Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35968 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35968 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLARO MASSIMO N. IL 10/04/1971
avverso la sentenza n. 11345/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
04/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. i i e,”1-1
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Udit i difenor Avv.

Data Udienza: 04/07/2014

Ritenuto in fatto
1.

Cavallaro Massimo ha proposto ricorso per cassazione avverso la

sentenza della Corte di Appello di Roma in data 4.03.2013, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Latina il 18.04.2012,
in ordine al reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, in riferimento alla
detenzione a fine di spaccio di gr. 4,3 di sostanza stupefacente di cocaina.
La parte, con il primo motivo, deduce il vizio motivazionale, in riferimento

Con il secondo motivo l’esponente si duole del mancato riconoscimento della
fattispecie del tentativo.
Considerato in diritto
2. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
Le doglianze dedotte dall’esponente, che è dato esaminare congiuntamente,
sono inammissibili.
Deve considerarsi che secondo il costante orientamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa
Suprema Corte ed avallato dalle stesse Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito,
senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E
la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e)
cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la
natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della
motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e
semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei
fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv.
234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in
data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Ed invero, l’esponente si limita a
prospettare una inammissibile riconsiderazione del compendio probatorio, ad opera
del giudice di legittimità, in riferimento alla destinazione allo spaccio del
quantitativo di droga di cui si tratta.

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all’accertamento della dinamica del fatto di reato.

3. Tanto ritenuto, osserva il Collegio che sussistono i presupposti per
rilevare l’illegittimità della pena applicata al prevenuto, in riferimento al reato per
cui si procede.
Invero, l’evidenziata inammissibilità del ricorso non impedisce a questa
Corte regolatrice di annullare la sentenza impugnata, in ragione delle modifiche
normative che sono intervenute dopo il deposito del presente ricorso. Deve in
questa sede ribadirsi che per il caso di modifiche normative sopravvenute,

annullamento da parte della Corte regolatrice (cfr. Cass. Sez. VI, sentenza n.
21982, del 16 maggio 2013, n. 21982, Rv 255674, ove l’inammissibilità del ricorso
non ha impedito l’annullamento della sentenza impugnata, in conseguenza della
declaratoria di illegittimità costituzionale della norma applicata al caso di giudizio).
Nel caso di specie, è stata riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990.
Si tratta di fattispecie interessata dalle modifiche introdotte dall’art. 2,
comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni dall’art. 1,
comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10. Ai fini di interesse, si rileva, che a
seguito della legge n. 10/2014, per l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, cit., la pena
prevista è quella della reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa, per tutti i tipi
di sostanze stupefacenti, senza distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere.
La materia di interesse è stata peraltro oggetto di un ulteriore intervento
correttivo, ad opera della legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con
modificazioni, del decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, recante Disposizioni urgenti
in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali
meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (pubblicata in G.U. n.115 del
20.05.2014).
Per effetto del richiamato intervento normativo, il tenore dell’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309/1990, è il seguente: “5. Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che,
per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, e’ di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da
sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”.
Come si vede, la cornice edittale applicabile alla fattispecie oggetto del
presente giudizio, in base al principio di retroattività della legge più favorevole, ex
art. 2, comma 4, cod. pen., prevede pene sensibilmente inferiori, rispetto a quelle
alle quali hanno fatto riferimento i giudici del merito. Ed invero la disciplina in
materia di sostanze stupefacenti applicata dai giudici è quella prevista dal d.P.R. n.
3

l’inammissibilità del ricorso non impedisce l’adozione di una pronuncia di

309/1990, nella versione oggetto delle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre
2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 – di
poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32 – di
talché la pena per le c.d. droghe pesanti, ai sensi dell’art. 73, comma V, d.P.R. n.
309/1990, era compresa da uno a sei anni di reclusione, oltre la multa.
Nel caso di specie, a Cavallaro Massimo, per la detenzione di un quantitativo
pari a gr. 4,3 di cocaina, è stata applicata la pena di anni due di reclusione, oltre la

Ebbene, la pena inflitta sì colloca in una diversa fascia del trattamento
sanzionatorio, oggi applicabile al reato per il quale si procede, secondo il principio
di retroattività della norma più favorevole. Conseguentemente, deve rilevarsi che la
valutazione effettuata in sede di merito, nell’apprezzare la congruità della pena,
non risulta altrimenti conferente, stante l’intervenuta modifica sostanziale del
quadro sanzionatorio di riferimento. Non è chi non veda, allora, che la pena inflitta
non può ritenersi congrua, rispetto al fatto in addebito.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio
ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, per nuovo esame, in ordine al
trattamento sanzionatorio. Nel resto, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi e per
gli effetti dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen., rileva il Collegio che la sentenza
impugnata è divenuta irrevocabile, in riferimento alla affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, per il reato in addebito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con
rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’art. 624 cod. proc. pen. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine
all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Così deciso in Roma, in data 4 luglio 2014.

multa, muovendo dalla pena base di anni tre di reclusione, oltre la multa.

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