Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35981 del 13/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35981 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
n. il 2.08.1984

REIBALDI OTTAVIO

avverso l’ordinanza n. 1983/13 del Tribunale di Milano – sezione del
riesame – del 19.12.2013
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita all’udienza pubblica del 13 maggio 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Mario Fraticelli
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
L’avv. Armando Veneto, difensore del ricorrente, insiste per
l’accoglimento del ricorso.

i

9-T

Data Udienza: 13/05/2014

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
REIBALDI OTTAVIO ricorre per cassazione avverso l’ordinanza,
indicata in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano – sezione riesame- ha
confermato la misura cautelare della custodie in carcere emessa nei suoi
confronti dal GIP del medesimo Tribunale, in data 15.10.2013, in
relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. 74 d.P.R., 1,2, e 3
comma 309/90 (capo A) ed artt. 110 cod. Pen. e 73, co. 1 e 1 bis e 6,
ed 80 del d.P.R. 309/90 (capi B-C-D-).

relazione agli artt. 8 e 9 c.p.p. per essere stata illegittimamente rigettata
l’eccezione di incompetenza territoriale.
Premesso che all’indagato si contestano i reati di associazione
finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché i reati di
produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, si
evidenzia, che, ai fini della individuazione dl giudice competente, il reato
più grave è quello di cui all’art. 73 co. 1 e 1 bis e 6, ed 80 del d.P.R.
309/90 indicato al capo B), che risulta commesso il 20.01.2011, cioè in
data anteriore rispetto a tutti gli altri delitti, commessi da agosto 2011 al
marzo 2012. Nella specie, secondo la impostazione del GIP, condivisa dal
Tribunale del riesame, l’azione addebitata all’indagato risulterebbe
commessa a Milano. In realtà, si argomenta, se pure al momento della
trattativa il Reimbaldi si trovasse a Milano, la realizzazione dell’evento si
è concretizzata con la consegna dello stupefacente, avvenuta a Vado
Ligure, mentre l’accordo che preludeva a tale consegna era stato
realizzato, con lo scambio delle promesse reciproche e la consegna del
danaro, in Amsterdam, poiché non tutta l’azione si era realizzata
all’estero, non può trovare applicazione la norma di cui all’art. 10 c.p.p.,
bensì la regola contenuta nell’art. 9 c.p.p. che segnala l’ultima parte
dell’azione, quella della consegna dello stupefacente, che si è svolta
nell’ambito della competenza territoriale genovese.
Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art. 295 c.p.p.. Si contesta l’argomento
contenuto nell’ordinanza impugnata secondo cui ben potevano essere
utilizzati i risultati delle intercettazioni telefoniche e di posta elettronica
compiuti per la cattura del latitante Boschi, ancorché fosse noto il luogo
in cui egli era rintracciabile e cioè il Perù. Si obietta che il terzo comma
dell’art. 295 c.p.p. consente l’intercettazione di conversazioni o di altre
forme di comunicazioni solo “al fine di agevolare le ricerche del

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in

latitante”, ma quando è nota la sua dimora e dunque esaurita la fase
della sua rintracciabilità, viene meno il presupposto a cui l’art. 295 c.p.p.
subordina la legittimità del provvedimento che dispone le intercettazioni.
Con il terzo motivo si denunciano altra violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art. 723 c.p.p. 266 e segg. c.p.p.. Si rileva
come, al momento di emissione del provvedimento autorizzativo alle
intercettazioni di comunicazioni, non era assolutamente noto che la
utenza estera del Boschi venisse utilizzata da cittadini italiani o da

