Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35959 del 13/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35959 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Ech Charrady Ahmed, nato il 01/01/1977
avverso la sentenza n. 10/2013 del giudice di pace di Egna del 31 marzo 2014.
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita Cassano;
lette le conclusioni del Procuratore generale dott. A. Galasso che ha chiesto
il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 13/07/2015

Ritenuto in fatto.

1.11 31 marzo 2014 il giudice di pace di Egna dichiarava Ech Charrady
Ahmed responsabile del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, d. Igs. 25
luglio 1998 n. 286, introdotto dall’art. 1, comma 16, lett. a) della I. 15 luglio
2009, n. 94, novellato dalla I. 2 agosto 2011 n. 129, per essersi reso
inottemperante, senza giustificato motivo, all’ordine di allontanamento, emesso
dal Questore di Udine il 10 agosto 2012 (notificatogli in pari data), che gli

condannava alla pena di ventimila euro di multa.
2.Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite
il difensore di fiducia, l’imputato, il quale formula le seguenti censure.
Lamenta mancanza della motivazione in ordine alla deduzione difensiva,
corredata da apposita memoria, circa l’illegittimità dell’ordine di allontanamento
del Questore, non rispettoso della sequenza procedimentale prevista dalla
legge.
Deduce, poi, carenza della motivazione circa la sussistenza del giustificato
motivo (necessità di predisporre la difesa in relazione ad altro procedimento
penale in relazione al quale era stato proposto appello 1’8 ottobre 2012, ossia il
giorno precedente l’accertamento del reato) della condotta di inottemperanza.
Eccepisce, infine, erronea interpretazione della legge penale e mancanza
della motivazione circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e al
complessivo trattamento sanzionatorio.

Osserva in diritto.

Il primo motivo di ricorso, avente carattere pregiudiziale rispetto all’altro, è
fondato.
1.11 primo motivo di ricorso è fondato.
L’art. 121 c.p.p. rientra tra le disposizioni volte a dare attuazione alla
direttiva n. 3 dell’art. 2 della legge 81/1987, che afferma il principio della parità
tra accusa e difesa e sancisce l’obbligo del giudice di provvedere senza ritardo
e, comunque, entro termini stabiliti sulle richieste formulate in ogni stato e
grado del procedimento dal pubblico ministero, dalle altri parti private e dai
difensori. La facoltà delle parti di presentare al giudice memorie o richieste
scritte in ogni stato e grado del procedimento concerne non solo la fase delle
indagini preliminari, ma anche l’udienza preliminare e il dibattimento (Corte
Cost., sent. n. 238 del 30 maggio 1991).

1

imponeva di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni, e lo

Il giudice al quale viene presentata una memoria difensiva deve, pertanto,
prendere in considerazione il contenuto della stessa e assumerlo a tema
dell’indagine, facendolo quindi (direttamente o indirettamente) oggetto della
formulazione del proprio giudizio. Una conclusione del genere deriva dal
principio generale secondo cui le esigenze di giustizia impongono il vaglio di
tutte le ragioni delle parti e di tutti i fatti e le circostanze addotti e riferiti
dall’indagato (o imputato). La peculiarità dell’art. 121, comma secondo, c.p.p.
consiste, quindi, nello stabilire come immediata l’insorgenza del dovere di
spatium

deliberandi concesso, prima di far scattare il meccanismo che tramuti tale
dovere in obbligo di pronunciarsi su domande determinate delle parti.
L’omesso e ingiustificato esame delle deduzioni difensive impedisce
all’imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo
effettuato dal giudice in ordine al fatto-reato e comporta la lesione dei diritti di
intervento o assistenza difensiva dell’imputato, oltre a configurare una
violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni
giudiziarie (Sez. 1,n. 23789 del 6 maggio 2005; Sez. 1, n. 45104 del 14 ottobre
2005). Negare tali conseguenze, invero, significherebbe ridurre le parti alla
situazione di comparse eventuali, disconoscendone la funzione di protagoniste
della dialettica processuale.

3. Il provvedimento impugnato non è conforme a tali principi, avendo
omesso una compiuta valutazione delle deduzioni difensive, oggetto della
memoria, circa la regolarità o meno della sequenza procedimentale che ha
portato all’adozione dell’ordine di allontanamento, tenuto conto dei
provvedimenti prefettizi di espulsione (rispettivamente in data 10 marzo 2006 e
10 agosto 2012) e della motivazione dell’ordine di allontanamento emesso il 10
agosto 2012, di cui è stato omesso un compiuto esame, pure sollecitato dalla
difesa.
4.Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
La fattispecie incriminatrice disciplinata dall’art. 14, comma

5-ter, d. Igs. n.

