Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35943 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35943 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DENARO SALVATORE, N. IL 22.2.1958,
2) VAINO ROBERTO, N., L’11.6.1949,
avverso la sentenza n. 792/2011 pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli
1’11.12.2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Vincenzo Geraci, che ha chiesto il rigetto dei
ricorsi;
udito il difensore della parte civile, avv. Valerio De Maio, il quale ha chiesto il
rigetto dei ricorsi;
udito il difensore del Denaro, avv. Ranieri Roda, in sostituzione dell’avv. Biagio
Di Meglio ed il difensore del Vaino, avv. Raffaele Miele, i quali hanno chiesto
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la pronuncia indicata in epigrafe la Corte di Appello di Napoli, in
parziale riforma della sentenza emessa il 20 aprile 2010 dal Tribunale di Napoli,
sezione distaccata di Ischia, ha condannato Vaino Roberto alla pena di mesi sei
di reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei
danni subiti da Antonio Amalfitano, ed ha confermato la condanna già
pronunciata nei confronti di Denaro Salvatore, essendo stati riconosciuti
entrambi, nelle rispettive qualità di radiologo e di ortopedico presso l’ospedale di

I

Data Udienza: 07/03/2014

Lacco Ameno, responsabili del reato di lesioni personali colpose aggravate in
danno del menzionato Amalfitano. Secondo l’accertamento operato dei giudici di
merito la mattina del 5 ottobre 2006 Antonio Amalfitano, dopo esser caduto da
una scarpata nel corso di una escursione sul monte Epomeo, era riuscito a
raggiungere a piedi la propria abitazione e da qui era stato accompagnato dalla
moglie al Pronto soccorso dell’Ospedale Rizzoli di Ischia, dove il personale
medico di turno aveva effettuato una radiografia al cranio ed una ecografia
addominale, risultate negative, ed una visita ortopedica, dopo le quali il paziente

aveva fatto ritorno al Pronto soccorso, lamentando fortissimi dolori alla schiena,
nella zona lombare, dei quali aveva dato comunicazione ai medici, che per
alleviargli il dolore gli avevano subito prescritto degli antidolorifici. Denaro
Salvatore, intervenuto quale ortopedico di turno, aveva prescritto una TAC del
cranio e lombare e questa era stata eseguita dal radiologo Vaino Roberto. Dopo
gli esami l’Amalfitano era tornato a casa con la prescrizione fatta dal Denaro di
cinque giorni di riposo a letto. Tuttavia la mattina seguente l’infortunato si era
svegliato con fortissimi dolori alla schiena avvertendo una anomala paralisi degli
arti inferiori e, trasportato all’ospedale di Pozzuoli, egli veniva sottoposto ad una
nuova TAC e ad una risonanza magnetica, a seguito delle quali gli veniva
diagnosticata una paraplegia agli arti inferiori con frattura delle vertebre L1,
D12, C7, ed esteso ematoma extradurale spinale in soggetto affetto da spondilite
anchilosante. L’Amalfitano veniva quindi sottoposto ad intervento chirurgico,
all’esito del quale gli era residuata una paraplegia flaccida con perdita dell’uso
dell’organo della statica e della deambulazione nonché la perdita funzionale degli
arti inferiori.

2. Il punto di divergenza tra le sentenze di merito può essere colto nel
giudizio in ordine alla possibilità degli imputati di rendersi conto della lesione
vertebrale. Il Tribunale aveva ritenuto che non fosse stata raggiunta la certezza
in ordine al fatto che fin dalla TAC praticata dall’imputato Vaino vi fosse traccia
evidente della lesione della vertebra L1. Da qui l’assoluzione del Vaino, perché
non aveva trovato conferma l’accusa di non aver interpretato correttamente gli
esami strumentali effettuati, non rilevando la fattura della prima vertebra
lombare, pur visibile ai radiogrammi della TAC. Quanto al Denaro, il Tribunale gli
aveva rimproverato di non aver ordinato il ricovero del paziente pur a fronte dei
forti dolori alla schiena lamentati dall’Amalfitano, limitandosi a prescrivere cinque
giorni di riposo.
La Corte di Appello, per contro, ha convenuto con la prospettazione
difensiva secondo la quale i fotogrammi della TAC non erano adeguatamente

