Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35983 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35983 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
SCOPELLITI FIORAVANTE

n. il 18.03.1959

avverso l’ORDINANZA n. 27/12 della Corte d’appello di Genova del
7.05.2012
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 15 maggio 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA

Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.
Massimo Galli che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso .

Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
SCOPELLITI Fioravante ricorre per cassazione avverso l’ordinanza,
in epigrafe indicata, con cui la Corte d’appello di Genova ha rigettato la
sua richiesta di indennità per ingiusta detenzione con riferimento a quella
patita, in regime carcerario, dal 12.07.1999 al 21.12.2001, e, in regime di
arresti domiciliari, dal 22.12.2001 al 23.01.2004, nell’ambito del
procedimento penale conclusosi con sentenza di assoluzione della stessa
Corte d’appello a seguito di annullamento con rinvio della Suprema Corte,

difetto di composizione del collegio giudicante, sentenza divenuta
definitiva.
Rifacendosi alle risultanze istruttorie esaminate nella sentenza di
assoluzione, la Corte di Appello ha ritenuto che l’istante aveva contribuito, con
colpa grave, all’emissione del provvedimento restrittivo.
Con il proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del difensore, l’istante
denuncia vizi di motivazione dell’atto, consistenti in una errata valutazione della
condotta del ricorrente, apoditticamente ritenuta integrare l’ipotesi di colpa
grave, gravità sulla quale manca una convincente ed analitica motivazione, che
possa superare la valutazione della sentenza di assoluzione.
Per altro, con riferimento a dati acquisiti dal processo del merito,
cui ha fatto riferimento la Corte d’appello, quale il presunto incontro tra
l’istante ed un noto pregiudicato, Tonnarelli Carlo, si argomenta che dalle
testimonianze in atti nessuno dei verbalizzanti era in grado di affermare di
ave visto il Tonnarelli incontrarsi con il ricorrente nel luogo ove
presumibilmente vi sarebbe stato il trasferimento di danaro, poi rinvenuto
nell’auto dello Scopelliti.
Il ricorso va rigettato.
Appare conferente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte
secondo cui (cfr. fra tutte Cass. Pen., IVA sez., n. 2830, del 12.5.2000) “il
sindacato del Giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento
per la riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del
procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o
negare il presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato. Resta invece nelle
esclusive attribuzioni del giudice di merito la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa o sull’esistenza del dolo restando al giudice di legittimità
soltanto il compito di verificare la correttezza logica del ragionamento”
Per il caso che ci occupa, l’iter argomentativo, seguito dalla Corte
d’Appello, resiste alle censure di cui al ricorso.

z

in ragione della nullità della precedente decisione della Corte d’appello per

La Corte si sofferma, con motivazione analitica e con riferimenti fattuali
e probatori inequivoci sugli gli elementi a carico dell’odierno ricorrente,
consistenti in particolare: a) nella circostanza che lo Scopelliti, di origine
calabrese, – condannato in primo grado e assolto in appello ai sensi dal cpv
dell’ad 530 c.p.p (dopo un rinvio della Cassazione, che annullava, per motivi
procedurali, la prima sentenza di appello di conferma della condanna) .- fu
sorpreso, all’esito di un incontro con un pregiudicato (tale Tonarelli), noto
come spacciatore di stupefacenti, in possesso di una somma di denaro pari ad

auto, non riuscendo a dare alcuna credibile spiegazione di tale circostanza; b)
negli esiti di intercettazioni telefoniche disposte sull’utenza del Tonarelli dalle
quali emergeva in particolare che, la sera stessa del fatto, il suddetto, al suo
interlocutore, riferiva testualmente : “Oggi mi è andata bene …perché il
calabrese, quello che hanno fermato insieme a me, per fortuna non aveva
niente, mi è andata bene, non mi hanno messo in galera…”; e,
successivamente, con altri si lamentava di aver perso il denaro sequestrato
allo Scopelliti e di essere pertanto in difficoltà con altre persone; c) nella
stessa tesi difensiva sostenuta dallo Scopelliti, che dichiarava che la somma
rinvenuta nascosta nell’auto gli serviva per l’acquisto di un appartamento,
senza però offrire alcun riferimento concreto in merito sia all’ubicazione dello
stesso sia al presunto venditore.
Dunque, la Corte della riparazione ha fondato il proprio convincimento
su elementi di fatto specifici e significativi (che la stessa Corte che assolveva
poi lo Scopelliti qualificava come ‘gravemente indizianti), il che decisamente
soddisfa l’obbligo di motivazione e rende quest’ultima per nulla affetta dalle
lamentate carenze ed illogicità, non potendo queste essere stimate sussistenti
in relazione alla successiva decisione del giudice che ha – all’esito
dell’accertamento effettuato in sede di giudizio, fisiologicamente più
approfondito – stimato non concludente il quadro probatorio emerso.
Si ricorda, inoltre, che la valutazione deve avvenire ex ante ed il
giudice della riparazione non deve accertare se condotta del soggetto integri
estremi di reato, ma solo se esso sia il presupposto che ha ingenerato,
ancorché in presenza dell’errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza
della sua configurazione come illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ed effetto.
Né è poi consentito rivalutare, come propone il ricorrente, elementi di
prova ritenuti acquisiti sulla base della decisone del merito, pertanto, le
argomentazioni contenute in ricorso, incentrate in particolare sul fatto che nel

euro 44.000,00, accuratamente celata dietro un pannello posteriore della sua

processo di appello veniva a mancare la prova che i carabinieri avessero
effettivamente visto -e non solo desunto- l’incontro tra lo Scopelliti ed il
Tonarelli, (circostanza questa che, peraltro, nel primo processo di appello non
era stata ritenuta ostativa alla conferma della sentenza di primo grado,
desumendosi la certezza dell’incontro da altri elementi), non appaiono
intaccare la congruità e la correttezza del percorso motivazionale del giudice
di merito e non evidenziano vizi in questa sede rilevabili.
Il rigetto

del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

P.Q.M.
Rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma all’udienza camerale del 15 maggio 2014.

pagamento delle spese processuali

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