Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35978 del 25/08/2015


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Penale Sent. Sez. F Num. 35978 Anno 2015
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARZILIERO GIULIANO N. IL 01/04/1962
avverso la sentenza n. 57/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
20/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/08/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Proc~re Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la part
Uditi dif sor Avv.

ile, l’Avv

Data Udienza: 25/08/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. P. Canevelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito
altresì per il ricorrente l’avv. G. A. Scalise, anche in sostituzione dell’avv. F.
Anselmo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 27/03/2012, il Tribunale di Bologna aveva

detenzione e porto di esplosivi (capi A e B), di furto pluriaggravato e detenzione
e porto di esplosivi (capi C e D), di ricettazione (capi E ed F) e di associazione
per delinquere (capo G). Con sentenza del 20/06/2014, la Corte di appello di
Bologna ha assolto Arziliero Giuliano dai reati di cui ai capi A), B), E) ed F) e ha
confermato la sentenza di primo grado in ordine alla condanna per i capi C), D) e
G), rideterminando la pena irrogata.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto
ricorso per cassazione Arziliero Giuliano, attraverso il difensore avv. F. Anselmo,
articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma
1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art.
416 cod. pen. e vizi di motivazione. Premesso che non è intervenuta alcuna
declaratoria di inammissibilità del motivo di appello relativo al capo G) (di cui
comunque non sussisterebbero i presupposti), la Corte di appello ha
erroneamente applicato la norma penale che definisce la partecipazione
all’associazione e non ha motivato in modo congruo e logico circa la
partecipazione del ricorrente all’associazione di cui faceva parte il fratello
Roberto, non potendo la consapevolezza delle condotte criminose degli associati
costituire prova di tale partecipazione. Peraltro, le risultanze probatorie
smentiscono tale consapevolezza: il fratello Roberto ha escluso qualsiasi
partecipazione del ricorrente all’associazione, riferendo solo di una sua generica
conoscenza della propria attività, come è confermato dalla conversazione in
carcere intercettata il 21/12/2006 e da quella tra i due fratelli e un terzo del
19/10/2006. Illogicamente la Corte di appello afferma che non sarebbe stato
ipotizzabile alcun uso lecito del capannone in quanto non è emerso alcun
elemento concreto che avrebbe dovuto indurre il ricorrente a ritenere che esso
fosse utilizzato a scopi delinquenziali, come è confermato dalla conversazione
intercettata del 21/12/2006 tra Giuliano e Roberto Arziliero e il figlio di
quest’ultimo. Illogica e non aderente ai dati processuali è la valutazione della

dichiarato Arziliero Giuliano colpevole dei reati di tentato furto pluriaggravato e

conversazione ambientale intercettata dell’08/10/2006, nella quale, secondo la
Corte di appello, Roberto avrebbe impartito al fratello indicazioni sul da farsi,
laddove tale conversazione (di cui la sentenza impugnata non indica il passaggio
specifico cui ha fatto riferimento) non presenta i caratteri della gravità, della
precisione e della concordanza.
2.2. In subordine rispetto all’accoglimento del primo motivo il ricorrente
chiede che sia dichiarata la prescrizione del reato di cui all’art. 416 cod. pen.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine al reato di cui

