Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35932 del 07/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 35932 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHIAVONE WALTER N. IL 23/08/1961
avverso l’ordinanza n. 7971/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
22/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
leéte/sentite le conclusioni del PG Dott. Cr. e-Q ‘ 1^2/1-1-t/V-

vk

Alvt

Uditi difensor Avv.;

infro

(\;.‘6,5m,o_

Data Udienza: 07/05/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 22.12 2014 il Tribunale del riesame di Napoli confermava l’ordinanza del
GIP del Tribunale di Napoli in data 1.10.2014 con la quale era stata disposta la custodia
cautelare in carcere nei confronti di SCHIAVONE WALTER in ordine al delitto di omicidio,
aggravato dalla premeditazione, in danno di Letizia Paolo Marco, commesso in data 19.9.1989,
delitto deciso, secondo il capo di imputazione, a seguito di riunioni tra Bidognetti Francesco,
Schiavone Francesco di Luigi e Schiavone Walter, ed eseguito prima sequestrando il predetto
ad opera di Russo Giuseppe, Cantiello Salvatore ed Alemanni Nicola, poi, la stessa sera,

avevano eseguito il sequestro.
Preliminarmente il Tribunale rilevava che il difensore dell’indagato era stato regolarmente
avvisato della camera di consiglio fissata per la trattazione della richiesta di riesame, mediante
avviso depositato in cancelleria, in quanto non risultava che il difensore avesse provveduto ad
istituire o comunicare un indirizzo di posta elettronica certificata.
Dell’omicidio del Letizia avevano parlato numerosi collaboratori di giustizia: Di Bona Franco,
Diana Alfonso, Bidognetti Domenico, Vargas Pasquale, D’Alessandro Cipriano, Diana Luigi e
Ferriero Giovanni.
Dei modi in cui era stato deciso il suddetto delitto, e del ruolo di Schiavone Walter, avevano
riferito i collaboratori di giustizia Di Bona Franco e Diana Luigi.
Il Tribunale riportava le parti degli interrogatori in data 15.10.2013 e 24.1.2014 in cui il Di
Bona aveva riferito sul ruolo di Schiavone Walter nell’omicidio de quo, nonché le parti degli
interrogatori in data 16.9.2005 e 28.11.2013 nelle quali Diana Luigi aveva narrato di quanto
era venuto a conoscenza a proposito del suddetto omicidio e della partecipazione di Schiavone
Walter alle riunioni in cui lo stesso era stato deciso.
Riteneva del tutto attendibili le dichiarazioni rese dai suddetti collaboratori di giustizia, in
quanto gli stessi avevano ammesso il loro coinvolgimento in numerosi episodi criminosi;
avevano fatto parte dell’organizzazione criminale in cui era maturata la decisione di uccidere il
Letizia, in quanto lo stesso si era avvicinato al gruppo contrapposto di Salzillo Antonio; le loro
dichiarazioni, oltre che spontanee, risultavano dettagliate, costanti e dotate di coerenza logica;
risultavano anche rese in modi del tutto indipendenti tra loro e non era stato neppure
adombrato un sospetto di reciproche influenze.
Le dichiarazioni del Di Bona e del Diana si riscontravano reciprocamente, poiché concordavano
su tutti i punti essenziali del loro racconto, avendo tra l’altro indicato gli stessi mandanti e gli
stessi esecutori materiali, anche se il Diana aveva parlato anche di altre persone che avevano
partecipato alle riunioni nelle quali era stata decisa l’eliminazione del Letizia.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, eccependo, con il primo
motivo, la nullità della camera di consiglio, e conseguentemente dell’ordinanza impugnata,
poiché egli non aveva ricevuto l’avviso della camera di consiglio. Come risultava dalla copiosa
1

uccidendolo ad opera di Bidognetti Francesco, Schiavone Francesco di Luigi e coloro che

