 (legge 16 maggio
2014, n. 79 in Gazz. Uff. n. 115 del 20 maggio 2014, Serie Generale), inserendo, al

Ciò premesso, Il Tribunale ha dato atto – così come peraltro è dato desumere dallo steso
capo di imputazione – che la sostanza detenuta dal Soccio era da considerarsi destinata
ad uso “non esclusivamente personale”: ed ha dato conto di tale convincimento
richiamando il dato ponderale, pari a 86 grammi lordi di cocaina da cui era possibile
ricavare ben 159,9 dosi medie.
Vero è che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il solo dato ponderale
della sostanza stupefacente rinvenuto – e, dunque, l’eventuale superamento dei limiti
tabellari indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a) – non
determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale,
potendo essere considerato solo come un indizio a carico dell’indagato (così, da ultimo,
Sez. 6, n. 6575 del 10/01/2013, Mansi, Rv. 254575), e che è sempre l’accusa a dover
dimostrare la detenzione della droga per un uso diverso da quello personale e non anche
la difesa a dover provare il contrario (in questo senso, tra le molte, Sez. 6, n. 19047 del
10/01/2013, Grillo, Rv. 255165). Tuttavia, nella fattispecie, i giudici di merito hanno
fatto corretta applicazione della regula iuris posto che, pur con motivazione sintetica
(che tuttavia si integra con quella del GIP in cui era stato fatto esplicito riferimento al
grave ed univoco quadro probatorio delineato nel provvedimento applicativo della
misura cautelare), hanno attribuito, in particolare, valenza al dato ponderale in quanto
oggettivamente non trascurabile ed anzi di significativa rilevanza: circostanza ritenuta
pertanto tale da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione. Si è in
presenza di argomentazione priva di connotazioni di manifesta illogicità, trattandosi di
valutazione formulata nella fase delle indagini, queste ultime suscettibile quindi di
eventuale ulteriore evoluzione investigativa, tenuto conto altresì che il Soccio si era
avvalso della facoltà di non rispondere in sede di convalida (pag. 1 dell’impugnata
ordinanza).
Né può trascurarsi che il Tribunale ha comunque mostrato equilibrio di giudizio, e
cautela, nel sostituire alla misura della custodia in carcere quella meno afflittiva degli
arresti domiciliari.

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comma 1 del detto decreto legge, il comma 24 quater.

4.

E’

invece fondata la terza doglianza, concernente la qualificazione del fatto

eventualmente come ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 del d.P.R. n.
309/90.
Secondo un consolidato indirizzo della Suprema Corte, “ai fini della concedibilità della
circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice, quando il quantitativo della
droga sia rilevante ma non imponente, deve procedere ad una valutazione globale ed
onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309

e quantità delle sostanze” (Sez. VI, 17 gennaio 2013, n. 9723, Serafino); di tal che, la
circostanza “è esclusa nel caso in cui il dato ponderale e qualitativo della sostanza superi
una soglia ragionevole di valore economico, non rilevando in senso contrario eventuali
circostanze favorevoli all’imputato” (Sez. IV, 27 maggio 2010, n. 31663, Ahmetaj).
Tenendo conto di tali princìpi, e valutando le circostanze dell’azione nonché le deduzioni
della difesa del Soccio, il Tribunale dovrà procedere a nuovo esame della vicenda, sotto
il profilo della eventuale configurabilità dell’ipotesi lieve, prevista (quale reato autonomo
e non più come circostanza attenuante) dal novellato quinto comma dell’art. 73 del
d.P.R. n. 309/90: a maggior ragione, ovviamente, se il Tribunale stesso dovesse
pervenire al convincimento della destinazione ad uso di spaccio non dell’intero
quantitativo di stupefacente sequestrato al Soccio, considerando almeno parte della
droga destinata all’uso personale dell’indagato.

5. Conclusivamente, l’impugnato provvedimento deve essere annullato con rinvio al
Tribunale di Ancona, per nuovo esame nei termini dianzi precisati.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata, in ordine alla questione concernente la configurabilità del
comma 5 0 dell’art. 73 d.P.R. 309/90 e rinvia al Tribunale di Ancona per nuovo esame sul
punto. Rigetta nel resto.
Roma, 16 luglio 2014

Il Presidente

del 1990, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione illecita, nonché la qualità

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