Bologna è motivata sulla base di due intercettazioni. La prima riguarda la
conversazione del 24/09/2006 tra i fratelli Arziliero presenti in auto presso il
supermercato dove un mese dopo fu commesso il furto (senza alcuna
partecipazione fisica del ricorrente). Secondo la Corte di appello
dall’intercettazione emergerebbe che i due erano attivi nel preparare il colpo
verificando il posizionamento dei pezzetti di carta che servivano a controllare i
prelievi: la confusa intercettazione (piena di parti incomprensibili che non
consentono di ricostruire compiutamente il colloquio) non è suffragata da alcun
riscontro esterno, né risulta che Giuliano Arziliero sia sceso dall’auto per
controllare il segnale o che abbia affermato di aver proceduto al controllo di altri
segnali, non avendo il ricorrente mai ammesso di averlo fatto; l’indizio è
equivoco, essendo verosimile che il ricorrente si sia limitato a tollerare di essere
presente ai controlli effettuati dal fratello, laddove è un dato certo che Giuliano
Arziliero né il venerdì precedente il 24/09/2006, né in date anteriori o successive
ha mai proceduto ad alcun controllo del segnale. Quanto all’intercettazione
ambientale del 25/09/2006, alla quale non ha partecipato l’imputato, la Corte di
appello non ha operato la necessaria valutazione, laddove il contenuto non è
chiaro e lascia un consistente dubbio sul significato della frase: anche
ammettendo che Roberto Arziliero si riferisse al ricorrente, alludendo al fatto che
andavano insieme in una bisca, vi è fondata ragione per ritenere che – come
riferito al processo – egli effettuasse i controlli mentre era a Bologna con il
fratello per andare alla bisca.
2.4. In subordine rispetto all’accoglimento del terzo motivo il ricorrente
chiede che sia dichiarata la prescrizione del reato di cui al capo C).
2.5. Il quinto motivo denuncia vizi di motivazione in ordine al reato di cui
capo D). Come evidenziato nel primo motivo, l’attribuzione al ricorrente della
“perfetta consapevolezza” del fatto che venisse utilizzata – in particolare, nel
furto del 24/10/2006 – la bombola di acetilene considerata esplosivo è frutto di
una forzatura e di un’errata interpretazione dei dati probatori, mancando la

capo C). La responsabilità del ricorrente per il furto al supermercato Pam di

specifica prova della commissione del reato-fine a prescindere dalla prova del
reato associativo.

3. Con memoria depositata il 26/06/2015, la difesa del ricorrente – oltre a
chiedere la trasmissione del ricorso (originariamente assegnato alla settima
sezione di questa Corte) alla sezione di provenienza – riprendeva alcuni temi
sviluppati nel ricorso in ordine, in particolare, alle intercettazioni del 24/09/2009

4.

Con memoria depositata il 10/08/2015, ripercorsi alcuni argomenti

sviluppati con il ricorso, gli avv.ti G. Scalise e F. Anselmo hanno chiesto
l’annullamento della sentenza impugnata e, in ogni caso, la declaratoria di
estinzione per prescrizione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. Il primo motivo è infondato. A fondamento della conferma della pronuncia
di condanna per il reato associativo, la Corte di merito ha posto vari dati
probatori (oltre a quelli afferenti alla partecipazione del ricorrente al furto del
24/10/2006). Rileva, sotto un primo profilo, il giudice di appello, che lo stesso
Roberto Arziliero (pur avendo sostenuto l’estraneità ai fatti del fratello) ha
riferito che il ricorrente era consapevole delle proprie imprese criminali, tanto è
vero che più volte lo aveva rimproverato: il ricorrente censura il rilievo della
sentenza impugnata, sostenendo che Roberto Arziliero ha sempre escluso
qualsiasi partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso (il che, come si è
detto, non è in contrasto con quanto affermato dalla Corte di appello), riferendo
solo di una generica conoscenza dell’attività delinquenziale. La censura, tuttavia,
non inficia l’argomentazione in esame, posto che, per un verso, lo stesso
ricorrente, nel ripercorrere le dichiarazioni di Roberto Arziliero, ne ha evidenziato
il riferimento alla conoscenza, da parte del fratello, del fatto che il dichiarante
faceva “questi reati qua” (e, dunque, non alla conoscenza di una generica attività
illecita), mentre, per altro verso, il rilievo secondo cui il ricorrente conosceva le
“imprese criminali” del fratello, si salda, nel percorso argomentativo del giudice
di appello, agli ulteriori argomenti relativi, in primo luogo, alla disponibilità (e
all’utilizzo) del capannone. A questo proposito, la Corte di appello ha evidenziato
che le autovetture e l’ingombrante attrezzatura utilizzate per le imprese criminali
dell’associazione erano custodite (occupandolo in gran parte, come dimostrato

