Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35993 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35993 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

MORETTI FRANCO

n. IL 30.05.1973

Avverso l’ordinanza n. 8/12 della Corte d’appello di Milano del 19.09.2013
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 3 giugno 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale, nella persona del dott.ssa M.
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Con memoria tempestivamente depositata il Ministero dell’Economia e delle
Finanze chiede la dichiarazione di inammissibilità e/o il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 03/06/2014

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
MORETTI Franco propone ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza, in epigrafe indicata, con cui la Corte d’appello di Milano ha
rigettato la sua istanza di indennizzo per ingiusta detenzione subita, per
complessivi 85 giorni, a seguito di ordinanza applicativa della misura degli
arresti domiciliari emessa dal GIP di Milano in data 28.02.2001 in riferimento
al procedimento penale, avente ad oggetto il reato di cui agli artt. 110, 56 e
317 cod. pen. In quanto, in concorso con Vimercati Franca, nella loro qualità

Franchin Claudio (pubblico ufficiale in quanto consigliere comunale del
Comune di Limbiate, consigliere della Provincia di Milano, presidente della IV
Commissione della Provincia di Milano avente competenza in materia di
ambiente, risorse naturali etc, componente della V Commissione della
Provincia di Milano avente competenza in materia di pianificazione
territoriale, demanio, edilizia, programmazione infrastrutturale) e con terzi
di cui non si faceva il nome, “abusando della qualità pubblicistica del
Franchin e delle funzioni ad essa indirettamente connesse, anche attraverso
la prospettazione di un mancato accoglimento – illegittimo e doloso – di una
richiesta di autorizzazione per l’apertura di un centro commerciale”,
ponevano in essere atti, diretti in modo non equivoco, a costringere
Gargantini Mario Paolo – titolare del diritto di proprietà sul terreno sito in
Bellinzago Lombardo sulla SS. 11 Padana Superiore, – per cui era stata
richiesta l’autorizzazione – a rinunciare alla costruzione e gestione del centro
commerciale, a vendere il terreno in questione ed affidarne la vendita prima
alla società di intermediazione immobiliare Consulgest di Maurizio Casella,
poi alla società Immobiliare Moretti, appartenente al Moretti, previo
riconoscimento alla società medesima di un diritto di intermediazione pari al
3% – più un ulteriore 1% – sul valore complessivo di 9 miliardi di lire”, fatto
commesso in Milano tra i mesi di gennaio e febbraio 2001.
Con sentenza del 14.05.2002 il Tribunale di Milano, in ordine al su
descritto reato, affermava la penale responsabilità del MORETTI e del
Franchin, assolveva la Vimercati con la formula perché il fatto non
costituisce reato.
Su ricorso del P.M. e del P.G. la Corte d’appello dello stesso
capoluogo, con sentenza del 29.03.2013, riduceva la pena inflitta al Moretti
ed al Franchin, e riteneva responsabili del reato anche la Vimercati.
La Corte di Cassazione, su ricorso degli imputati, in data
2.02.2014, annullava tale ultima sentenza e rinviava per un nuovo giudizio

di amministratori di diritto e di fatto della Moretti s.r.I., ed in concorso con

alla Corte d’appello meneghina che, in data 7.03.2008, confermava la
sentenza del Tribunale, così come modificata dalla Corte d’appello con la
sentenza del 29.03.2003.
A seguito di ulteriore ricorso per cassazione, questa Corte, con
sentenza dell’8 giugno 2010, annullava senza rinvio la sentenza impugnata
perché il fatto non sussiste per non essere rimaste individuate, neppure in
sede di rinvio, le concrete modalità di impiego da parte del pubblico ufficiale
Franchin delle proprie potenziali armi concussive.

dei giudici del merito, la Corte di Appello ha ritenuto che l’istante aveva
contribuito, con colpa grave, all’emissione del provvedimento restrittivo.
Il ricorrente, dopo una premessa in fatto della vicenda processuale,
denuncia violazione di legge e vizio di motivazione. Si argomenta che la
Corte di appello cerca di dimostrare il coinvolgimento del Moretti che la
Corte di Cassazione ha ritenuto esente dalle imputazioni attribuitegli tant’è
che lo ha assolto. Riguardo alla impossibilita del Moretti di coartare la
volontà e la decisione del Gargantini, milita il comportamento di costui, che
agisce con lucida premeditazione, munendosi di registratore per rilevare in
più incontri la responsabilità del Moretti. Di cui si prende gioco, con il
proporgli la mediazione per la vendita del suo suolo dal momento che, come
dimostrano gli eventi successivi, non ha mai avuto intenzione di cederlo.
Tant’è che, non solo non lo ha ceduto, ma ha anche acquistato poi, dopo
avere distrutto i concorrenti potenziali, altro suolo: quello della Vimercati.
Più che responsabile, secondo l’accusa, il Moretti appare uno sprovveduto in
balia del Gargantini, tant’è che cade nella trappola da questi tesagli con la
proposta di mediare la vendita del suo fondo. Si rileva che il Gargantini non
poteva recedere dal suo piano perché aveva impegnato ingenti risorse per
realizzarlo. Si aggiunge che la Corte, nel valutare come colposo il
comportamento dell’istante, ritiene che esso era finalizzato a trarre in
inganno l’A.G. procedente, mentre, al contrario, dalle carte processuali
emerge il contrario e che è proprio il Gargantini a trarre in inganno l’A.G. in
quanto il Moretti è lo strumento attraverso cui ha raggiunto i suoi fini
economici.
Si contesta, pertanto, la sussistenza della colpa grave: Moretti era
stato compulsato dal Gargantini che lo aveva sedotto artatamente con i suoi
programmi miliardari; non è il Moretti imputabile di dolo o di colpa grave ma
il Gargantini che porta a compimento il doloso disegno di eliminare il
concorrente provocandone l’autodistruzione. Si censura l’interpretazione

