Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35980 del 25/08/2015


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Penale Sent. Sez. F Num. 35980 Anno 2015
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENCHRIFA BOUCHRA N. IL 26/12/1976
EL MACHI RACHID N. IL 18/04/1976
avverso la sentenza n. 735/2014 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
27/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/08/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procuratere-ernerale in persona del Dott.
che hacekrger

Udito, per la parte
Uditi d sor Avv.

e, l’Avv

Data Udienza: 25/08/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. P. Canevelli, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 27/02/2015, la Corte di appello di Perugia investita del giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento limitatamente alla
determinazione della pena disposto dalla sentenza n. 29335/14 della sesta

442 cod. proc. pen., la pena irrogata a Benchrifa Bouchra e a El Machi Rachid per
il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 nella misura di anni 4
di reclusione e di 24.000 euro di multa.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Perugia ha proposto
ricorso per cassazione Benchrifa Bouchra, attraverso il difensore avv. C. A.
Zaina, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia erronea applicazione della legge penale, avendo la
sentenza impugnata determinato la pena sulla base di criteri valutativi che
presuppongono un nuovo giudizio di merito. Erroneamente la sentenza
impugnata, per un verso, ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni unite
della Corte di cassazione circa gli effetti della sentenza della Corte costituzionale
n. 32 del 2014 sulle sentenze ex art. 444 cod. proc. pen. e, per altro verso, ha
ritenuto che il giudice del rinvio non sia vincolato a rispettare in termini
proporzionali i parametri quantitativi applicati in sede di merito. Posto che, con la
sentenza annullata, il giudice di appello aveva individuato come pena base quella
di nove anni di reclusione, ossia una pena lievemente superiore al minimo
edittale dell”epoca, il giudice del rinvio ha illegittimamente proceduto ad una
rivalutazione nel merito del fatto e della personalità dell’imputato, laddove nel
giudizio di rinvio il potere di rideterminazione della pena consiste in una mera
ricognizione aritmetica proporzionale della pena, sicché illegittime sono le
considerazioni in ordine al quantitativo di stupefacenti oggetto delle detenzione e
alla peculiare pericolosità del fatto svolte dalla sentenza impugnata, che ha
determinato una sanzione (sei anni di reclusione) pari al minimo di allora e al
massimo edittale oggi previsto.
Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione. La sentenza impugnata ha
operato un’impropria sovrapposizione del proprio giudizio di pericolosità a quello
del precedente giudice di merito, che aveva ancorato la pena base in prossimità

sezione penale di questa Corte – ha rideterminato, all’esito della riduzione ex art.

del minimo e non del massimo edittale, nonché un riferimento alla gravità del
fatto precluso al giudice del rinvio.

3. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Perugia ha altresì
proposto ricorso per cassazione El Machì Rachid, attraverso il difensore avv. M.
Cossa, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – vizi di motivazione. In riforma della
sentenza di primo grado, la Corte di appello di Ancona, pur non applicando

ancorandola ad una pena base di poco superiore al minimo edittale allora vigente
(aumentato di 1/3). Pur richiamando i criteri commisurativi desumibili dalla
precedente pronuncia della Corte di appello di Ancona, la sentenza impugnata
non ha operato una ricognizione aritmetica proporzionale della pena (che
avrebbe condotto all’individuazione della pena-base – sulla quale operare la
diminuzione per il rito – di tre anni di reclusione, pari al minimo edittale oggi
vigente aumentato di 1/3), ma ha rideterminato la sanzione nel massimo edittale
vigente (coincidente con il minimo edittale del tempo) valorizzando
esclusivamente il dato quantitativo e in assenza di qualsiasi riferimento ai criteri
di cui all’art. 133 cod. pen. e disattendendo sia l’indicazione contenuta nella
sentenza di annullamento, sia la disciplina di cui all’art. 627 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi devono essere rigettati.

2. Non sono fondate le censure del ricorso proposto nell’interesse di El Machi
Rachid e del primo motivo di quello proposto nell’interesse di Benchrifa Bouchra
che criticano la sentenza impugnata, in sintesi, per non aver operato, nella
rideterminazione della pena, sulla base di una mera ricognizione aritmetica della
pena proporzionale a quella irrogata dalla Corte di appello di Ancona ma
parametrata alla cornice edittale derivata dalla sentenza n. 32 del 2014 della
Corte costituzionale. La tesi sostenuta dai ricorrenti non può essere seguita per
due convergenti ragioni. Sotto un primo profilo (in relazione al quale si apprezza
anche l’inidoneità dei riferimenti dei ricorrenti alla disciplina ex art. 627 cod.
proc. pen. ad integrare i vizi denunciati), deve rilevarsi che la sentenza di
annullamento di questa Corte rimetteva al giudice del rinvio la nuova
determinazione della pena, laddove il criterio meramente aritmetico invocato dai
ricorrenti avrebbe reso superfluo – ex art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen.
– il rinvio ai fini indicati. Sotto un diverso profilo, deve rilevarsi che, come