4

[recte, 24/09/2006] e del 25/09/2006.

dalla documentazione fotografica) in un capannone affittato anni prima da
Giuliano Arziliero, ubicato a soli 500 metri dalla sua casa, le cui chiavi erano
state da lui stesso affidate al fratello Roberto: la versione dei fratelli Arziliero
secondo cui il ricorrente non sarebbe stato consapevole dell’uso fatto del
capannone risulta, secondo la Corte di merito, del tutto inverosimile, in
considerazione della consapevolezza in capo allo stesso delle imprese criminose
del fratello, dell’inverosimiglianza della circostanza che l’imputato non avesse
compreso la destinazione del capannone collocato a soli 500 metri da casa sua e

Roberto Arziliero, che aveva da tempo cessato la sua attività di agricoltore e non
svolgeva attività che richiedessero appunto un capannone. Di qui la conclusione
cui giunge la sentenza impugnata adesivamente al rilievo del primo giudice
secondo cui la consapevole messa a disposizione del capannone quale base
logistica del sodalizio criminoso configura in capo al ricorrente un effettivo ed
efficace contributo al mantenimento in vita del sodalizio stesso e al
perseguimento dei suoi scopi: tale conclusione priva di consistenza i rilievi
difensivi (riproposti con la memoria del 10/08/2015) circa la mancata
individuazione del contributo del ricorrente in favore dell’associazione.
Nei termini indicati, la motivazione della sentenza impugnata non è inficiata
dalle ulteriori censure del ricorrente incentrate su alcune intercettazioni, censure,
queste, che, su un piano generale, muovono da una lettura atomistica dei vari
elementi, laddove è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni
elemento è contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la
decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della
compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n.
18163 del 22/04/2008 – dep. 06/05/2008, Ferdico, Rv. 239789). Più nel
dettaglio, quanto alla conversazione tra i due fratelli intercettata in carcere il
21/12/2006, la Corte di merito ne ha rilevato l’oggettiva incertezza del contenuto
(alla luce delle discrasie emerse tra le due diverse perizie di trascrizione), rilievo,
questo, non oggetto di puntuale disamina critica da parte del ricorrente, sicché la
doglianza – che fa leva sul contenuto di detta intercettazione – risulta
inammissibile; l’ulteriore censura incentrata sull’intercettazione relativa ad un
colloquio intercorso il 21/12/2006 tra Giuliano e Roberto Arziliero e il figlio di
quest’ultimo, oltre che generica (non risultando compiutamente correlata
all’indicazione del contesto nel quale la conversazione è stata captata e dei
rapporti di tale conversazione con quella intercorsa nello stesso giorno tra i
fratelli e, come si è detto, ritenuta dal contenuto oggettivamente incerto dalla
Corte di merito), deduce questioni di merito, volte a sollecitare a questa Corte
un’inammissibile rivalutazione complessiva del compendio probatorio, e,

5

dell’impossibilità di ipotizzare un uso lecito del capannone stesso da parte di

comunque, anche alla luce degli elementi successivamente esaminati, risulta del
tutto inidonea a disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante,
determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n.
41738 del 19/10/2011 – dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516). Tali
rilievi devono estendersi anche all’ulteriore doglianza incentrata sulla
conversazione del 19/10/2006, valorizzata dalla difesa al fine di escludere che
l’imputato avesse conoscenza dell’auto di grossa cilindrata, delle bombole di