286 del 1998 e successive modifiche condivide con la categoria dei reati
omissivi il requisito della “possibilità di agire”, requisito esplicitato dalla formula
della insussistenza di un «giustificato motivo» per l’inottemperanza. La
clausola «senza giustificato motivo» contribuisce, dunque, a delineare la
tipicità del delitto in esame, atteggiandosi ad elemento costitutivo della
fattispecie.
Il carattere elastico della clausola (non modificata dalle novelle del 2004, del
2009 e neppure dal d.l. n. 89 del 2011, convertito dalla I. n. 120 del 2011), che
trova la sua ragione di essere nell’impossibilità pratica di elencare

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provvedere da parte del giudice e nel definire l’ampiezza dello

analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a “giustificare”
l’inosservanza del precetto e, come stabilito dalla Corte Costituzionale
(sentenza n. 5 del 2004), rispetta il principio di tassatività e determinatezza,
esclude la rilevanza penale delle ipotesi in cui il precetto stesso appaia in
concreto inesigibile.
La clausola in questione, se pure non può essere ritenuta evocativa delle
sole cause di giustificazione in senso tecnico – lettura che la renderebbe
pleonastica, posto che le scriminanti opererebbero comunque, in quanto istituti

pregnanza, che incidono sulla stessa possibilità soggettiva ed oggettiva, di
adempiere all’intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o
pericolosa (cfr. Corte Cost. sent. n. 5 del 2004).
5.La clausola in esame non può comportare un inversione dell’onere della
prova, fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente,
quando possibile, l’esistenza di ragioni legittimanti l’inosservanza del precetto
penale. L’onere di provare tutti gli elementi rilevanti (nella loro presenza, se
positivi, e nella loro assenza, se negativi) spetta al pubblico ministero, pur
gravando sull’imputato un onere di allegazione dei motivi non conosciuti né
conoscibili dal giudicante. Tale onere di allegazione costituisce il punto di
equilibrio tra l’esigenza di non addossare al magistrato requirente una probatio

diabolica e la necessità di evitare il rischio segnalato di un’inversione dell’onere
della prova (cfr. Corte Cost., sent. n. 5 del 2004).
6.La valutazione giudiziale delle situazioni idonee a rendere l’ottemperanza
al provvedimento amministrativo «impossibile>> ovvero «difficoltosa o
pericolosa>> (cfr. Corte Cost., sent. n. 5 del 2004) deve essere svolta, oltre
che alla luce dei parametri normativi delineati dall’art. 14, commi 5-bis, 5-ter,

5-quater, così come da ultimo modificati dal d.l. n. 89 del 2011, convertito dalla
I. n. 1230 del 2011, con specifico riferimento al caso concreto e alla condizione
del cittadino extracomunitario da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere
inesigibile, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto
dalla norma allo straniero.
7.La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi in
precedenza enunciati. Infatti ha omesso di valutare l’incidenza che alcune
circostanze di fatto (stato del separato procedimento penale, data di deposito
dell’atto di appello, necessità di contatti con il difensore di fiducia, data
dell’accertamento del reato ex art. 14, comma 4-ter, avvenuto il giorno
successivo al deposito dell’atto di impugnazione), ritenute non controverse,
potevano esplicare su un elemento costitutivo della fattispecie criminosa (il
giustificato motivo per l’inottemperanza) e, quindi, sulla possibilità, soggettiva

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di carattere generale – ha, tuttavia, riguardo, a situazioni ostative di particolare

ed oggettiva, di adempiere all’intimazione, rendendola «impossibile» o,
quanto meno, «difficoltosa o pericolosa».
8.L’accoglimento

dei primi due motivi di ricorso, aventi carattere

pregiudiziale ed assorbente rispetto al terzo, rendono superfluo l’esame
dell’ultima censura.
9.Per tutte questa ragioni s’impone l’annullamento della sentenza
impugnata e il rinvio per nuovo giudizio al giudice di pace di Bolzano.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice di pace
di Bolzano.
Così deciso, in Roma, il 13 luglio 2015.

P.Q.M.

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