Rifacendosi alle risultanze istruttorie esaminate di cui alle sentenze

data dal giudice di merito delle risultanze istruttorie, che avevano dato luogo
alla ritenuta colpa grave, chiaramente in contrasto con le argomentazioni
della sentenza di annullamento senza rinvio.

Il ricorso va rigettato..
Si osserva che la giurisprudenza di legittimità è costantemente
orientata nel senso tracciato dalle sezioni unite di questa Corte con la
sentenza n. 34559 del 15.10.2002, secondo la quale “in tema di riparazione

vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori
disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che
rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di
leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione,
che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità”.
Nella specie, è quindi determinante stabilire se la Corte di merito
abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla sussistenza della
colpa grave valutando le condotte dell’istante, rimaste accertate all’esito del
procedimento penale e già acquisite al momento dell’emissione
dell’ordinanza cautelare. Nel contempo però, non può non rilevarsi che,
come visto, il ricorso si sviluppa pressoché integralmente in fatto, con una
rivisitazione degli elementi di prova acquisiti al processo del merito, ed
attraverso argomentazioni volte a ricondurre ogni sviluppo della vicenda
attribuito al Gargantini di giungersi ad appropriarsi dei terreni di proprietà
della Vimercati, moglie del Moretti, onde riuscire a realizzare un centro
commerciale , obiettivo poi di fatto anche conseguito.
In sostanza si sposta l’analisi delle condotte, evidenziate in ordinanza
a carico del ricorrente come ostative al riconoscimento dell’indennizzo

de

quo, a quella dei comportamenti del Gargantini, in una sorta di nuovo
processo ancorché questa Corte, con la sentenza dell’8.06.2010, non abbia
ritenuto la sussistenza del fatto, non con riferimento ai comportamenti posti
in esser dal Moretti, ma alla mancata prova sulla possibilità del Franchin di
influire in ragione delle sue cariche politiche al fine di costringere il
Gargantini a vendere il suolo.
Diversamente dal ricorrente, la Corte distrettuale, con
argomentazione logica esente da censura, rileva come restino incontestati in
fatto i comportamenti tenuti dal Moretti nei confronti del Gargantini,
chiaramente desumibili dalle conversazioni intercettate, il cui tenore non è

per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita

stato affatto sminuito dalla sentenza di questa Corte di annullamento senza
rinvio.
Ma aspetto più significativo che qui interessa è che la Corte
d’appello deduca, fondatamente, da tali comportamenti l’intenzionale
prospettazione da parte del Moretti di possibili ingerenze, come rileva il
Procuratore generale requirente, – da esercitarsi per il tramite del pubblico
ufficiale Franchin in ragione della qualità di costui – sulla Conferenza dei
servizi, onde giungere ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione del

riferimento ai quali quest’ultimo avrebbe dovuto preventivamente rilasciare
mandato a vendere in favore di una società di intermediazione immobiliare
riconducibile al Moretti, se non voleva vedere svanire ogni prospettiva in tal
senso, come sarebbe puntualmente accaduto qualora avesse voluto ostinarsi
a perseguire l’obiettivo personalmente. Sul punto, non si può non
condividere l’osservazione del Procuratore che, nello stesso ricorso il Moretti,
nella impossibilità di negare tali condotte, cerca di accreditarne la natura di
mere millanterie, asseritamente innocue ed incolpevoli.
In definitiva, di fronte alla condotta volontaria del ricorrente su
descritta, sussistevano, dunque, concrete probabilità che egli potesse
essersi reso responsabile del reato contestatogli e, comunque, ad aver
colpevolmente contribuito al crearsi di una apparenza di reità con
riferimento al tentativo di concussione ai danni del Gargantini, ed, indotto,
quindi l’Autorità giudiziaria a credere nel suo coinvolgimento e a procedere
all’applicazione della misura cautelare personale.
Ed appare evidente che il GIP, nella valutazione complessiva della
vicenda, in relazione alla verifica dei presupposti per emettere il
provvedimento cautelare, ha tenuto senz’altro conto dei dati oggettivi ma
anche del comportamento dell’indagato, e di tanto

tg ha tenuto kconto la

Corte territoriale, nell’esaminare la richiesta de qua, sotto il profilo della
colpa, indipendentemente dalla esclusione della fattispecie di reato
contestata, solo per non essere state individuate le concrete modalità di
impiego da parte del Franchin delle proprie potenziali armi concuss eive.
Segue al rigetto del ricorso la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché e alla rifusione in favore del
costituito Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese sostenute che
si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

centro commerciale, sui terreni di proprietà del Gargantini: terreni con

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dal
Ministero dell’Economia per questo grado di giudizio di Cassazione, spese
liquidate in € 1.000,00.
Così deciso in Roma alla udienza camerale del 3 giugno 2014

nsigli re estensore

Il Presidente

Il

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