Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35936 del 28/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35936 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TARGA SECONDO N. IL 18/09/1962
avverso l’ordinanza n. 182/2014 TRIBUNALE di ROMA, del
17/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. A.,i.ree (<_,0 ' AajA44,0, ,,Q-k‘tvbi^-3 ,112. ytikreA70 Uditi difensor Avv.; oat )-(i Data Udienza: 28/05/2015 RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza resa in data 17 giugno 2014 il Tribunale di Roma, quale giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta da Targa Secondo e tesa alla rideterminazione della pena inflitta per reato di detenzione a fini di spaccio di droga leggera (pena-base di anni sei di reclusione ed euro 27.000,00, aumentata per la ritenuta recidiva ad anni otto ed euro 36.000,00, ridotta ad anni cinque e mesi quattro ed euro 24.000,00 per la scelta del rito abbreviato). giudicato - della nota decisione (n. 32 del 2014) con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della novellazione apportata con decreto legge n. 272 del 30.12.2005 (artt. 4 bis e 4 vicies ter ) convertito in - - legge n. 49 del 21 febbraio 2006, all'originario testo dell'art. 73 del dPr n.309 del 1990. Come è noto, tale intervento legislativo aveva determinato - in costanza di rilievo penale della detenzione a fini di spaccio - la sostanziale parificazione del trattamento sanzionatorio tra possesso di sostanze rientranti nelle tabelle II e IV previste dall'art. 14 dPR n.309/90 (regolamentato quoad poenam dall'originario art. 73 co.4) e sostanze iscritte nelle tabelle I e III (con trattamento sanzionatorio previsto nel comma 1 dell'art. 73). L'effetto della declaratoria di incostituzionalità della novellazione del 2006 è stato quello di riespandere la vigenza delle norme in tal sede abrogate, ripristinando la vigenza dei diversi livelli di risposta sanzionatoria in rapporto alla differente tipologìa di sostanze stupefacenti oggetto della condotta illecita (art. 73 co.4 del dPR n. 309 del 1990 relativo alle cd. droghe leggere). Il Giudice dell'esecuzione - nel caso in esame - ritiene che anche alla luce della riemersa cornice edittale la pena inflitta risulta conforme ai contenuti dell'art. 133 cod.pen. posto che la pena-base di anni sei (massimo edittale) si giustifica in rapporto all'elevato quantitativo della sostanza stupefacente rinvenuta (principio attivo per circa 5.000 dosi). Ciò consente di ritenere il fatto di rilevante portata offensiva. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Targa Secondocon personale sottoscrizione - deducendo vizio di motivazione in rapporto alla nuova commisurazione della pena, reputata eccessiva in rapporto al diverso quadro edittale applicabile in ragione della declaratoria di incostituzionalità. CONSIDERATO IN DIRITTO 2 Il provvedimento esamina le ricadute in sede esecutiva - rispetto alla tenuta del 1. Il ricorso è infondato e va - pertanto - rigettato per le ragioni che seguono. Sul tema del rapporto tra l'intangibilità del giudicato e le ricadute di decisioni della Corte Costituzionale incidenti sul mero trattamento sanzionatorio - oggetto di disputa teorica e di contrastanti orientamenti giurisprudenziali - sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 42858 del 29.5.2014 (dep. 14.10.2014) ric. Gatto. L'opzione interpetrativa seguita in detto arresto - cui si presta adesione - ritiene superabile, anche lì dove la declaratoria di illegittimità costituzionale riguardi una norma incidente sul trattamento sanzionatorio (e non anche abrogativa della rilevanza penale del fatto) il limite del giudicato. La motivazione di detta decisione si incentra - essenzialmente - sulla diversità ontologica di una pronunzia di incostituzionalità rispetto ad un 'ordinario' intervento legislativo basato, il secondo, sulla rivalutazione - in rapporto al decorso del tempo e a mutate sensibilità sociali, storiche o culturali - del contenuto di norme penali. La pronunzia di incostituzionalità - a differenza dell' ordinario intervento normativo - inficia, invece, sin dall'origine la disposizione impugnata e pertanto non è in alcun modo omologabile alla vicenda della successione di leggi nel tempo. P41 Si è ribadito pertanto che la norma costituzionalmene illegittima viene espunta dall'ordinamento giuridico perchè affetta da invalidità originaria e ciò impone e giustifica la proiezione «retroattiva» sugli effetti ancora in corso di rapporti giuridici pregressi della intervenuta pronuncia di incostituzionalità. Da ciò deriva che «tutti gli effetti pregiudizievoli