disporre le intercettazioni de quibus.
In sostanza, si eccepisce la inutilizzabilità delle conversazioni
telefoniche ed ambientali disposte in altri procedimenti dall’A.G. di
Salerno e di quelle disposte dall’A.G. di Milano, le cui risultanze sono
state utilizzate per supportare la motivazione dei decreti autorizzativi e
di proroga nel presente procedimento afferenti alla captazione
dell’utenza peruviana in uso a Boschi, utenze e comunicazioni avvenute
“estero su estero” e non acquisite con rogatoria internazionale.
(((((((((((((0)))))))))
I motivi esposti sono infondati.
Quanto al primo, avente ad oggetto la eccepita incompetenza
territoriale del Giudice di Milano, si condividono pienamente le
osservazioni svolte dal Tribunale essendo aderenti al dato normativo ed
alla giurisprudenza di questa Corte.
In sostanza, il ricorrente non contesta, ai fini della fissazione della
competenza territoriale, la individuazione del delitto più grave, già
operata dal GIP e condivisa dal Tribunale, in quello ascritto al capo b)
della rubrica (art. 73 d.p.r. 309/90 aggravato ai sensi dell’art. 80), il
primo delitto relativamente al quale si manifesta la sussistenza della
associazione, ed è l’episodio in riferimento al quale viene operato il
sequestro del più ingente quantitativo di sostanza, mentre una parte
giungeva a Milano e, quindi, nella disponibilità del REIBALDI.
La soluzione prospettata dal Triblye, si ripete aderente al dato
normativo, è pienamente condivisibile e, pertanto, non sono accettabili i
rilievi difensivi che fanno riferimento ai criteri suppletivi stabiliti dall’art.
9 c.p.p. che si applica solo per i procedimenti aventi ad oggetto un
singolo reato. Invero questa Corte ha affermato che i criteri suppletivi
sono esclusi poiché, se pure alcune frazioni o alcune condotte delittuose
sono state commesse all’estero, la competenza va determinata in

i

residenti in Italia, per cui non sussisteva alcuna legittima ragione per

relazione al luogo del commesso reato avendo riferimento, ex art. 16
cod. pen., al più grave dei reati commessi nel territorio dello Stato e,
qualora ciò non sia possibile al reato immediatamente più grave.
I criteri di cui all’art. 10 cod. proc. pen. per determinare la
competenza territoriale nel caso di reato commesso all’estero, possono
essere utilizzati solo nel caso di unico reato commesso all’estero da una
pluralità di imputati ovvero di più reati tutti commessi all’estero. Ove
sussista invece connessione tra reati commessi nel territorio dello Stato e

giudice naturale precostituito per legge, la competenza va determinata in
relazione al luogo del commesso reato, avendo riferimento ex art. 16 cod.
proc. pen. al più grave dei reati connessi che sia stato realizzato nel
territorio dello Stato e, qualora tale luogo non sia determinabile, in base
allo stesso criterio riferito al reato immediatamente meno grave
(Sez. 6, Sentenza n. 4089 del 06/11/2000 Cc. ) Rv. 217908).
Ciò posto, corretta è poi la successiva individuazione della
competenza territoriale operata dal GIP, condivisa dal Tribunale, sulla
considerazione, secondo cui, applicando gli ordinari criteri del codice di
rito, alla luce delle emergenze investigative, poiché il ricorrente operava
in Milano ed in tale città perfezionava gli accordi per l’acquisto della
sostanza stupefacente, svolgendo anche il ruolo di collettore del denaro
destinato al finanziamento della spedizione, è proprio quel capoluogo il
luogo in cui si radica la competenza per territorio.
Parimenti, corretta è l’argomentazione del Tribunale con cui si
ritiene non fondata l’indicazione da parte della difesa (anch’essa oggetto
del presente ricorso) della A.G. di Genova come quella competente,
rilevandosi che le emergenze investigative, che hanno visto il ricorrente
agire, contattare, concludere l’accordo avente ad oggetto l’ingente
quantitativo di sostanza stupefacente di cui al capo b) operando in
Milano, rendono inaccoglibile la tesi difensiva basata sul solo dato
costituito dal sequestro della sostanza nel porto di Vado Ligure.
Quanto al secondo motivo, conferente è il richiamo nell’ordinanza
impugnata alla giurisprudenza di questa Corte (sez. 6, Sentenza n. 9185
del 25.01.2012, Rv. 252284).
Invero, le intercettazioni disposte, come nel caso in esame, per la
ricerca di un latitante, oltre a non richiedere una particolare motivazione,
in relazione alle indilazionabili ragioni di urgenza, connesse alle finalità

