Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35997 del 23/07/2015

Penale Sent. Sez. 6 Num. 35997 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso l’ordinanza n. 362/2015 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
10/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 23/07/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 10 aprile 2015 il Tribunale del riesame di
Venezia ha rigettato la richiesta avanzata ex art. 309 c.p.p. da AA
confermando l’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti
domiciliari emessa in data 24 marzo 2015 dal G.i.p. presso il Tribunale di Treviso
per il reato di illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti di cui agli

2. Il difensore di fiducia ha proposto ricorso per cassazione avverso la su
indicata pronuncia, deducendo violazioni di legge e vizi motivazionali con
riferimento al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma
5, del su citato d.P.R., in ragione dello scarso rilievo ponderale dei quantitativi di
droga sequestrati nella sua abitazione (destinati ad uso esclusivamente
personale), della modesta qualità di quelli oggetto di cessione (che peraltro
hanno riguardato esclusivamente sostanza del tipo cocaina) e dello stato di
tossicodipendenza del ricorrente.

3.

Con lettera inviata a mezzo raccomandata, pervenuta presso la

Cancelleria di questa Suprema Corte in data 2 luglio 2015, il difensore di fiducia
del predetto indagato ha dichiarato di rinunciare al ricorso formulato ex art. 311
c.p.p. nell’interesse del suo assistito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, deve rilevarsi come l’atto di rinuncia non sia stato
validamente formulato ai sensi dell’art. 589, comma 2, c.p.p., in quanto non
personalmente effettuato dall’interessato, ma sottoscritto dal solo difensore privo
di procura speciale.
Trattandosi di un atto processuale a carattere formale, che consiste in una
dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia, di sicura provenienza da parte
del soggetto legittimato, la predetta rinuncia al ricorso, così come formulata,
deve ritenersi pertanto priva di effetti.

2. Nel merito, il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza delle
doglianze ivi prospettate, avendo l’impugnata ordinanza puntualmente replicato
alle obiezioni difensive, facendo buon governo del quadro dei principii che
regolano la materia in esame, laddove ha posto in rilievo il compimento da parte
dell’indagato di una abituale attività di spaccio di sostanze stupefacenti di
1

artt. 81 cpv. c.p. e 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/90.

differente tipologia (cocaina, marijuana, ecstasy), idonee come tali a soddisfare
nel tempo le più svariate esigenze dei relativi assuntori.
Al riguardo, infatti, deve ribadirsi quanto già affermato da questa Suprema
Corte (Sez. 3, n. 47671 del 09/10/2014, dep. 19/11/2014, Rv. 261161),
secondo cui, in tema di stupefacenti, l’ipotesi del fatto di lieve entità di cui all’art.
73, comma quinto, del d.P.R. n. 309 del 1990 non è configurabile nel caso di
detenzione di sostanze di differente tipologia, a prescindere dal dato
quantitativo, trattandosi di condotta indicativa della capacità dell’agente di

stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della
salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice.

3. In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento delle
emergenze procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze
motivazionali chiare e prive di vizi logici, il ricorrente non ha individuato passaggi
o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso
argomentativo delineato dal Tribunale, ma ha sostanzialmente contrapposto una
lettura alternativa delle risultanze investigative, facendo leva sul diverso
apprezzamento di profili di merito già puntualmente vagliati in sede di riesame
cautelare, e la cui rivisitazione, evidentemente, non è sottoponibile al giudizio di
questa Suprema Corte.
Al riguardo v’è da osservare, peraltro, che l’ordinamento non conferisce a
questa Suprema Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende oggetto d’indagine, nè la investe di alcun potere di riconsiderazione
delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti
rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta
l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale chiamato a pronunciarsi sulle
connesse questioni de libertate. Il controllo di legittimità, pertanto, è circoscritto
esclusivamente alla verifica dell’atto impugnato, al fine di stabilire se il testo di
esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere
negativo, la cui contestuale presenza, come avvenuto nel caso in esame, rende
l’atto per ciò stesso insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo di illogicità
evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo
del provvedimento (da ultimo, v. Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, dep.
19/11/2014, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010,
Rv. 248698).

2

procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616

c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al
versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro cinquecento
(500,00).

P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, lì, 23 luglio 2015

Il Consigliere estensore

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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