derivanti da una sentenza penale di condanna fondata, sia pure in parte, sulla norma dichiarata incostituzionale devono essere rimossi dall'universo giuridico, ovviamente nei limiti in cui ciò sia possibile, non potendo essere eliminati gli effetti irreversibili perchè già compiuti e del tutto consumati». La norma regolatrice viene individuata, per l'appunto, nella previsione dell'art. 30 comma 4 legge n. 87 del 1953 (quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali ) il cui ambito applicativo non si limita ad imporre la retroattività delle decisioni aventi ad oggetto la rilevanza penale del fatto ma si estende al caso di declaratoria di incostituzionalità di norma penale diversa ed 'incidente' sulla determinazione della pena. Da qui la considerazione per cui la formazione del giudicato e il mancato inserimento nel corpo dell'art. 673 cod.proc.pen. del caso di declaratoria di incostituzionalità di norma penale incidente sul trattamento sanzionatorìo (essendo presa in esame la sola ipotesi di dichiarazione di incostituzionalità di 3 z norma incriminatrice) non rappresentano fattori ostativi alla estensione in sede esecutiva degli effetti di simili pronunzie. In particolare, le Sezioni Unite hanno così individuato il limite di rilevanza della pronunzia di incostituzionalità rispetto al giudicato :.. l'aspetto decisivo, che segna invece il limite non discutibile di impermeabilità e insensibilità del giudicato anche alla situazione di sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma applicata è costituito dalla non reversibilità degli effetti, giacchè il citato art. 30 impone di rimuovere tutti gli effetti pregiudizievoli nel caso di condannato che abbia già scontato la pena...; l'esecuzione della pena implica infatti l'esistenza di un rapporto esecutivo che nasce dal giudicato e si esaurisce soltanto con la consumazione o l'estinzione della pena. Sino a quando l'esecuzione della pena è in atto il rapporto esecutivo non può dirsi esaurito e gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente illegittima sono ancora perduranti e dunque possono e devono essere rimossi. Si tratta di una affermazione di indubbio rilievo sistematico e pratico, posto che viene imposta al giudice della esecuzione una verifica di «rilevanza» del decisum della Corte Costituzionale nel caso concreto, non potendosi intervenire sul titolo esecutivo lì dove l'effetto della norma dichiarata incostituzionale si sia in fatto esaurito per aver già dato luogo alla esecuzione della pena in modo integrale. Nel caso oggetto dell'intervento delle Sezioni Unite si trattava di valutare le ricadute della decisione n. 251 del 2012 C.Cost. attestante l'invalidità costituzionale del divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73 co.5 dPr 309/'90 sulla recidiva reiterata. Si è affermato che, in tal caso, lì dove il mancato esito del giudizio di comparazione nel senso della prevalenza sia dipeso dal divieto di legge rimosso (art. 69 co.4 cod.pen.) l'esecuzione della pena deve ritenersi illegittima sia sotto il profilo oggettivo, in quanto derivante dall'applicazione di una norma di diritto penale sostanziale dichiarata incostituzionale dopo la sentenza irrevocabile, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto, almeno per una parte, non potrà essere positivamente finalizzata alla rieducazione del condannato imposta dalla previsione dell'art. 27, comma 3, Cost. . Infatti, l'illegittimità della pena costituisce un ostacolo al perseguimento di tali obiettivi rieducativi, perché sarà avvertita come ingiusta da chi la sta subendo, per essere stata non già determinata dal giudice nell'esercizio dei suoi ordinari e legittimi poteri, ma imposta da un legislatore che ha violato la costituzione. A tutto questo occorreva aggiungere, secondo affermato nello stesso arresto giurisprudenziale, che "il diritto fondamentale alla libertà personale deve prevalere sul valore dell'intangibilità del giudicato, sicché devono essere rimossi 4 del giudicato non divenuti nel frattempo irreversibili perchè già consumati, come gli effetti ancora perduranti della violazione conseguente all'applicazione di tale norma incidente sulla determinazione della sanzione, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale dopo la sentenza irrevocabile". Quanto ai poteri del giudice dell'esecuzione, le Sezioni Unite hanno evidenziato due aspetti di particolare rilievo, che è bene riprendere : - il limite del «fatto accertato» nella pronunzia di cognizione non può essere superato, nel senso che - in rapporto al tema oggetto della decisione - il giudice della esecuzione potrà