Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35942 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35942 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COLLECCHIA MARCO N. IL 11/02/1957
avverso la sentenza n. 2285/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V
che ha concluso per 1/42
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dito, per ljtecivi1e, l’Avv
Lydit i i ensor Avv.

4-

1

Data Udienza: 07/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Genova ha
confermato la condanna pronunciata dal Tribunale di Massa nei confronti di
Collecchia Marco, per essersi questi posto alla guida di un veicolo in stato di
ebbrezza alcolica.

2. In particolare, il giudice di secondo grado riteneva non fondato il motivo
di appello che asseriva l’inutilizzabilità dell’accertamento dello stato di ebbrezza

necessario dal fatto che esso era stato effettuato su richiesta degli operanti e
non a fini terapeutici.
La Corte di Appello ha rigettato la censura rilevando che dal verbale degli
accertamenti urgenti risultava il consenso del Collecchia, il quale non era in una
qualche situazione di incapacità e, stante le intemperanze dello stesso, il
prelievo assumeva la caratteristica di atto medico propedeutico ad una adeguata
terapia.

3. Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo dei difensori di fiducia e con
unico motivo deduce l’inutilizzabilità dell’accertamento costituito dall’esito degli
esami clinici eseguiti sull’imputato presso il pronto soccorso.
Rilevano infatti gli esponenti che sulla scorta delle dichiarazioni del teste
Pano è emerso che i prelievi furono effettuati in assenza del consenso
dell’imputato e non nell’ambito di protocollo medico di pronto soccorso ma sulla
scorta di una richiesta della p.g. avente quale scopo l’accertamento del reato.
La motivazione della Corte di Appello che pone a base quanto risulta dal
verbale di accertamenti tecnici urgenti è manifestamente illogica perché non
spiega la singolarità del comportamento del Collecchia che, pur non parlando come attestato dal verbale menzionato – e non connettendo avrebbe espresso
un valido consenso.
Si censura, ancora, la Corte di Appello per aver violato il principio devolutivo
laddove ha rigettato la richiesta di sostituzione della pena principale con quella
del lavoro di pubblica utilità per la ritenuta gravità del fatto mentre il primo
giudice aveva concesso le attenuanti generiche per la modesta entità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
4.1. L’impugnazione si muove sul crinale ove la evocazione dell’assenza di
un consenso tout court non rinnega l’ipotesi di un consenso prestato ma invalido
per le condizioni di alterazione psichica in cui versava l’imputato.

alcolica per essere mancante il consenso dell’imputato al prelievo, reso

Occorre quindi muovere dalla considerazione del fatto che non è controverso
che il verbale di accertamenti urgenti redatto dagli operanti in occasione del
controllo operato a riguardo del Collecchia attesta il consenso prestato
dall’imputato. Si tratta di circostanza che la mera negazione del ricorrente non
vale a confutare.
Quanto alla validità del consenso espresso dal Collecchia, va rammentato
che anche il grave stato di alterazione psico-fisica non determina
indefettibilmente una condizione di incapacità di intendere e di volere, sicchè la