2

aveva rifiutato il ricovero e si era allontanato. Il giorno successivo l’Amalfitano

valutabili per effetto di numerosi artefatti dal movimento e per la scarsa visibilità
dei radiogrammi dovuta sia al comportamento non collaborativo dell’Amalfitano
che alle caratteristiche dell’apparecchiatura utilizzata; ma da ciò ha tratto motivo
per ascrivere al Vaino Roberto di essere stato negligente e superficiale nella
valutazione della TAC, che avrebbe dovuto indurre il medesimo, anche per la
presenza di una forte sintomatologia dolorosa, a ripetere l’esame immediatamente, previa somministrazione di un sedativo, oppure
successivamente, eventualmente previa somministrazione di un antidolorifico – o

attrezzata, senza rimandare il medesimo all’ortopedico con il mero corredo dei
risultati della TAC appena eseguita. Al Denaro, parallelamente, la Corte di
Appello ha ascritto di non aver prescritto il ricovero e la immobilizzazione
ospedaliera dell’Amalfitano per la stabilizzazione della colonna vertebrale, dal
momento che egli avrebbe dovuto sospettare la lesione a carico della colonna
vertebrale per il forte dolore lamentato dal paziente, essendosi invece limitato a
consigliare al medesimo un periodo di riposo.
Tali essendo le condotte attribuite agli imputati la Corte di appello ha
ritenuto sussistente il nesso eziologico fra le medesime e l’ematoma extradurale
midollare, reputando che la concomitanza temporale tra la caduta dell’Amalfitano
e le fratture vertebrali accertate desse la ragionevole certezza del fatto che
l’ematoma era stato conseguenza delle fratture e che il definitivo danno riportato
dall’Amalfitano era da ricondursi a quelle fratture perché esse non erano state
trattate nei modi previsti dalla scienza medica per evitare il prodursi di un danno
midollare irreversibile.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato Denaro Salvatore
a mezzo del difensore di fiducia, avv. Biagio Di Meglio.
Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 125,
192, e 546 comma 1 lett. e), cod. proc. pen., nonché difetto di motivazione.
Ad avviso dell’esponente i giudici dell’appello hanno obliterato del tutto di
prendere in esame le deposizioni dei testi e dei consulenti della difesa; in
particolare si fa riferimento alla testimonianza del Veneruso, il quale dichiarò che
il Denaro non si limitò a prescrivere all’Amalfitano cinque giorni di riposo ma
consigliò al paziente il ricovero per l’osservazione, tanto da far accompagnare il
medesimo in barella al Pronto soccorso per l’accettazione del ricovero. Sicché
sarebbe alla volontà di questi che va ricondotto il rifiuto del ricovero. Atteso che
dalla TAC non emergeva l’esistenza di linee di frattura, la prescrizione di cinque
giorni di riposo a letto risulta per l’esponente del tutto adeguata; si aggiunge che
l’Amalfitano non riferì di essere caduto da una scarpata e l’altezza dalla quale

a consigliare al paziente il ricovero in una struttura ospedaliera maggiormente

cadde, avendo questi dichiarato di essere scivolato uscendo da una macchina e
di aver battuto contro la stessa con la fronte ed il polso destro. Ricordando la
testimonianza di Caserta Massimo l’esponente sostiene che l’Amalfitano non
manifestava dolori ma soltanto un forte stato di nervosismo e di agitazione, che
sulla scorta della dichiarazione del consulente Durante Mangoni riconduce al
disturbo bipolare del quale era affetto l’Amalfitano. Rileva, ancora, che la colpa
del sanitario, per essere penalmente rilevante, deve essere grave mentre nel
caso che occupa, avendo il Denaro più volte consigliato il ricovero, non sussiste

Una seconda censura si indirizza alla ricostruzione del nesso eziologico
operata dalla Corte di appello. L’esponente sostiene che sulla scorta di talune
acquisizioni processuali non si può affermare con certezza che l’ematoma
extradurale midollare fosse stato causato dalle fratture vertebrali subite
dall’Amalfitano, il quale era afflitto da fenomeni degenerativi della colonna
vertebrale e segnatamente da una spondilite anchilosante ed artrosi, tanto che il
menzionato consulente Durante Mangoni formulò l’interrogativo che l’origine
dell’ematoma extradurale non fosse di natura traumatica. Non essendo stata
raggiunta la certezza processuale che gli ematomi erano stati causati dalle
fratture, ed anzi non risultando identificato con certezza il momento
patogenetico nel trauma della caduta, la condanna è erronea.
Una terza censura investe la totale omissione della motivazione in relazione
al punto 3 dei motivi di appello, attinente alla statuizione con la quale il Tribunale
aveva negato la concessione delle attenuanti generiche all’imputato per le gravi
conseguenze subite dalla parte civile; affermazione che era stata contrastata
rappresentando l’esistenza di positivi elementi di giudizio per la concessione delle
menzionate circostanze attenuanti. Al riguardo la Corte di Appello avrebbe
omesso qualsivoglia risposta.

