Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35994 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35994 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BARI
nei confronti di:
LABARTINO DARIO N. IL 16/09/1981
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avverso la sentenza n. 27243/2013 TRIB-SEZ.DIST. di RUVO DI
PUGLIA, del 06/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sefttite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 04/07/2014

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Ritenuto in fatto
1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari
ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Trani,
sezione distaccata di Ruvo di Puglia, in data 6.06.2013, con la quale, ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in
ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), comma 2 bis, cod. strada.
L’esponente osserva che il Tribunale ha applicato la pena di mesi due e
giorni dieci di arresto ed C 800,00 di multa, muovendo dalla pena base di mesi

inferiore, a quella alla quale è dato pervenire, pure applicando nella massima
estensione le concesse attenuanti generiche e la diminuente di rito. Sotto altro
aspetto, il ricorrente ha osservato: che il giudice ha omesso di disporre la revoca
della patente di guida e la confisca del mezzo, sanzioni amministrative accessorie
che nel caso risultano dovute; e che la contestata recidiva doveva essere esclusa,
procedendosi per reato contravvenzionale.
2.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte annulli senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla
omessa revoca della patente di guida ed alla omessa confisca del veicolo,
applicando le suddette sanzioni; e che ridetermini la misura della pena detentiva,
in mesi due e giorni venti di arresto.
Considerato in diritto
3. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
3.1 I termini del patto concluso dalle parti e ratificato dal giudice sono
agevolmente inferibili dalla documentazione versata in atti. La difesa dell’imputato,
infatti, all’udienza del 6.06.2013 ha depositato richiesta scritta di applicazione della
pena di mesi due e giorni dieci di arresto, oltre l’ammenda, muovendo dalla pena
base di mesi sette di arresto ed C 1.800,00 di ammenda, concesse le attenuanti
generiche ed applicata la diminuente di rito; e si tratta di indicazioni esattamente
recepite dal Tribunale nella sentenza che occupa, sia in riferimento alla
individuazione della pena base ed all’applicazione delle circostanze, sia con riguardo
alla misura della pena finale.
E bene: come rilevato dal Procuratore territoriale, applicando le attenuanti
generiche nella massima estensione e la misura massima della diminuente di rito,
rispetto alla pena base di mesi sette di arresto, si perviene alla (diversa) pena
finale, pari a mesi tre e giorni tre di arresto.
3.2 Deve allora rilevarsi che la pena applicata dal giudice ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen. risulta illegittima, essendo inferiore alla misura minima, alla
quale si perviene muovendo dalla pena indicata dalle parti. Ed è appena il caso di
rilevare che la pena finale concordata dalle parti risulta pure inferiore rispetto alla
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sette di arresto ed C 1.800,00 di ammenda; rileva che si tratta di una pena

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misura di pena alla quale è dato pervenire partendo dal minimo edittale, pari a
mesi sei di arresto ed applicando la duplice riduzione per le attenuanti generiche ed
il rito.
3.2.1 Tanto chiarito, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, debba trovare
applicazione l’insegnamento ripetutamente espresso dalla Suprema Corte, in base
al quale l’illegittimità della pena applicata dal giudice rende invalido il patto
concluso dalle parti, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata e trasmissione degli atti al giudice per l’ulteriore corso. L’orientamento

prevalente espresso da questa Suprema Corte, invero, discende dal rilievo che la
determinazione “contra legem” della pena concordata tra le parti ed
illegittimamente ratificata dal giudice invalida la base negoziale sulla quale è
maturato l’accordo, viziando la sentenza che lo ha recepito; considera,
conseguentemente, che non può farsi luogo alla procedura di rettificazione di cui
all’art. 619 comma secondo, cod. proc. pen.; e ritiene che la pronuncia deve essere
annullata, senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice procedente, per il
corso ulteriore (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1411 del 22/09/2006, dep. 19/01/2007,
Rv. 236033; conforme Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1883 del 22/09/2011,
dep. 18/01/2012, Rv. 251796). La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito
che, in tali ipotesi, le parti sono reintegrate nella facoltà di rinegoziare l’accordo
sulla pena su altre basi e che, in mancanza, il giudizio deve proseguire nelle forme
ordinarie (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16766 del 07/04/2010, dep. 03/05/2010,
Rv. 246930; si veda anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 35738 del 27/05/2010,
dep. 05/10/2010, Rv. 247841). E deve, conclusivamente, rilevarsi che anche il
meno recente orientamento giurisprudenziale, in base al quale l’errore di calcolo
della pena patteggiata sarebbe risultato emendabile dalla Suprema Corte, adita dal
pubblico ministero, richiedeva comunque che risultasse riconoscibile
immediatamente la reale volontà delle parti, intesa alla applicazione della diversa e superiore – misura di pena (come nel caso di divergenza tra quanto indicato nella
motivazione della sentenza e ciò che era stato riportato nel dispositivo: cfr. Cass.
Sez. 5, Sentenza n. 44711 del 03/10/2003, dep. 20/11/2003, Rv. 227014); si
tratta di evenienza che certamente non ricorre nel caso di specie, avuto riguardo ai
termini della richiesta di applicazione della pena, sopra richiamata.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Trani, per l’ulteriore corso.
Resta assorbita ogni ulteriore questione relativa alla omessa applicazione delle
sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge ed alla mancata esclusione
della recidiva, come contestata.

3

A

P.Q.M.
Annulla la impugnata sentenza senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti al
Tribunale di Trani per l’ulteriore corso.

Così deciso in Roma, in data 4 luglio 2014.

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