Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35972 del 05/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 35972 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

ZANNE Savino, nato a Foggia il 17 gennaio 1975;

avverso l’ordinanza emessa in data 16 giugno 2014 dal Tribunale di Bari;

letti g atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Enrico Delehaye, il
quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 05/02/2015

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16 giugno 2014 i: Tribunale di Bari, in funzione di
giudice del riesame, ha rigettato il ricorso col quale Zanni Savino, in qualità di
legale rappresentante della Italia Giochi Srl, aveva impugnato il decreto di
sequestro preventivo emesso dal locale Gip il precedente 9 maggio 2014 ed
avente ad oggetto diversi apparecchi videoslot formalmente intestati alla Italia
Giochi ubicati in tre sale giochi, una delle quali, denominata New gaming, è

impugnato.
Il presupposto del provvedimento cautelare reale, eseguito ai sensi
dell’art.

12-sexies della legge rL 356 del 1992, era che l’acquisto di detti

apparecchi e l’allestimento della predetta sala giochi fossero il frutto della
messa a disposizione dello Zanni dei proventi della attività illecita realizzata
da tale Francavilla Antonello, indagato per reati, anche associativi, connessi
allo spaccio di stupefacenti, e che, pertanto, la titolarità di tali beni in capo
allo Zanni fosse solo fittizia. Ai fini della dimostrazione di tale solo formale
interposizione dello Zanni, il Tribunale si è in particolare avvalso, sulla scorta
delle indagini compiute a carico del Francavil!a, delle numerose intercettazioni
telefoniche ed ambientali eseguite, le quali hanno evidenziato, secondo il
Tribunale di Bari, la posizione di preminenza del Francavilla nelle gestione
delle dette sale giochi.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cessazione lo Zanni,
tramite il proprio difensore munito di procu(a speciale, deducendo quale unico
ma articolato motivo di impugnazione la carenza assoluta di motivazione della
ordinanza impugnata, carenza ridondante nel vizio di violazione di legge.
In particolare il ricorrente rilevava che né il Gip né il Tribunale avevano
considerato che la Italia Giochi Sri era presente sul mercato delle video
lotterie sin dal 2007 con ricavi esponenziali, cosicché aveva potuto investire
nel tempo ingenti somme che avevano consentito alla società l’acquisizione
dei macchinari in sequestro; aggiungeva il ricorrente che lo scarto fra i ricavi
ed i profitti delle slot machines riscontrato dal perito del Pm era frutto del
mancato calcolo di taluni cespiti produttivi.
A fronte di tali elementi, trascurati in sede di riesame, il Tribunale aveva
esclusivamente tenuto conto delle intercettazioni, attribuendo valenza
probatoria a dati tutt’al più indizianti in modo solo generico.
Il Tribunale, ad avviso del ricorrente, avrebbe altresì omesso di esaminare
le argomentazioni difensive riguardanti il fatto che il Francavilla, in quanto
esponente della criminalità organizzata, aveva imposto il suo ruolo sulla
attività imprenditoriale svolta dallo Zanni.
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stata a sua volta sottoposta a sequestro col medesimo provvedimento allora

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato infondato, non è„ pertanto meritevole di accoglimento.
Osserva, infatti, la Corte che il sequestro del quale si discute è stato
adottato dal Gip del Tribunale di Bari e successivamente confermato, con
l’ordinanza ora in scrutinio, dal Tribunale di tale medesima città in sede di
riesame, ai sensi dell’art.

12-sexies

del decreto legge n. 306 del

1992,convertito con modificazioni, con legge n. 356 del 1992.