3.1. Ricorre per cassazione a mezzo del difensore di fiducia Vaino Roberto il
quale lamenta in primo luogo la violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen. per
aver la Corte di appello modificato il contenuto dell’addebito mosso all’imputato;
mentre l’originaria contestazione fa riferimento all’omessa diagnosi della frattura
della prima vertebra, il giudice di secondo grado ascrive l’omessa ripetizione
della TAC o in alternativa l’omesso avvio del paziente ad una struttura
ospedaliera più attrezzata, sul presupposto della inidoneità dei fotogrammi della
TAC eseguita a consentire una compiuta valutazione dell’area investigata.
L’esponente si premura di segnalare che risulta concretamente leso il diritto di
difesa perché ove la contestazione fosse stata quella ritenuta nell’impugnata
sentenza sarebbe stata articolata una prova difensiva sulla circostanza

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alcuna colpa o quantomeno non sussiste colpa grave.

dell’impossibilità di sedare il paziente e di praticare l’esame in mancanza del
consenso dell’avente diritto; e più in generale si sarebbe potuta dare la
dimostrazione che il Vaino Roberto non intese sottrarsi ad un secondo tentativo
di effettuazione della TAC.
Sotto altro profilo il ricorrente rileva che non è stata raggiunta la certezza
processuale del nesso eziologico, posto che ad una frattura vertebrale non
corrisponde necessariamente un versamento midollare e che nel successivo
ricovero presso l’ospedale di Pozzuoli si verificarono altri danni midollari, in

operando il giudizio controfattuale non residuava certezza alcuna circa il fatto
che il versamento extradurale sarebbe stato scongiurato con l’immobilizzazione
del paziente. Inoltre, la Corte di Appello non ha esplicato la legge scientifica
sulla scorta della quale ha affermato che era stato l’ematoma midollare a
danneggiare il midollo spinale e non ha chiarito perché debba escludersi che la
causa del danno midollare non sia la frattura vertebrale; né indica la legge
scientifica in base alla quale giunge ad affermare che un adeguato intervento
conservativo o chirurgico avrebbe evitato l’evento dannoso. Infine, non ha
considerato la specifica difficoltà del problema tecnico-scientifico affrontato
dall’imputato, che si era trovato dinanzi un paziente con polimorfismo
sintomatologico che rendeva estremamente difficile la diagnosi di fratture
multiple della colonna vertebrale. Ha quindi richiamato la giurisprudenza di
questa Corte in tema di incidenza, quale criterio valutativo, della previsione
dell’art. 2236 c.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono fondati, nei termini di seguito precisati.

5. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse del Denaro è infondato.
Come correttamente rilevato dal P.G. requirente, la Corte di Appello non ha
pretermesso la valutazione delle dichiarazioni rese dal Veneruso, delle quali fa
menzione a pg. 15 e seguente; e tali dichiarazioni – che quanto all’interlocuzione
del Denaro con l’Amalfitano, riportavano che il medico aveva proposto il ricovero
in osservazione e che il paziente “scese giù senza più risalire” – sono state
all’inverso assunte a base della ricostruzione dello specifico segmento fattuale,
anche per la concordanza con quanto riferito dall’imputato medesimo.
Ricostruzione dalla quale la Corte distrettuale ha tratto motivo per rimproverare
al Denaro di essersi limitato a consigliare il ricovero piuttosto di imporlo:
“pertanto negligente e superficiale deve ritenersi sia stata la condotta del dr.
Denaro, ortopedico, nella misura in cui si è limitato a consigliare al paziente ma
non a prescrivere il ricovero in ospedale…” (pg. 16).