reati commessi all’estero, in osservanza del principio costituzionale del

che tali tipi di intercettazione perseguono, ben possono essere utilizzate
anche in procedimenti diversi.
È, infatti, da rilevare che il rinvio operato dall’art. 295 c.p.p.,
comma 3, stabilito in tema di ricerche dei latitanti, all’art. 270 c.p.p.,
dettato in tema di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri
procedimenti, ha un senso solo se riferito al comma 1 di tale ultimo
articolo e cioè se riferito alla utilizzabiltà probatoria in altri procedimenti e
non può essere interpretato solo come richiamo alle garanzie, di cui ai

Per altro, in risposta allo specifico rilievo della Difesa, l’avere
individuato all’estero la dimora del latitante non significa affatto che la
latitanza sia cessata con il conseguente venir meno del presupposto a cui
l’art. 295 c.p.p. subordina la legittimità del provvedimento che dispone le
intercettazioni.
Inoltre; in forza del principio di conservazione degli atti e della
tassatività delle previsioni normative che ne contemplano l’inutilizzabilità,
le intercettazioni disposte per la cattura di un latitante possono essere
utilizzate in altri procedimenti anche al di fuori dei limiti di legge, tenuto
conto dell’omesso richiamo all’art. 271 c.p.p. e ravvisarle nell’art. 295
c.p.p., comma 3, dettato in materia di ricerche di latitanti (cfr., Cass. 6^
del 29.10.2003 n. 44756, rv. 227158; Cass. 1, 7.6.07 n. 24178, in
termini massime precedenti conformi: N. 44756 del 2003 Rv. 227158, N.
24178 del 2007 Rv. 0, N. 39285 del 2009 Rv. 245181, N. 44522 del 2009
Rv. 245166), è perciò condivisibile quanto ritenuto dal Tribunale che si è
adeguato a tale principio.
Parimenti non ha fondamento la susseguente eccezione di
inutilizzabilità delle dette intercettazioni (terzo motivo), che si risolve
sotto un profilo meramente di fatto, non essendo emerso che le
comunicazioni telefoniche, oggetto delle intercettazioni, avvenissero solo
“estero su estero”. Rileva sul punto il Tribunale che Boschi, per quanto
operasse e utilizzasse utenze estere, come è emerso dalle indagini, era
in contatto con soggetti che avevano in uso utenze sia straniere che
italiane; costoro si trovavano frequentemente nel territorio italiano
(come nel caso di Carriero, che aveva stabili e continuativi contatti con
Reibaldi, ma anche con Rosafio e Vantaggiato, tanto da recarsi in
trasferta da costoro in provincia di Lecce e da essere presente ai vari
incontri con il gruppo dei calabresi ritenuti responsabili della sparizione
di una partita di droga); inoltre Boschi aveva continui contatti con
)

commi secondo e terzo dell’articolo in esame.

soggetti operanti in Italia; il fatto che costoro disponessero di utenze
straniere (come nel caso di Alvaro, coindagato nel presente
procedimento, o come nel caso di Manzo, soggetto emerso nelle indagini
salernitane e di altri) o che accedevano alla sua posta elettronica
utilizzando postazioni attive in Italia e quindi compiendo una frazione
della condotta di inserimento nell’account estera di Boschi, accedendovi
con la password di questi, basta a far ritenere che non si versi in una
ipotesi di sconfinamento dalle spazio del territorio italiano, cosicchè si

una attivazione di un ponte radio italiano/ o di un provider che opera
anche sul territorio italiano vi è stato, condizioni queste che escludono la
necessità di ricorrere alla procedura di rogatoria con il paese nel quale
uno dei soggetti si trovi. Sul punto puntuale è il richiamo alle sentenze di
questa Corte sez. 6 n. 10051 del 3.12.2007,Rv. 239464, e sezione 1 n.
12901 del 14.02.2005, Rv. 23159.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia
trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a
quanto stabilito dall’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma alla udienza del 13 maggio 2014..

deve concludere nel senso che quanto meno una frazione o un transito o

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