pervenire al giudizio di prevalenza della circostanza escluso nel giudizio di cognizione per ragioni di merito (indipendenti dalla esistenza, allora, del divieto di legge e valorizzate come tali) ; - il potere di verifica della legittimità del trattamento sanzionatorio va esteso agli ulteriori accadimenti medio tempore incidenti sulle norme applicate, all'epoca, dal giudice della cognizione (vi è riferimento espresso alle ricadute della decisione n. 32 del 2014 sui contenuti della legge n.49 del 2006, di conversione del d.l. n.272 del 2005) . Sulla scorta di questa ricostruzione sistematica, le Sezioni unite affermavano i seguenti principi di diritto: «successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione d'illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del giudice dell'esecuzione» ; « per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n.251 del 2012 .. il giudice dell'esecuzione potrà affermare la prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73 co.5 dPR n. 309 del 1990 semprechè una simile valutazione non sia stata esclusa nel merito dal giudice della cognizione, secondo quanto risulta dal testo della sentenza irrevocabile» . 2. Ora, alla luce di tali affermazioni, è evidente che - come già ritenuto da questa Corte anche in rapporto alla fase esecutiva (si vedano, tra le altre Sez. I n. 53019 del 4.12.2014 e Sez. I n. 2492 del 2015 ) - la pena inflitta in riferimento a delitti afferenti sostanze stupefacenti, nell'ipotesi di droghe cd. leggere, commessi durante la vigenza della normativa dichiarata incostituzionale (in rapporto alla parificazione del disvalore del fatto tra smercio di droghe pesanti e di droghe leggere) va rideterminata in sede esecutiva, lì dove ricorrano alcune condizioni. Il giudice dell'esecuzione, in particolare, è tenuto a compiere le seguenti valutazioni : 5 attenuante (prima inibito) sempre che lo stesso non sia stato precedentemente a) verifica dell'incidenza concreta della decisione irrevocabile, all'atto della domanda, sulla libertà personale per essere in effettiva esecuzione la pena derivante - anche in parte - da norma di diritto sostanziale dichiarata incostituzionale; b) in caso positivo, ricostruzione del contenuto della decisione irrevocabile nel senso della 'concreta incidenza' sul trattamento sanzionatorio determinato in sede di cognizione della specifica norma dichiarata incostituzionale e dunque rimossa dall'ordinamento con efficacia ex tunc ; della compiuta ricostruzione del fatto nonchè delle norme applicabili al momento della decisione in punto di commisurazione della sanzione. Tra dette ultime norme, peraltro, andranno considerate - in rapporto alla qualità delle sostanze stupefacenti - le stesse norme incriminatrici, interessate dalla pronunzia di illegittimità costituzionale (nel caso di specie la n. 32 del 12 febbraio 2014). Come è noto, con tale decisione è stata oggetto di declaratoria di incostituzionalità la novellazione apportata con decreto legge n. 272 del 30.12.2005 (artt. 4 bis e 4 vicies ter ) convertito in legge n. 49 del 21 febbraio - - 2006 all'originario testo dell'art. 73 del dPr n.309 del 1990. L'effetto della pronunzia di incostituzionalità è stato quello di «riespandere» per i fatti commessi dal 28 febbraio 2006 al 6 marzo 2014 la previgente disciplina incriminatrice e le correlate diverse sanzioni (fermo restando che per l'ipotesi di fatti di lieve entità il limite temporale finale va anticipato al 23 dicembre 2013, essendo il giorno seguente entrata in vigore diversa e autonoma disciplina normativa introdotta dal decreto legge n.146 del 2013). Lì dove, pertanto, il soggetto destinatario della esecuzione sia stato condannato per fatto rientrante in detto intervallo temporale è da ritenersi «esportabile» il contenuto delle affermazioni operate dalla decisione emessa dalle Sezioni Unite prima ricordate (come del resto evidenziato nella motivazione di tale sentenza) al caso della «abrogazione» del trattamento sanzionatorio vigente all'epoca della decisione perchè contrario a norme costituzionali. 2.1 Va ribadito, inoltre, che la comparazione tra le fasce edittali previste dalla normativa dichiarata incostituzionale e quelle previgenti (e riattivatesi per effetto della pronunzia di incostituzionalità) porta a ritenere in ogni caso «illegale» il trattamento sanzionatorio inflitto in ipotesi di condotta illecita concernente le droghe cd. 