Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3596 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3596 Anno 2016
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIAMBALA VASILE N. IL 13/07/1976
avverso l’ordinanza n. 448/2014 TRIBUNALE di ROMA, del
08/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor A vv.;

Data Udienza: 26/11/2015

A

RITENUTO IN FATTO

1. Ciambala Vasile propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza del
giudice dell’esecuzione del tribunale di Roma che, giudicando in sede
di rinvio dopo annullamento da parte della prima sezione di questa
Corte, ha respinto l’istanza di applicazione della disciplina della
continuazione con riferimento ai fatti giudicati con le sentenze del

2010 e 24 settembre 2012.
2. A sostegno del ricorso propone i seguenti motivi:
a. error in judicando, sotto il profilo della erronea applicazione
della

legge

penale

in

quanto

l’organo

giudiziario

dell’esecuzione penale ha seguito una fuorviante ottica
ermeneutica in tema di applicazione degli elementi costitutivi
oggettivi e soggettivi della identità del disegno criminoso.
b. Erronea applicazione dell’articolo 671 del codice di procedura
penale in quanto il giudice dell’esecuzione penale non avrebbe
effettuato una valutazione sulla configurabilità dell’unicità del
disegno criminoso con riferimento ai singoli fatti di reato.
c.

Inosservanza dell’articolo 627, comma 3, del codice di
procedura penale in quanto il giudice dell’esecuzione, quale
giudice di rinvio, non si sarebbe uniformato alla sentenza di
annullamento, ove si erano fissate le disposizioni precettive
per l’applicazione della continuazione.

3. Il Procuratore generale presso questa suprema Corte, dottor
Iacoviello, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, dovendo essere condivise pienamente le
conclusioni del Procuratore generale presso questa suprema Corte.
2. La prima ordinanza del tribunale di Roma è stata annullata da
questa Corte sulla considerazione della mancata acquisizione delle
sentenze indicate nell’originaria istanza di applicazione della disciplina

1

tribunale di Roma del 8 gennaio 2007, 7 gennaio 2010, 14 ottobre

[

o

del reato continuato, nonché per il conseguente difetto di adeguata
motivazione sul punto.
3. Giudicando in sede di rinvio, il tribunale penale di Roma ha posto
rimedio ai vizi riscontrati in sede di annullamento, acquisendo le
sentenze indicate nell’istanza e motivando adeguatamente in ordine ai
motivi per i quali ha ritenuto non sussistenti i presupposti per
l’applicazione della disciplina della continuazione ai fatti oggetto di
condanna.
4. A fronte di una motivazione adeguata, approfondita ed
assolutamente priva di vizi logici di sorta, il ricorrente deduce inesistenti
violazioni di legge e in sostanza contesta il merito della decisione,
proponendo una diversa lettura dei fatti e compiendo valutazioni
personali in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, dell’unicità del
disegno criminoso.
5. Il motivi, in sostanza, pur denunciando formalmente anche violazioni
di legge, costituiscono, con tutta evidenza, censure in punto di fatto
dell’ordinanza impugnata, inerendo esclusivamente alla scelta delle
ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che
rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui
apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto,
come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente
da vizi logico-giuridici.
6. In modo particolare, il primo motivo, oltre a quanto detto in via
generale, è anche generico, laddove non indica nemmeno in modo
specifico quale sarebbe la norma di legge oggetto di erronea
applicazione. Lo stesso è a dirsi per il secondo motivo, il quale è, per
quanto è dato comprendere nella sua laconicità, pure totalmente
infondato, atteso che la valutazione sull’unicità del disegno criminoso
non può essere condotta singolarmente su ogni episodio, ma per sua
stessa natura va condotta in modo sistematico, con riferimento al
complesso dei reati per cui si ritiene vi sia stata la unitaria
deliberazione iniziale. Infine, il terzo motivo è assolutamente
generico, laddove non dice quale sia stato il principio di diritto
esplicitamente affermato dalla Corte e dove e perché sarebbe stato
disatteso dal giudice di rinvio. Tantopiù che la Corte ha annullato
solamente per la mancata acquisizione delle sentenze e per la
consequenziale carenza motivazionale e non per la violazione di

4.

t

principi di diritto, che infatti non ha esplicitamente affermato nella
propria decisione.
7. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi dì causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della

determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26/11/2015

cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo

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