conoscenza che la Corte di merito ricava da una pluralità di elementi comprensivi
anche dalla partecipazione al furto di cui al capo C). Gli ulteriori argomenti
difensivi volti ad accreditare la plausibilità di un utilizzo del capannone secondo
le comuni finalità (riporvi masserizie) introduce del pari questioni di merito,
comunque inidonee a scalfire il ragionamento della Corte di merito, che fa leva
anche sul rilievo che Roberto Arziliero aveva da tempo cessato la sua attività di
agricoltore e non svolgeva attività che richiedessero un capannone: non
puntualmente contrastato dal ricorso, tale rilievo si salda con le argomentazioni
sviluppate dalla sentenza di primo grado – richiamata dalla (sul punto) conforme
sentenza di appello e comunque integrantesi con questa (Sez. 2, n. 11220 del
13/11/1997 – dep. 05/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145) – che ha rimarcato, per
un verso, come non sia credibile che l’odierno imputato abbia consegnato al
fratello il capannone pensando che gli servisse solo per riporvi attrezzi non più
utilizzati, posto che, in tal caso, non sarebbe stato necessario consegnargli le
chiavi (in quanto, appunto, gli attrezzi non dovevano più essere utilizzati) e, per
altro, che non avrebbe avuto senso mantenere l’affitto del capannone (e i
conseguenti oneri economici) visto che il ricorrente teneva gli attrezzi utilizzati
correntemente in un diverso magazzino di sua proprietà.
La Corte di merito ha poi valorizzato le intercettazioni del 25/09/2006 e
dell’08/10/2006. L’intercettazione ambientale della conversazione intercorsa il
25/09/2006 tra Roberto Arziliero e Pietro Scarpa (condannato in via definitiva
per il reato associativo e per una serie di furti), nel corso della quale il primo
riferisce che lui stesso e il fratello Giuliano stanno assiduamente controllando la
cassa continua del supermercato Pam che poi sarebbe stata oggetto del furto un
mese dopo. Sul punto, le doglianze del ricorrente (articolate nel terzo motivo,
ma esaminate in questa sede per l’attinenza anche all’imputazione

sub G),

lamentano, in sintesi, l’equivocità del significato della frase, anche con
riferimento all’individuazione del “fratello” di cui si parla: al riguardo, la Corte di
merito ha individuato in termini univoci il significato della frase, laddove,
secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in materia di intercettazioni

6

acetilene e di ossigeno e degli ulteriori arnesi utilizzati dal gruppo criminale,

costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di
merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui
apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti
della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono
recepite (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013 – dep. 21/08/2013, Vecchio e altri,
Rv. 257784), ipotesi, queste, insussistenti nel caso di specie. Quanto
all’individuazione del fratello, la censura fa leva ancora una volta su una lettura
atomistica degli elementi indiziari, lettura, in particolare, non correlata con

Quanto all’intercettazione ambientale della conversazione tra Roberto e
Giuliano Arziliero dell’08/10/2006, la Corte di merito ha sottolineato come la
discussione tra i due fratelli riguardasse l’opportunità di cambiare cellulari e
relative schede telefoniche, per ridurre i rischi di individuazione e
intercettazione: Roberto, nella ricostruzione del giudice di appello (che ha
individuato specificamente i contenuti dell’intercettazione ritenuti rilevanti),
impartiva al fratello indicazioni sul da farsi, riferendo, in particolare, della
necessità di disporre di svariate schede telefoniche con “numeri uno” e “numeri
due”, così richiamando un utilizzo delle schede “a doppio binario” caratterizzato
da una duplice serie di utenze, la prima per le comunicazioni ordinarie, la
seconda per le comunicazioni relative alle attività delittuose. Il ricorrente censura
la ricostruzione del contenuto dell’intercettazione delineata dalla sentenza
impugnata, ricostruzione, tuttavia, conforme ai criteri della logica (Sez. 6, n.
11794 del 11/02/2013 – dep. 12/03/2013, Melfi, Rv. 254439) e immune da
travisamenti probatori (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 – dep. 17/02/2014,
Napoleoni e altri, Rv. 259516), laddove gli ulteriori rilievi difensivi circa il
mancato utilizzo da parte di Giuliano Arzillero di telefoni o schede non sono
idonei a compromettere la valenza dimostrativa attribuita all’intercettazione dalla
Corte di merito con motivazione immune da vizi logici.