'leggere' (ossia le sostanze rientranti nelle tabelle II e IV allegate al dPR del 1990 ) posto che in relazione a tali sostanze l'intervento normativo dichiarato illegittimo aveva comportato (a differenza di quanto previsto per le altre sostanze) un massiccio incremento dei limiti edittali della sanzione 6 c) in caso positivo, rideterminazione del trattamento sanzionatorio tenendo conto detentiva : il minimo edittale della condotta ordinaria era stato innalzato da 2 a 6 anni, quello della condotta attenuata da sei mesi a 1 anno; il massimo edittale era stato innalzato da 6 a 20 anni nell'ipotesi ordinaria e da 4 a 6 anni per l'ipotesi attenuata. Ora, posto che l'operazione di cui agli artt. 132 e 133 cod.pen. - commisurazione della pena - è frutto di una scelta che il giudice della cognizione compie, con discrezionalità guidata, in un ambito legislativamente definito tra il minimo e il massimo edittale (circa la necessità di effettiva spiegazione dell'incidenza degli tra le molte, Sez. II 9.10.1992, rv 192645; Sez. VI n. 35346 del 12.6.2008, rv 241189) è evidente che il profondo mutamento di «cornice» derivante dalla declaratoria di incostituzionalità rende necessaria - sempre in ipotesi di condanna per 'droghe leggere' - una rivalutazione piena di tale aspetto, qui in sede esecutiva, che va compiuto tenendosi conto del «fatto» così come accertato in cognizione ma non anche dei termini matematici espressi da tale giudice (in rapporto alla scelta tra minimo e massimo edittale) in una condizione decisòria in realtà «alterata» dalla adozione di un criterio legislativo (legge del 2006) teso a «parificare» il disvalore di condotte tra loro diverse (in rapporto alla tipologìa di sostanze oggetto delle condotte). Con ciò si intende affermare che se da un lato risulta doverosa ed obbligatoria, alla luce di quanto sopra, la «rideterminazione» in sede esecutiva della pena inflitta in rapporto ad una squilibrata (e costituzionalmente illegittima) cornice edittale, dall'altro non può escludersi che - con valutazione in concreto e rispettosa del «fatto accertato» - il giudice dell'esecuzione possa rivalutarne la valenza in rapporto ai «nuovi» e profondamente diversi parametri edittali, ovviamente dando conto (ex artt. 132 e 133 cod.pen.) delle modalità di esercizio del potere commisurativo e tenendo conto dei principi generali del sistema sanzionatorio (tra cui quello per cui non può essere aumentata l'afflittività della pena stabilita nella sentenza di condanna). Circa tali specifici aspetti, peraltro, sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, confermando l'orientamento interpretativo qui sostenuto ( udienza del 26 febbraio 2015, ric. Jazouli, secondo i contenuti della informazione provvisoria già disponibile) e teso a ritenere obbligatoria la rivalutazione ai sensi degli artt. 132 e 133 cod.pen. . Va precisato, infine, che la decisione emessa dal giudice della esecuzione, in ipotesi di accoglimento dell'istanza e rideterminazione del trattamento sanzionatorio assume una valenza sostitutiva di un titolo esecutivo (la precedente decisione irrevocabile) solo in tale parte non più eseguibile, che andrà pertanto integrato, in punto di entità della pena, dalla decisione emessa in 7 2 indici di commisurazione, specie in ipotesi di superamento dei minimi edittali, sede esecutiva (peraltro anch'essa ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 666 co.6 cod.proc.pen.) secondo uno schema procedimentale non estraneo al procedimento di esecuzione (si pensi a quanto previsto e regolamentato dall'art. 671 cod.proc.pen., norma che - a diverso fine - consente la modifica in esecuzione dell'entità del trattamento sanzionatorio correlato a decisioni parimenti irrevocabili circa ran della responsabilità) . Non si tratta, pertanto, di una revoca in toto del precedente titolo ma di una sua parziale rinnovazione e integrazione per quanto concerne l'entità della pena, con 3. Nel caso in esame il giudice dell'esecuzione ha, sia pure con motivazione sintetica, ritenuto di adeguarsi alla quantificazione espressa in cognizione (penabase di anni sei di reclusione) utilizzando i parametri di cui all'art. 133 cod.pen. . La motivazione espressa nel provvedimento impugnato risulta pertanto immune da vizi, essendo stattvalorizzati, al fine di giustificare la scelta di un livello di risposta sanzionatoria pari al massimo edittale, specifiche circostanze di fatto ed in particolare l'elevata quantità della sostanza stupefacente. Trattasi di valutazione di merito che, in quanto Isdadeguatamente motivata, non è ulteriormente sindacabile nella presente sede di legittimità. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 28 maggio 2015 Il Consigliere estensore Il Presidente ogni conseguenza di legge.

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