motivazione resa sul punto dal giudice di seconde cure, consonante con quella
del Tribunale, risulta congrua e non manifestamente illogica, avendo evidenziato
quei comportamenti dell’imputato che manifestavano una persistente capacità di
intendere e di volere (richiesta dell’assistenza dell’amico Pitanti, spiegazione allo
stesso di quanto accaduto, affidamento al medesimo del veicolo e del denaro in
esso custodito).
La incensurabilità della decisione impugnata in merito al tema del consenso
al prelievo ematico rende priva di rilievo la trattazione del rilievo difensivo
concernente la legittimità dell’operato della P.G., che avrebbe fatto richiesta
dell’accertamento in assenza di esigenze terapeutiche.
In sostanza gli esponenti dubitano che l’imputato venne condotto presso il
pronto soccorso in quanto bisognevole di cure a causa del manifestato stato di
alterazione (le ‘intemperanze’ delle quali fa menzione la Corte di Appello), di
talchè la questione posta attiene al rapporto tra la richiesta avanzata dalla polizia
giudiziaria, avente ad oggetto l’accertamento del tasso alcolemico, e gli
accertamenti sanitari; ovvero se il fatto che sia stata fatta tale richiesta – e che
essa si ponga, secondo l’esponente, quale causa unica del prelievo – conduca ad
escludere l’applicabilità del principio secondo il quale i risultati del prelievo
ematico che sia stato effettuato, secondo i normali protocolli medici di pronto
soccorso, durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito
di un incidente stradale, sono utilizzabili per l’accertamento del reato
contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova
acquisiti attraverso la documentazione medica, e restando irrilevante, al fine
dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso (tra le molte, Cass. Sez.
4, sent. n. 1827 del 04/11/2009, Rv. 245997; Cass. Sez. 4, sent. n. 4118 del
09/12/2008, Rv. 242834).
Al riguardo appare comunque opportuno precisare che nella specie non si
versa nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 186 Cod. str., non risultando il
coinvolgimento del Collecchia in un incidente stradale.

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prova della esistenza di un così radicale effetto deve essere altrimenti data. La

Pertanto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la legittimità
dell’atto è condizionata dal consenso dell’interessato (Sez. 4, n. 26108 del
16/05/2012 – dep. 05/07/2012, Pesaresi, Rv. 253596, secondo la quale il
conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia finalizzato
esclusivamente all’accertamento della presenza di alcol nel sangue), non
rilevante – all’inverso – allorquando l’accertamento venga condotto su
conducente che, coinvolto in incidente stradale, sia sottoposto a cure e venga
eseguito nell’ambito di un protocollo sanitario (Sez. 4, n. 10286 del 04/11/2008

15/01/2010, Boraco, Rv. 245997; Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 – dep.
07/03/2013, Bazzotti, Rv. 254933).
Pertanto, il tema è stato trattato correttamente dalla Corte di Appello, la
quale ha richiamato l’attenzione sul valore assorbente del menzionato consenso,
oltre che sulla sopravvenuta necessità dell’esame a fini terapeutici, stante le
intemperanze del Collecchia.
4.2. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso. Invero, il principio
devolutivo risulta impropriamente evocato dall’esponente.
L’art. 597, co. 1 cod. proc. pen. stabilisce che l’appello attribuisce al giudice
di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della
decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
Si tratta, all’evidenza, di disposizione restrittiva del potere di cognizione
attribuito al giudice della fase del gravame, al quale è precluso l’esame di punti
della decisione di primo grado diversi da quelli oggetto di censura (cfr. Sez. U, n.
8 del 25/06/1997 – dep. 03/10/1997, Gibilras, Rv. 208313).
Nel caso che occupa, il punto relativo alla sostituzione della pena principale
con il lavoro di pubblica utilità è stato sottoposto al giudice dell’impugnazione dal
ricorrente medesimo; e pertanto non vi è alcun dubbio che la Corte di Appello
abbia portato la propria cognizione laddove l’impugnazione glielo consentiva, ed
anzi imponeva.
Altro è svolgere apprezzamenti di segno diverso da quelli condotti dal primo
giudice in ordine ad elementi che risultano rilevanti ai fini della decisione del
punto devoluto. E’ il caso della gravità del fatto, in ordine alla quale non può
ritenersi che la Corte di Appello abbia illegittimamente esteso la propria
cognizione, per di più ribaltando in peius il giudizio del Tribunale – per il quale la
modesta entità del fatto permetteva la concessione delle attenuanti generiche -;
infatti, il giudice di seconde cure non è intervenuto sul giudizio di sussistenza
della menzionata attenuante, ma ha piuttosto operato sotto un diverso profilo quello della sostituzione della pena -, non vagliato dal primo giudice, una
rinnovata valutazione della gravità del fatto.

4

– dep. 06/03/2009, Esposito, Rv. 242769; Sez. 4, n. 1827 del 04/11/2009 – dep.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/3/2014.

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