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alcuna circostanza attenuante, aveva irrogato la pena di 6 anni di reclusione,

affermato dalle Sezioni unite di questa Corte (in un caso in cui veniva in rilievo
una sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., ma con argomentazione di carattere
generale), la pena irrogata sulla base della disciplina di cui all’art. 73 d.P.R. n.
309 del 1990 come modificata dalla novella del 2006 è illegale in relazione non
alla sanzione in sé, ma all’«intero procedimento di commisurazione giudiziale»,
basatosi su una comminatoria edittale costituzionalmente illegittima (Sez. U., n.
33040 del 26/02/2015 – dep. 28/07/2015, Jazouil). L’illegalità

in toto del

procedimento commisurativo articolato sulla base della cornice edittale travolta

dell’irrogazione di una certa sanzione) – rende ragione della necessità di una
“nuova” commisurazione della pena che assuma come parametro edittale quello
stabilito dalla disciplina oggetto della reviviscenza determinata dalla declaratoria
di illegittimità costituzionale: trattandosi di una disciplina, quest’ultima,
incentrata sulla «distinzione tra droghe “leggere” e droghe “pesanti”», laddove
quella oggetto dell”intervento della Corte costituzionale «aveva unificato il
trattamento sanzionatorio per le condotte illecite di produzione traffico e
detenzione di stupefacenti, sopprimendo ogni distinzione basata sulla diversa
natura delle sostanze droganti» (Sez. U., n. 33040 del 26/02/2015 cit.), la
“nuova” determinazione della pena non può risolversi in un’operazione
meramente aritmetica, preclusa in radice dal divergente apprezzamento del
disvalore del fatto (recte, dei fatti di detenzione illecita di droghe “leggere” e
droghe “pesanti”) sottesa alle due discipline. Le doglianze dei ricorrenti
incentrate sul carattere aritmetico e proporzionale della rideterminazione della
pena non possono, pertanto, essere accolte.

3. Del pari infondate sono le ulteriori censure articolate dal ricorso proposto
nell’interesse di El Machi Rachid e dal secondo motivo di quello proposto
nell’interesse di Benchrifa Bouchra. La sentenza impugnata muove, in sintesi, dal
rilievo che il giudice del rinvio non può sovrapporre una propria valutazione del
fatto innovativa rispetto a quella dei primi giudici, ma deve aver riguardo ai
criteri già utilizzati integrandoli ai fini del corretto inquadramento della fattispecie
entro la sfera dei nuovi limiti edittali. Il rilievo è in linea con il principio di diritto,
affermato da questa Corte con riferimento ai compiti del giudice dell’esecuzione,
secondo cui nella determinazione della pena è necessario attenersi al rispetto sia
dei limiti edittali previsti dalla originaria formulazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309
del 1990, in relazione alla tipologia di condotta e di sostanza stupefacente
oggetto di contestazione, sia delle valutazioni già effettuate in sentenza dal
giudice della cognizione con riferimento alla sussistenza del fatto e al significato
allo stesso attribuibile (Sez. 1, n. 52981 del 18/11/2014 – dep. 19/12/2014, De

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dalla declaratoria di illegittimità costituzionale – e non solo del suo esito (ossia

Simone, Rv. 261688). Rileva il Collegio che la sentenza impugnata non si è
discostata da tali valutazioni, determinando la pena sulla base dei criteri
commisurativi correlati, oltre che al dato oggettivo del quantitativo di sostanza
stupefacente così come cristallizzato nell’imputazione, alla pericolosità sociale
degli imputati: sotto quest’ultimo profilo, in particolare, lungi dal sovrapporre il
proprio giudizio di pericolosità a quello del precedente giudice di merito (come
sostenuto dal ricorso nell’interesse di Benchrífa Bouchra), la sentenza impugnata
ha valorizzato, richiamandolo alla lettera, il giudizio operato dalla Corte di

cui si è concretizzato il fatto attribuito agli imputati (pur incensurati), operazione
ritenuta espressiva di «entratura non casuale e dunque non occasionale nel
settore criminale del commercio di sostanze stupefacenti», valutazione, questa,
del tutto trascurata dal ricorso proposto nell’interesse di El Machi Rachid e non
oggetto di specifiche censure quanto alla sua attitudine dimostrativa della
capacità a delinquere dei ricorrenti. Anche le doglianze relative ai denunciati vizi
di motivazione non sono, dunque, fondate.

4. I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati e i ricorrenti devono essere
condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25/08/2015.

appello di Ancona circa la «peculiare pericolosità manifestata nell’operazione» in

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