3. Il secondo motivo e il quarto motivo, che possono essere esaminati
congiuntamente, nonché le richieste di cui alla memoria del 10/08/2015, non
meritano accoglimento. Nei confronti dell’imputato è stata contestata e – come si
desume univocamente dalla sentenza di primo grado – ritenuta la recidiva
reiterata. Da ciò consegue che per il reato di cui al capo G) non è maturato il
termine di prescrizione: il termine di cinque anni corrispondente al massimo della
pena edittale stabilito dal secondo comma dell’art. 416 cod. pen. deve essere
aumentato della metà a norma dell’art. 99, quarto comma, cod. pen., così
individuandosi in anni 7 e mesi 6; pertanto, il termine di prescrizione,
considerato l’aumento

ex

art. 161, secondo comma, cod. pen., risulta

l’intercettazione del 24/09/2006 di seguito esaminata.

all’evidenza non decorso rispetto al reato associativo contestato fino al dicembre
del 2006. A fortiori la fattispecie estintiva del reato non si è perfezionata per i
reati di furto pluriaggravato (art. 625, ultimo comma, cod. pen.) e di detenzione
e porto di esplosivi (artt. 2 e 4 I. n. 897 del 1965) di cui ai capi C) e D), puniti
con pena edittale più grave nel massimo del reato associativo.

4. Il terzo motivo è del pari infondato. La conferma della pronuncia di
condanna in ordine al furto di cui al capo C) è motivata dalla Corte di merito

proposito di quest’ultima, le censure del ricorrente sono già state esaminate, con
riguardo alla prima, la Corte di merito ne ha ricostruito il contenuto evidenziando
che Roberto e Giuliano Arziliero stavano parlando all’interno dell’auto del primo
ferma nei pressi della cassa continua del supermercato Pam: il colloquio vedeva
sul posizionamento dei pezzetti di carta posti sotto la cassa continua al fine di
verificare i giorni e gli orari in cui il denaro veniva da essa prelevato e così
individuare il momento più proficuo per l’esecuzione del furto; nel corso della
conversazione, rileva ancora la sentenza impugnata, Giuliano Arziliero si informa
se il pezzetto di carta sia stato posizionato “come l’altra volta”, il fratello gli
risponde e dice che sarebbe sceso a controllare; dopo essere risalito in
macchina, Roberto chiede all’odierno ricorrente se il pezzetto di carta “c’era alla
sera quando siete venuti a vedere”, frase, questa, che la Corte di merito
interpreta come inequivocabilmente espressiva del fatto che Giuliano Arziliero,
insieme con un altro soggetto, aveva effettuato un precedente controllo. Le
censure del ricorrente fanno leva, per un verso, sull’equivocità dell’indizio
(argomentata sulla base del fatto che non risulta che l’imputato sia sceso dalla
macchina per controllare o che abbia affermato di aver in precedenza controllato
di altri segnali) e, per altro verso, sulla verosimiglianza dell’ipotesi che Giuliano
Arziliero si sia limitato a tollerare di essere presente ai controlli effettuati dal
fratello: le censure sono del tutto inidonee ad inficiare la valutazione della
sentenza impugnata e l’attribuzione all’intercettazione di una valenza
dimostrativa della partecipazione dell’imputato alla realizzazione dei controlli
finalizzati, attraverso la tecnica indicata, alla verifica del momento migliore per la
realizzazione del furto.

5. Il quinto motivo è manifestamente infondato. Lungi dal far discendere
l’affermazione di responsabilità per il reato-fine da quella per il reato associativo,
la Corte di merito ha valorizzato la ritenuta consapevolezza in capo all’imputato
dei mezzi usati dall’associazione (custoditi nel capannone messo a disposizione
del sodalizio), facendo da ciò conseguire, in termini immuni da cadute di

sulla base delle intercettazioni del 24/09/2006 e del 25/09/2006. Mentre, a

conseguenzialità logica, la prova del concorso nei reati concernenti il furto presso
il supermercato Pam sopra esaminato.

6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

processuali.
Così deciso il 25/08/2015.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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