Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35996 del 14/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35996 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MESITI GIUSEPPE N. IL 24/03/1988
avverso l’ordinanza n. 157/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
19/02/2014
sentila la relazione fatta dal
ft/sentite le conclusioni del PG Do .

LUISA

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Uditi difensor Avv.;’
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Data Udienza: 14/07/2014

18980/2014

1. Il Tribunale di Milano ha confermato l’ordinanza emessa dal gip in data 14
dicembre 2013 con cui è stata applicata a Mesiti Giuseppe la custodia cautelare
in carcere in relazione ai reati di cui all’art. 372 codice penale per avere
concorso nell’indurre Colella Gianluigi e altre due persone (Nannavecchia e
Corso) a rendere falsa testimonianza nel procedimento penale a carico di
Silvano Scalmana, imputato di bancarotta fraudolenta, emissione di fatture per
operazioni inesistenti e riciclaggio, e art. 377 aggravato ex art.7 del decretolegge n. 152/91 per avere ostacolato la giustizia avendo, in concorso con
Catanzariti Agostino, Catanzariti Saverio, Scarcella Flavio, appartenenti alla
cosca mafiosa Barbaro-Papalia di Buccinasco, usato minaccia per intimidire il
predetto Gianluigi Colella e gli altri due chiamati a testimoniare davanti al
tribunale di Milano, affinché non dicessero il vero ripetendo il contenuto delle
dichiarazioni che già avevano rilasciato al curatore fallimentare della s.r.l.
Acquario nei confronti di Silvano Scalmana. In sostanza, secondo la
ricostruzione dei fatti a cui accede il tribunale di Milano, l’intimidazione era
avvenuta nel corso di una animata conversazione durata quasi mezz’ora
avvenuta il 16.12.2012 tra Mesiti, Colella e Scarcella, osservata dalla pg, il cui
contenuto intimidatorio era evincibile dalle telefonate avvenute prima e dopo
l’incontro stesso; in particolare, una con cui Scarcella informava la compagna
di Scalmana che “era tutto a posto” e che “si è preso l’impegno anche per gli
altri” proprio con il Mesiti; ed una fatta da Colella ad un avvocato in cui cercava
una possibilità di non andare a testimoniare e riferiva delle pressioni ricevute
come di “una roba pesantissima”. Inoltre il gruppo di Catanzariti risultava
presente alle varie udienze dibattimentali del processo contro Scalmana e il
giorno della deposizione di Colella , che ha dato luogo alla incolpazione di falsa
testimonianza, era presente proprio Scarcella, che aveva presenziato
all’incontro del 16.12.
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore
dell’indagato deducendo quattro motivi. Con il primo deduce violazione di
legge e difetto di motivazione in relazione alle esigenze cautelari. Il tribunale
afferma di aver soltanto integrato l’ordinanza cautelare in punto di esigenze
cautelari. La dìfesa invece sostiene che al riguardo l’ordinanza del gip era
assolutamente priva di motivazione e dunque vi è stata non l’integrazione di
una motivazione insufficiente ma la integrale sostituzione di una motivazione
inesistente con conseguente nullità. Con il secondo motivo la difesa eccepisce
che le dichiarazioni rese da Colella e gli altri al curatore fallimentare sono
inutilizzabile in quanto il curatore non rientra tra i soggetti cui il PM può
delegare atti di polizia giudiziaria e comunque una tale delega non era stata
data. Sostiene che in ogni caso non sussistono i gravi indizi di reato atteso che
l’impianto accusatorio sarebbe basato su meri sospetti; nell’incontro del
16/2/2012 posto a fondamento dell’accusa, non è noto cosa è stato detto e si è
trattato di un normale dialogo tra Colella e Mesiti, con Scarcella e un’altra
persona che stanno vicino; le telefonate che vengono addotte a sostegno della
interpretazione data a questo contatto, hanno un contenuto equivoco. Con il

RITENUTO IN FATTO

terzo e quarto motivo contesta l’aggravante del metodo mafioso e la
sussistenza di esigenze cautelari evidenziando che l’imputato è incensurato,
che non sono consentite presunzioni assolute di pericolosità neanche per i reati
più gravi e che l’indagato vive lontano dal contesto della presunta associazione
mafiosa e lavora regolarmente onde dovrebbe farsi luogo almeno agli arresti
domiciliari.