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assenza di fratture vertebrali e con il paziente immobilizzato a letto. Pertanto,

Le ulteriori censure che sostanziano il motivo in esame si concretano in una
diversa ricostruzione dei fatti, alla quale questa Corte non può accedere per
l’impossibilità di sovrapporre un proprio giudizio di merito a quello espresso nelle
sedi specificamente deputate all’accertamento dei fatti.

6.1. Anche il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Vairo
risulta infondato.
Nella giurisprudenza di legittimità è del tutto consolidata una interpretazione

pen.), per la quale questo non impone una conformità formale tra i termini in
comparazione ma implica la necessità che il diritto di difesa dell’imputato abbia
avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di
immutazione quegli interventi sull’addebito che gli attribuiscano contenuti in
ordine ai quali le parti – e in particolare l’imputato – non abbiano avuto modo di
dare vita al contraddittorio, anche solo dialettico. Sia pure a mero titolo di
esempio può citarsi la massima per la quale “ai fini della valutazione di
corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen.
deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte
le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno
formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di
esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della
decisione” (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013 – dep. 29/11/2013, Di Guglielmi e
altro, Rv. 257278).
Nella specifica materia dei reati colposi la concreta applicazione delle
indicazioni giurisprudenziali incorre in alcune peculiari difficoltà, derivanti dal
fatto che la condotta colposa – in specie omissiva e massimamente se
commissiva mediante omissione – può essere identificata solo attraverso la
integrazione del dato fattuale e di quello normativo, con un continuo trascorrere
dal primo al secondo e viceversa. Mentre nei reati dolosi – in specie commissivi la condotta tipica risulta identificabile per la sua corrispondenza alla descrizione
fattane dalla fattispecie incriminatrice (reati di pura condotta) o per la sua
valenza eziologica (reati di evento), nei reati omissivi impropri colposi la
condotta tipica può essere individuata solo a patto di identificare la norma dalla
quale scaturisce l’obbligo di facere e la regola cautelare che avrebbe dovuto
essere osservata. Quest’ultima, in particolare, può rinvenirsi in leggi, ordini e
discipline (colpa specifica), oppure in regole sociali generalmente osservate o
prodotte da giudizi di prevedibilità ed evitabilità (colpa generica).
Com’è evidente, l’una e l’altra operazione sono fortemente tributarie della
precisa identificazione del quadro fattuale determinatosi e nel quale si è trovato

teleologica del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 cod. proc.

inserito l’agente/omittente; tanto che una modifica anche marginale dello
scenario fattuale può importare lo stravolgimento del quadro nomologico da
considerare.
Di qui il ricorrente richiamo da parte della giurisprudenza di legittimità alla
necessità di tener conto della complessiva condotta addebitata come colposa e di
quanto è emerso dagli atti processuali; ove risulti corrispondenza tra tali termini,
al giudice è consentito di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi
di comportamento colposo o di specificazione della colpa, perché sostanzialmente

del 21/06/2013 – dep. 20/12/2013, Miniscalco e altro, Rv. 257902). L’accento
posto sul concreto svolgimento del giudizio marginalizza – nella ricerca di criteri
guida nella verifica del rispetto del principio di correlazione – un approccio
fondato sulla tipologia dell’intervento dispiegato dal giudice (ad esempio, quello
che si rifà alla presenza di una contestazione di colpa generica per affermare
l’ammissibilità di una dichiarazione di responsabilità a titolo di colpa specifica).
Si può aggiungere, in questa sede, che la centralità della proiezione
teleologica del principio in parola conduce a ritenere che, ai fini della verifica del
rispetto da parte del giudice del principio di correlazione tra l’accusa e la
sentenza, è decisivo che la ricostruzione fatta propria dal giudice sia
annoverabile tra le (solitamente) molteplici narrazioni emerse sul proscenio
processuale (ferma restando l’estraneità al tema in esame della qualificazione
giuridica del fatto). La principale implicazione di tale assunto è che, dando conto
del proprio giudizio con la motivazione, il giudice è chiamato ad esplicare i dati
processuali che manifestano la presenza della ‘narrazione’ prescelta tra quelle
con le quali si sono confrontate le parti, direttamente o indirettamente,
esplicitamente o implicitamente.
6.2. Come si è rammentato nella superiore parte motiva, nel caso che
occupa, mentre il giudice di prime cure aveva mandato assolto il Vaino
dall’accusa di non aver interpretato correttamente gli esami strumentali
effettuati, la Corte di Appello ha rimproverato al Vaino di essere stato negligente
e superficiale nella valutazione della TAC e di non aver ripetuto l’esame o
consigliato al paziente il ricovero in una struttura ospedaliera maggiormente
attrezzata. A ciò la Corte distrettuale è giunta sulla scorta di quanto introdotto
nel processo dal consulente della difesa dell’imputato dr. Siani, il quale aveva
posto in risalto la non perfetta visibilità della Tac eseguita dal Vaino e ascritto la
circostanza al comportamento tenuto dall’Amalfitano nel corso dell’esame
strumentale, alla vetustà dell’apparecchio utilizzato, alla natura osteoporotica ed
artrosica della colonna vertebrale dell’Amalfitano; aggiungendo che la frattura
della vertebra L1 era stata evidenziata dalla risonanza magnetica fatta

