Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35945 del 16/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35945 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MESRAOUI MOKHTAR N. IL 28/08/1965
avverso l’ordinanza n. 9/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
05/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI; A
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Data Udienza: 16/07/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 5 dicembre 2014 la Corte di Appello di Torino, pronunciando
quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, proposta dal condannato Mokhtar Mesraoui
per la rideterminazione della pena, già inflittagli con sentenza del Tribunale di Innsbruck del 19
luglio 2013, riconosciuta dalla medesima Corte di Appello con sentenza del 27 giugno 2014, in

della decisione si rilevava l’inapplicabilità al caso degli effetti della pronuncia di
incostituzionalità invocata a pena irrogata con sentenza dell’autorità giudiziaria estera per fatti
di reato commessi in territorio diverso da quello nazionale e puniti dalle norme di altro stato.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’interessato personalmente, il quale
ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in
riferimento alla violazione del principio di eguaglianza e di doppia punibilità e per inosservanza
di norme processuali stabilite a pena di nullità. Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione
ha offerto soluzione che non è giuridicamente condivisibile, in quanto con la sentenza di
riconoscimento del titolo di condanna era stato rilevato che le condotte giudicate all’estero
erano corrispondenti al delitto di traffico illecito di stupefacenti previsto dagli artt. 81 cpv. cod.
pen. e 73 D.P.R. nr. 309/90 e che la pena inflitta, pari a quattro anni di reclusione, di gravità
non maggiore rispetto alla sanzione imposta dall’ordinamento nazionale che è pari ad anni sei
di reclusione nel massimo per il delitto di traffico di stupefacenti del tipo cannabis; in tal modo
la Corte di Appello ha già parificato la fattispecie di reato prevista dal codice penale austriaco a
quella di cui all’art. 73 citato e ha ravvisato quale limite edittale quello stabilito dall’art. 73 nel
testo previgente la legge nr. 49/2006 dichiarata sul punto incostituzionale.
Inoltre, secondo quanto stabilito dagli artt. 730, 731 e 735 cod. proc. pen., il
riconoscimento della sentenza penale straniera postula che sia la Corte di Appello a
determinare la pena che deve essere eseguita nel territorio nazionale; pertanto, spetta alla
stessa Corte anche individuare la pena in precedenza irrogata quando la fattispecie sia stata
dichiarata illegale.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.
Aurelio Galasso, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso perché manifestamente
infondato.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha ritenuto di non poter accogliere l’istanza del ricorrente
perché proposta in riferimento alla pena di anni quattro di reclusione, inflittagli con sentenza
del Tribunale di Innsbruck del 19 luglio 2013, che lo aveva giudicato responsabile dei delitti

conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale nr. 32/14 del 25/2/2014. A fondamento

importazione e traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cannabis,
commessi tra il settembre 2012 ed il febbraio 2013 nel territorio austriaco e previsti come
reato alla stregua delle norme del codice penale vigente nella Repubblica dell’Austria.
Ha quindi riscontrato come il trattamento sanzionatorio fosse stato inflitto al ricorrente da
stato estero per reati commessi nel suo territorio e determinato in base a disciplina legale,
vigente nel paese che lo aveva giudicato e condannato, rimasta indifferente alla pronuncia di
incostituzionalità resa con la sentenza della Consulta nr. 32 del 2014.

presupposti fattuali del caso non sono in discussione, deve tenersi conto del fatto che la pena
in esecuzione nei confronti del ricorrente è stata determinata legalmente all’esito di giudizio
celebrato da autorità giudiziaria straniera alla stregua del regime sanzionatorio applicabile nel
territorio di quel paese estero senza che sia mai stato dedotto, né in sede di riconoscimento
della relativa sentenza di condanna, né con la domanda proposta al giudice dell’esecuzione,
che la punizione irrogata fosse illegale perché eccedente il limite quantitativo di pena, imposto
dalla legislazione dello stato che aveva giudicato il Mesraoui, oppure dallo stato italiano.
2.1 Né può ravvisarsi alcun profilo di illegalità della pena in espiazione in riferimento ai
limiti edittali attualmente vigenti nell’ordinamento italiano a seguito della sentenza nr. 32 del
2014 della Corte Costituzionale, la quale, com’è evidente, non si è occupata delle norme
incriminatrici e sanzionatorie dello Stato austriaco. Al riguardo va focalizzato attentamente il
contenuto della declaratoria d’incostituzionalità: con la sentenza nr. 32 del 2014 la Corte
Costituzionale ha ravvisato il contrasto con la Costituzione delle disposizioni di cui agli artt. 4ter e 4-vicies ter della legge nr. 49/2006, il che ha comportato il ripristino della vigenza
dell’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche apportate con le
norme di riscontrata incostituzionalità, perché mai abrogato dal legislatore, con effetti concreti
differenti sui casi giudiziari a seconda che i fatti criminosi rientranti nell’ambito di applicazione
di tale norma abbiano ad oggetto sostanze stupefacenti definite “leggere”, oppure “pesanti” .
Nel primo caso risulta irrogabile un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello
caducato, consistente nella pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.164
ad euro 77.468 in luogo della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 26.000 ad
euro 260.000, mentre nel caso delle “droghe pesanti” riprendono validità sanzioni più severe,
ossia la reclusione da otto a venti anni, anziché da sei a venti anni, e la multa da euro 25.822
ad euro 258.228.
2.2 Ebbene, diversamente da quanto sostenuto col ricorso, l’intervento del giudice
costituzionale con la pronuncia nr. 32 del 2014 non ha determinato l’abrogazione della
fattispecie di reato corrispondente a quella per la quale l’istante ha riportato condanna
irrevocabile, ma ha soltanto caducato norme incidenti sul trattamento sanzionatorio. Tanto si
deduce dalla sentenza stessa, nonché dalle precisazioni operate dalla Sezioni Unite di questa
Corte con la pronuncia n. 42858 del 29/5/2014, Gatto, rv. 260697, che ha tracciato le linee
ermeneutiche fondamentali per la comprensione della tematica devoluta dal ricorso.
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2. Nella decisione impugnata non è dato riscontrare i vizi denunciati. Premesso che i