1.11 ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo è infondato.
E’ pacifico, ed è stato già richiamato dal Tribunale di Milano, il potere
integrativo del Tribunale del riesame in tema di motivazione dell’ordinanza
cautelare. Potere che nella specie deve ritenersi correttamente esercitato
atteso che, per le ragioni indicate dallo stesso Tribunale, la ordinanza in
questione conteneva una motivazione insufficiente, essendo la posizione di
Misiti solo genericamente valutata, ma non inesistente.
1.eyí
t tita3.Nel merito della sussistenza di tali esigenze, la valutazione c m dal
Tribunale è compiuta ed accurata e resiste alle censure formulate con il ricorso.
Si rileva come i fatti siano di rilevante gravità attesa la grave intimidazione a
cui Mesiti si è prestato giungendo a negare anche fatti evidenti, come la
conoscenza di Scarcella e come, attesa la natura dei fatti e il contesto in cui si
sono svolti, risulti sussistente sia il pericolo di inquinamento probatorio che
quello di reiterazione dei reati, non contenibile con misure meno gravoso
stante la necessità di impedire i contatti dell’indagato con altri soggetti inserii
nel medesimo contesto malavitoso.
Non deve essere affrontata in questa sede la questione della possibilità di
utilizzare come prova le dichiarazioni rese al curatore fallimentare avv.to
Quaglia in relazione al potere del primo di svolgere attività di polizia giudiziaria
e di dare gli ammonimenti di cui all’alt 64 cod.proc.pen., dal momento che le
dichiarazioni al medesimo rese dal Colella rilevano qui unicamente ai fini della
sussistenza dei gravi indizi di reato del reato di falsa testimonianza del Mesiti
e a tali fini vale la regola di cui all’art. 273 co. 1 bis cod.proc.pen. secondo cui
le inutilizzabilità estensibili alla fase cautelare sono soltanto quelle dalla norma
espressamente richiamate, con elencazione tassativa.
Quanto alla sussistenza dei gravi indizi di reato, il provvedimento che qui si
censura risulta corretto e adeguatamente motivato. Con esso il Tribunale del
riesame ha fornito una compiuta, dettagliata e logica ricostruzione degli
elementi di fatto da cui desumere la sussistenza dei gravi indizi, rispetto alla
quale le censure svolte assumono a tutta evidenza la consistenza di una
diversa lettura delle risultanze stesse, che, come noto, non è deducibile come
motivo di ricorso per cassazione.
Congrua è anche la motivazione sulla aggravante del metodo mafioso ex art. 7
di n.151/91, sufficientemente desunta, nei limiti di approssimazione delle
indagini che caratterizzano la presente fase cautelare, dalla ritenuta contiguità
di Mesiti al gruppo mafioso di Catanzariti Agostino che egli incontra prima di
recarsi all’appuntamento con Colella di cui si è detto sopra, dalla presenza di
appartenenti a tale gruppo al processo contro Scalmana in occasione delle

CONSIDERATO IN DIRITTO

deposizioni di Colella, Nannavecchia e Corso e dalla presenza dello stesso
Scarcella in occasione della deposizione di Colella.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia
trasmessa, a cura della cancelleria, al Direttore dell’Istituto Penitenziario
competente perché provveda a quanto stabilito nell’art. 94 disp. att. c.p.p.,
comma 1 ter.

Così deciso il 14.7.2014.

2. In conclusione risultando infondati o inammissibili i motivi proposti, il ricorso
deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del
procedimento
P.Q.M.

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