documentazione allegata al ricorso, il difensore aveva istituito la casella di posta elettronica
prima dell’entrata in vigore del D.L. 179/2012, e non potevano essere imputati alla difesa
eventuali disguidi nella comunicazione o ritardi nell’aggiornamento da parte degli uffici
giudiziari.
Con il secondo motivo il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale per
erronea applicazione della legge penale e per vizio di motivazione.
Innanzi tutto ha criticato che il Tribunale avesse preso in considerazione solo le dichiarazioni

pur nominati nell’ordinanza, che però non avevano riferito del coinvolgimento del ricorrente
nell’omicidio de quo.
Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, vi erano significative divergenze nelle
dichiarazioni rese dal Diana e dal Di Bona, in quanto quest’ultimo non aveva parlato di riunioni
nelle quali era stato deciso l’omicidio del Letizia; vi erano contraddizioni anche tra gli
interrogatori resi dallo stesso Di Bona, avendo in un interrogatorio dichiarato che Bidognetti
Francesco e Schiavone Francesco avevano ordinato al Cantiello ed al Russo “di andare”, e solo
successivamente, nel tempo in cui il Di Bona e Schiavone Walter si erano trattenuti
nell’azienda di Schiavone Francesco, costui ed il Bidognetti avevano detto che i due erano
andati “a prendere” Letizia Paolo. Nel successivo interrogatorio, invece, il Di Bona aveva
dichiarato che, alla sua presenza, Schiavone Francesco aveva detto al Russo ed al Cantiello di
andare a prendere Letizia Paolo.
Il Tribunale, inoltre, non aveva spiegato la ragione per la quale il ricorrente, anche ammesso
che avesse partecipata a riunioni nelle quali si era parlato di uccidere il Letizia, avesse dato un
contributo morale alla commissione del delitto.
Peraltro, il collaboratore Bidognetti Domenico aveva dichiarato che, all’epoca, le decisioni sugli
omicidi venivano prese da Schiavone Francesco, detto Sandokan, da Bidognetti Francesco, da
De Falco Vincenzo e da Mario Iovine, senza quindi nominare Schiavone Walter.

CONSIDERATO IN DIRITTO

rese da Di Bona Franco e da Diana Luigi, ignorando quelle degli altri collaboratori di giustizia,

I motivi di ricorso sono infondati.
Con il primo motivo il ricorrente ha eccepito la nullità della notifica al difensore dell’avviso di
fissazione della camera di consiglio per la trattazione davanti al Tribunale della richiesta di
riesame dell’ordinanza cautelare sopra indicata.
Il Tribunale aveva respinto la suddetta eccezione, rilevando che il difensore aveva l’obbligo,
imposto dalla legge 221/2012, di istituire e comunicare un indirizzo di posta elettronica
certificata; non essendo stato reperito dalla Cancelleria del Tribunale negli elenchi accessibili
alle pubbliche amministrazioni detto indirizzo, l’avviso era stato regolarmente notificato al
difensore mediante deposito in cancelleria.
Osserva questa Corte che l’art.16 della suddetta legge prevede che le notificazioni a persona
diversa dall’imputato a norma degli artt.148/2-bis, 149, 150 e 151/2 cod. proc. pen. sono
2
1-

(L40

effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica risultante da
pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni e che le notificazioni ai
soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica
certificata, i quali non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono
eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.
Quindi, risulta evidente dal tenore della suddetta norma che, nel caso di specie, il difensore
dell’indagato aveva l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata e di