In particolare, innestandosi su un percorso interpretativo già intrapreso da precedenti
decisioni (Sez. U., n. 18821 del 24/10/2013, Ercolano, rv. 258650; Sez. U., n. 4687 del
20/12/2005, Catanzaro, rv. 232610), si è affermato che in linea di principio la formazione del
giudicato non rappresenta un ostacolo insormontabile all’accoglimento di istanze avanzate in
sede esecutiva per adeguare il rapporto esecutivo ai mutamenti intervenuti nel titolo di
condanna e nella sanzione inflitta, in quanto, sebbene la pronuncia irrevocabile mantenga
nell’ordinamento processuale il suo valore a garanzia della certezza e della stabilità delle

perseguibile per lo stesso fatto illecito quando sia pronunciata condanna irrevocabile, ciò
nonostante non esplica efficacia assoluta e totalmente preclusiva in ragione della previsione
legislativa di plurimi strumenti che consentono al giudice dell’esecuzione di operare interventi
integrativi o modificativi delle statuizioni già divenute definitive, primo fra tutti la possibilità di
revoca della sentenza di condanna di cui all’art. 673 cod. proc. pen.. Ne discende che “tutti gli
effetti pregiudizievoli derivanti da una sentenza penale di condanna fondata, sia pure in parte,
sulla norma dichiarata incostituzionale devono essere rimossi dall’universo giuridico,
ovviamente nei limiti in cui ciò sia possibile, non potendo essere eliminati gli effetti irreversibili
perché già compiuti e del tutto consumati”.
2.3 Escluso dunque che nel caso di specie il giudice dell’esecuzione debba rideterminare
la pena perché “la fattispecie sia stata dichiarata illegale”, come preteso col ricorso, che sul
punto è minato da intrinseca contraddizione, in quanto l’eventuale depenalizzazione del fatto di
reato dovrebbe comportare la revoca della sentenza di condanna, non già la rirnodulazione
della pena che essa ha inflitto, mentre la condotta di traffico di stupefacenti era incriminata
nell’ordinamento penale italiano come delitto sia all’epoca di commissione dei fatti giudicati, sia
all’attualità, va aggiunto che il diverso limite edittale di pena vigente al momento non può
esplicare alcuna incidenza nel caso di specie nemmeno quale parametro di riferimento in base
al quale è stato operato il riconoscimento della sentenza di condanna straniera. Invero, in
conformità a quanto stabilito dalle norme di cui gli artt. 730 e ss. cod. proc. pen., all’atto del
riconoscimento la Corte di Appello di Torino ha già riscontrato, oltre al requisito della doppia
incriminazione, che la pena inflitta al Mesraoui non era eccedente il limite massimo previsto
per quei fatti dalla legge italiana, individuato all’esito della pronuncia d’incostituzionalità in anni
sei di reclusione, sicchè non sussiste alcuna possibilità legale per il giudice dell’esecuzione
nazionale di intervenire in senso modificativo con esiti di attenuazione della pena inflitta dal
titolo giudiziale straniero.
2.4 Del resto questa Corte ha già più volte affermato in riferimento alla fase esecutiva
che il riconoscimento della sentenza penale straniera produce nell’ordinamento italiano i soli
effetti indicati nell’art. 12 cod. pen., tra i quali non è compresa, nemmeno quale effetto penale
della condanna, la possibilità di rideterminare la pena “in melius” mediante l’unificazione del
reato giudicato con detta sentenza ed altri oggetto di pronuncia del giudice nazionale,
operazione che presuppone una valutazione di merito e, quindi, il riferimento a categorie di

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/12–

situazioni giuridiche, oggetto di accertamento giudiziale e della libertà individuale, non

diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno (Corte
Cost. n. 72 del 1997; sez. 1, nr. 19469 del 7/05/2008, Castellana, rv…..; sez. 1, n. 31422
dell’11/05/2006,Moffa, rv. 234790, sez. 1, n. 46323 del 4/11/2003, Colombani, rv. 226623).
Inoltre, si è già escluso che, poiché la disposizione dell’art. 12 cod. pen. è espressione
nell’ordinamento interno di regolamento patrizio internazionale, gravato dal principio di
specialità, per la sentenza straniera riconosciuta possa disporsi la riunione con vincolo di
continuazione con altri reati giudicati nel nostro ordinamento e comunque un intervento

estero.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al versamento di una somma alla Cassa delle
Ammende, che si reputa equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

decisorio che operi una non consentita riduzione unilaterale della pena inflitta dallo Stato

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