Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35944 del 16/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35944 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGBI ADEL N. IL 06/07/1978
avverso l’ordinanza n. 660/2014 TRIBUNALE di FIRENZE, del
23/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
tte/s.eatitoé le conclusioni del PG Dott.
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~-4,

Uditi dife or Avv.;

Data Udienza: 16/07/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 23 settembre 2014 il G.I.P. del Tribunale di Firenze,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, proposta da Adel Agbi, per la
rideterminazione della pena, già inflittagli con la sentenza del G.U.P. dello stesso Tribunale in
data 28 giugno 2011, irrevocabile il 28 gennaio 2013, in conseguenza della sentenza della
Corte Costituzionale nr. 32/14 del 25/2/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’interessato personalmente, il quale
ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale. Il
Giudice dell’esecuzione ha offerto soluzione che non è giuridicamente condivisibile, in quanto la
pena irrogata, considerata alla luce della normativa che ha ripreso vigenza dopo la sentenza
nr. 32/2014 della Corte Costituzionale, è iniqua e sproporzionata considerato che la condotta di
spaccio su strada era stata posta in essere da soggetto tossicodipendente, privo di riferimenti
sociali ed affettivi, di attività lavorativa, tutte circostanze apprezzate anche in sede di
cognizione col riconoscimento della fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73
D.P.R. nr. 309/90 e con l’omessa considerazione della recidiva, stante la sua natura
facoltativa.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.
Giulio Romano, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha ritenuto di non poter accogliere l’istanza del ricorrente
perché proposta in riferimento alla pena di anno uno di reclusione ed euro 6.000,00 di multa,
inflittagli con sentenza del G.U.P. del Tribunale di Firenze del 28 giugno 2011, irrevocabile il 28
gennaio 2013, che lo aveva giudicato responsabile del delitto di cui all’art. 73, comma 5, del
d.p.r. nr. 309/90 per avere ceduto a terzi modici quantitativi di sostanza stupefacente del tipo
eroina. Sulla scorta di tale premessa ha escluso che alla fattispecie esaminata fossero
applicabili i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di
rideterminazione in sede esecutiva della pena divenuta illegale in un momento successivo alla
sua inflizione, in quanto il trattamento sanzionatorio comminato all’Agbi è conforme ai
parametri edittali previsti dal quinto comma dell’art. 73 citato ed in sede di cognizione il fatto
non è stato punito con la pena minima edittale assoluta. Tale conclusione merita piena
condivisione.
2. Giova premettere che con la sentenza nr. 32 del 2014 la Corte Costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di cui agli artt. 4-ter e 4 vicies ter della
legge nr. 49/2006, il che ha comportato il ripristino della vigenza dell’art. 73 del D.P.R. n. 309
1

degli articoli 4-bis e 4-vicies ter D.L. nr. 272/2005 convertito nella legge nr. 49/2006.

del 1990 nel testo anteriore alle modifiche apportate con le norme di riscontrata
incostituzionalità, perché mai abrogato dal legislatore, con effetti concreti differenti sui casi
giudiziari a seconda che i fatti criminosi rientranti nell’ambito di applicazione di tale norma
abbiano ad oggetto sostanze stupefacenti definite “leggere”, oppure “pesanti” . Nel primo caso
risulta irrogabile un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello caducato, consistente
nella pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.164,00 ad euro 77.468 in
in luogo della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 26.000 ad euro 260.000,

reclusione da otto a venti anni, anziché da sei a venti anni e la multa da 25.822 ad euro
258.228. La Corte Costituzionale ha dunque avvertito l’esigenza di specificare come per le
posizioni dei singoli imputati competa al giudice ordinario, in quanto interprete delle leggi,
impedire che la dichiarazione di illegittimità costituzionale comporti effetti pregiudizievoli in
ossequio dei principi in materia di successione di leggi penali nel tempo stabiliti dall’art. 2 cod.
pen., compreso il vincolo di applicazione della norma penale più favorevole al reo.
2.1 Tanto premesso, va detto che la tematica della rideterminazione della pena in sede
esecutiva ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. non è conferente al caso di specie, in cui, non
soltanto non sì è verificata per effetto dell’intervento demolitore del giudice costituzionale con
la pronuncia nr. 32 del 2014 l’abrogazione della fattispecie di reato per la quale l’istante ha
riportato condanna irrevocabile, ma anche sotto il profilo sanzionatorio la disciplina punitiva
previgente rispetto la norma dichiarata incostituzionale non comporta l’irrogabilità astratta di
pena meno severa, ma di sanzione più rigorosa per il più elevato limite edittale minimo quanto
alla fattispecie di cui al primo comma dell’art. 73 d.p.r. 309/90 e pressoché immutata nel caso
di cui al quinto comma della stessa norma.
2.2 Né può trovare applicazione al caso di specie il nuovo regime sanzionatorio,
intervenuto nelle more del presente giudizio, introdotto:
a) dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 22 febbraio 2014,
n. 10, il cui art. 2, comma 1, lett. a) ha modificato il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5,
con un testo del seguente tenore: “Al decreto del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 sono apportate
le seguenti modificazioni: a) all’art. 73, il comma 5 è sostituito dal seguente comma: “5. Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente
articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque
anni e della multa da Euro 3.000 a Euro 26.000”;
b) quindi dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014,
n. 79, in vigore dal 21/5/2014, il cui art. 1, comma 24-ter, così testualmente dispone:
“Al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti
modificazioni: a) il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la
modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve
2

mentre nel caso delle “droghe pesanti” riprendono validità sanzioni più severe, ossia la

entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da Euro
1.032 a Euro 10.329″.
Vi osta il disposto dell’art. 2 cod. pen., comma quarto, che consente l’applicazione della
legge successiva più favorevole al reato “salvo che sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile”.
2.3 Non ricorrono dunque i presupposti per ritenere che quella irrogata al ricorrente nel
giudizio di cognizione costituisca pena divenuta illegale perché determinata secondo parametri

giuridico e che la stessa richieda un intervento correttivo del giudice dell’esecuzione che la
riconduca nell’ambito della cornice edittale più favorevole al reo.
2.4 Inoltre, nel caso di specie, come con puntualità rilevato nell’ordinanza in verifica, in
sede di cognizione al ricorrente è stata comminata una punizione motivatamente discostatasi
dal minimo edittale assoluto sulla scorta dell’apprezzamento discrezionale, ma giustificato,
delle circostanze dell’azione e delle caratteristiche soggettive dell’illecito, sanzione comunque
contenuta nella sua gravosità dall’omessa considerazione della recidiva, pur contestata. Tanto
è sufficiente per escludere che nel titolo di condanna fosse stato adottato quale parametro di
riferimento la soglia punitiva minima prevista dalla legge al comma quinto dell’art. 73 e che il
condannato possa invocarne una riduzione in sede esecutiva. Del resto il ricorso contiene il
riferimento a profili fattuali, legati alla tossicodipendenza ed alle sfavorevoli condizioni di vita
dell’Agbi per avvalorare la denuncia di sproporzione e di iniquità della pena irrogatagli: trattasi
però di deduzioni che, non soltanto non possono essere oggetto di considerazione nel giudizio
di legittimità, ma che sono state già oggetto di valutazione della appropriata sede di merito,
che ha condotto alla sua condanna e quindi coperte dal giudicato già formatosi e di cui è
preclusa la richiesta di più benevola considerazione mediante incidente di esecuzione.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di
colpa, insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al versamento di una somma alla
Cassa delle Ammende, da determinarsi in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

normativi dichiarati incostituzionali e quindi al momento attuale espunti dall’ordinamento

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