confisca del danaro, dei beni e delle altre utilità dì cui il soggetto che sia stato
condannato, fra l’altro, per reati di cui agli artt. 73 e 74 del digs n. 309 dei
1990, non possa giustificare la provenienza e di cui egli, anche per interposta
persona (sia fisica che giuridica), risulti essere titolare o avere la disponibilità a
quals:asi titolo in valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o
comunque alla propria attività economica.
Evidentemente la previsione della confiscabilità di detti beni legittima, in
pendenza di procedimento penale avente ad oggetto taluna delle imputazioni
previste dal ricordato art. 12-sexies dei di n. 306 dei 1992, la assoggettabilità
dei medesimi a sequestro preventivo.
in particolare con riferimento alla possibilità di operare la confisca e,
prima di questa, il sequestro preventivo, in relazione a beni che, sebbene
formalmente intestati a soggetti terzi rispetto all’autore di uno dei reati elencati
nel ricordato art. 12-sexies, siano tuttavia riferibili a costui, questa Corte ha in
più occasioni riaffermato che ai fini dell’operatività, nei confronti del terzo, del
sequestro preventivo a norma dell’art. 12-sexies e della successiva confisca,
grava sull’accusa l’onere di provare l’esistenza di situazioni che avallino
concretamente l’ipotesi di divergenza tra intestazione formale e disponibilità
effettiva del bene, in modo che si possa affermare con certezza che il terzo
intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la
permanenza dell’acquisizione del bene in c:apo al condannato e salvaguardarlo
dal pericolo della confisca (Corte di cassazione, Sezione I penale, 15 luglio
2010, n. 27556).
Ha, in particolare, precisato questa Corte che ai fini della dimostrazione
della fittizietà della intestazione non è elemento sufficiente la sola sproporzione
fra il valore dei beni intestati al terzo ed il reddito da quest’ultimo percepito,
essendo, invece, necessario che, per assolvere all’onere probatorio su di essa
gravante l’accusa dimostri l’esistenza di circostanze obbiettive che avallino in
modo concreto l’esistenza di una divergenza fra l’intestazione formale dei beni
e la loro disponibilità effettiva (Corte di cassazione, Sezione I penale, 15
novembre 2012, n. 44534).
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Detta disposizione, come è noto, prevede che è sempre disposta la

Ritiene questa Corte che, con riferimento al caso in esame il Tribunale di
Bari, con valutazione non innplausibile, ha ritenuto che la prova della mera
fittizetà della intestazione dei beni sequestrati alla società Italia Giochi,
amministrata dall’odierno ricorrente, sia desumibile, oltre che dallo scarto fra il
loro valore e l’ammontare dei redditi prodotti dalla predetta società, dalla
circostanza, desunta dalle numerose intercettazioni ambientali e telefoniche,
dal contenuto inequivocabile, eseguite a carico del Francavilla, da cui emerge la

gestione di tali beni.
Né è risultata, dal tenore di tali intercettazioni, denotante invece una
cordiale collaborazione fra i due, l’esistenza di quella posizione di sudditanza
dello Zanni nei confronti del Francavilla, la cui mancata considerazione da parte
del Tribunale di Bari forma oggetto del secondo motivo di impugnazione, tale
da potere fare ritenere che la rilevata posizione di preminenza di quest’ultimo
non sia frutto di un accordo esistente fra gli stessi in merito alla effettiva
direzione della attività imprenditoriale ma derivi invece da indebite pressioni
che Io stesso Francavilla avrebbe esercitato, avvalendosi della sua posizione di
esponente della criminalità organizzata, sull’odierno ricorrente.
Questa Corte ritiene, pertanto, che, quanto meno nella presente fase
cautelare, i predetti elementi, evidenziando una divergenza fra la titolarità
formale dei beni in questione e la loro disponibilità sostanziale, escludono la
assenza di motivazione della ordinanza impugnata e consentono certamente di
giustificare la permanenza del sequestro operato sui beni formalmente intestati
alla Italia Giochi srl, posto che, per converso, gli argomenti spesi dallo Zanni in
sede di ricorso per cassazione non mostrano affatto nel provvedimento
cautelare stesso l’esistenza dei vizi motivazionali dedotti dal ricorrente, tali,
secondo la prospettazione di questo, da determinare la mera apparenza della
motivazione del provvedimento impugnato e, quindi, la sua adozione in
violazione del principio, sancito dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.,
secondo il quale i provvedimenti giurisclizionali aventi la forma della sentenza e
della ordinanza debbono, a pena di nullità, essere motivati.
Deve, in definitiva e per i motivi sopra illustrati, essere rigettata la
impugnazione della ordinanza emessa dal Tribunale di Bari, con la derivante
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQ1 ■ 1
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2015
Il Presidente

posizione di effettiva direzione da parte di quest’ultimo in relazione alla

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