non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (ex multis, Sez. 4, n. 51516

successivamente presso l’ospedale di Pozzuoli, attrezzatura non disponibile
presso l’ospedale di Ischia (cfr. pg . 13).
Pertanto, che l’esame eseguito dal Vaino non permettesse di pervenire ad
una sufficiente cognizione delle cause all’origine della sintomatologia denunciata
dall’Amalfitano è circostanza sulla quale ha richiamato l’attenzione la stessa
difesa dell’imputato. La quale non ha inteso affrontare il tema delle implicazioni
sul piano dei comportamenti doverosi che ne derivavano per il Vaino. Si tratta di
una opzione tanto legittima quanto non preclusiva dell’esplicazione che ne ha

accadimenti rimasta estranea alla dialettica processuale ma si è limitata a trarne
le conseguenze sul piano degli adempimenti che ne derivavano in capo al Vaino.

7. All’inverso, risultano fondati i rilievi mossi dai ricorrenti a riguardo delle
affermazioni operate dalla Corte di Appello in tema di accertamento del nesso
causale tra le condotte ascritte agli imputati e l’evento illecito determinatosi. La
motivazione al riguardo risulta afflitta da un vizio radicale, che preclude
dall’esame delle censure relative a passaggi successivi dell’iter motivazionale.
L’accertamento del nesso causale operato dalla Corte di Appello assume a
base quanto ritenuto dal consulente del pubblico ministero, dr. Zangani. Va però
rilevato che la sentenza impugnata da un verso dissente apertamente dalla tesi
formulata dal consulente del pubblico ministero, quanto alla possibilità
(affermata dallo Zangani) di eseguire una corretta diagnosi sulla base della Tac
fatta dal Vaino, sì da ricostruire la responsabilità degli imputati sul presupposto
dell’inidoneità di quell’esame, come si è già ampiamente evidenziato. Dall’altro,
proprio su quella consulenza svolge il giudizio di sussistenza del nesso
eziologico; che infatti prende le mosse dall’affermazione che era stato l’ematoma
midollare a danneggiare irreversibilmente il midollo spinale, secondo quanto
ritenuto dal consulente tecnico del pubblico ministero (cfr. pg . 16). Giudizio sul
quale si è mosso criticamente tanto il ricorso del Vaino che quello del Denaro,
che contestano la tesi del nesso tra frattura vertebrale e versamento midollare.
La Corte di Appello, tuttavia, non si premura di esplicitare le ragioni per le
quali, nel caso di specie, è possibile marginalizzare e superare quanto affermato
dal consulente del pubblico ministero in merito alla valenza delle lastre della Tac
e tuttavia ritenere il medesimo attendibile in relazione alla tematica del nesso
eziologico. Infatti, il dissenso manifestato sul primo punto investe un elemento
centrale della consulenza di parte, in grado di porre in dubbio l’attendibilità
stessa di siffatto contributo tecnico; di talchè sarebbe stato necessario spiegare
le ragioni per le quali la ritenuta irricevibilità delle conclusioni concernenti l’un

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fatto la Corte di Appello, la quale non ha ‘creato’ una ricostruzione degli

tema risulta compatibile con l’accoglimento delle conclusioni del consulente
concernenti altri decisivi temi dell’accertamento processuale.
La sentenza impugnata incorre quindi in un manifesto vizio motivazionale,
che ne determina l’annullamento, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per
nuovo esame.

8. Gli ulteriori motivi dei ricorsi rimangono assorbiti.
P.Q.M.

nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/3/2014.

annulla la impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per

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