preposto alla registrazione dei suddetti indirizzi.
Il ricorrente ha dimostrato di avere istituito un indirizzo di posta elettronica certificata, ma non
ha provato di aver comunicato detto indirizzo agli uffici pubblici indicati dalla legge e dai
regolamenti, e pertanto, non essendovi prova che la Cancelleria del Tribunale di Napoli
avrebbe potuto conoscere l’indirizzo di posta elettronica certificata istituito dall’avv. Mauro
Valentino, correttamente il suddetto avviso è stato notificato mediante deposito in cancelleria.
Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato vizi della motivazione dell’ordinanza
impugnata che però, a giudizio di questa Corte, sono insussistenti.
Il Tribunale ha ritenuto che sussistessero gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Schiavone
Walter in ordine all’omicidio di Letizia Paolo Marco poiché, secondo quanto risultava dalle
attendibili e coincidenti dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Di Bona Franco e Diana
Luigi, l’indagato aveva partecipato alla decisione di uccidere il Letizia, in quanto lo stesso, dopo
essere stato vicino al gruppo camorristico di cui facevano parte, tra gli altri, Schiavone Walter
ed i suddetti collaboratori di giustizia, stava collaborando con il gruppo camorristico
contrapposto capeggiato da Salzillo Antonio.
Il ricorrente si è lamentato, innanzi tutto, per il fatto che il Tribunale non aveva preso in
considerazione le dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia che avevano fatto parte del
gruppo in cui era inserito Schiavone Walter, ma dal ricorso non risulta che altri collaboratori di
giustizia avrebbero reso dichiarazioni incompatibili con le accuse rivolte all’indagato dal Di
Bona e dal Diana.
Ha poi sostenuto che le dichiarazioni dei suddetti collaboratori non coinciderebbero in un punto
essenziale, in quanto il Di Bona non avrebbe parlato di riunioni nelle quali, con la
partecipazione di Schiavone Walter, era stata presa la decisione di uccidere il Letizia.
Di queste riunioni ha parlato sicuramente il Diana, il quale ha riferito negli interrogatori in data
16.9.2005 e 28.11.2013 (riportati nelle pagg. 9-11 dell’ordinanza impugnata) che l’omicidio
del Letizia era avvenuto su ordine (anche) di Schiavone Walter, a seguito di riunioni alle quali
lo stesso aveva partecipato con esponenti del gruppo camorristico che il Diana ha indicato.
Ma anche dalle dichiarazioni del Di Bona (riportate a pag.8 dell’ordinanza impugnata) si evince
che la decisione di uccidere il Letizia era stata presa in riunioni alle quali aveva partecipato
Schiavone Walter. Il Di Bona, infatti, ha riferito che, avendo accompagnato Schiavone Walter
nell’azienda di Schiavone Francesco, aveva assistito all’ordine dato da Bidognetti Francesco a
3

comunicare detto indirizzo, secondo la prevista normativa regolamentare, all’ufficio pubblico

Cantiello Salvatore e Russo Giuseppe di andare a prendere il Letizia; ha in seguito aggiunto
che nella stessa occasione aveva udito Francesco Schiavone e Walter Schiavone parlare del
comportamento del Letizia e della necessità “di procedere”, precisando che Schiavone Walter
risultava già a conoscenza di tutti i particolari della vicenda e della decisione di uccidere il
Letizia, decisione logicamente presa in precedenti riunioni.
La difesa denuncia anche contraddizioni nelle dichiarazioni rese dal Di Bona, che però – dal
riportato testo delle dichiarazioni del collaboratore – risultano essere solo precisazioni.
È evidente, secondo quanto dichiarato dai suddetti collaboratori, il contributo dato dall’indagato

deciso ed avendo condiviso la suddetta decisione, contribuendo quanto meno a rafforzare il
proposito criminoso degli altri esponenti del gruppo camorristico, che potevano contare
sull’indagato anche in relazione alla organizzazione ed esecuzione dell’omicidio del Letizia.
Non risulta rilevante che il collaboratore di giustizia Bidognetti Domenico ha dichiarato – per
quanto affermato dalla difesa – che all’epoca le decisioni di commettere omicidi venivano prese
nel gruppo camorristico da altri, poiché non risulta che Bidognetti Domenico abbia indicato i
partecipanti alla decisione di commettere l’omicidio de quo.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma in data 7 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

alla commissione dell’omicidio de quo, avendo partecipato alle riunioni in cui il delitto era stato

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA