Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35931 del 11/08/2014


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Penale Sent. Sez. F Num. 35931 Anno 2014
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Danilo Pivesso, nato a Pordenone il 14/12/1957
avverso la sentenza del 03/03/2014 della Corte d’appello di Trieste
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Luigi Giuseppe Locatello per la parte civile, che si è riportato alle
conclusioni scritte;
udito l’avv. Giancarlo Cescutti per il ricorrente, che si è riportato al ricorso
chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 03/03/2014, in parziale
riforma della pronuncia del Tribunale di Pordenone del 17/04/2013, ed in
accoglimento dell’appello del P.g., escluse le attenuanti generiche concesse in
primo grado nei confronti di Pivesso Danilo, di cui era stata affermata la penale
responsabilità per il reato di lesioni colpose, commesse in violazione di norme
antinfortunistiche, a lui attribuita quale delegato della sicurezza della società
Silenia spa, in cui si era verificato l’infortunio, ha rideterminato la pena a suo
carico in mesi tre di reclusione, sostituendola con quella della multa di C 3.420,
confermando nel resto la pronuncia.
2. La difesa di Pivesso ha proposto ricorso personalmente con il quale
deduce violazione di legge penale e sostanziale e vizio di motivazione.

I

Data Udienza: 11/08/2014

Si rileva in particolare che, a dispetto di quanto esposto nell’editto
accusatorio, confermato dalle due pronunce di condanna intervenute nel merito,
agli atti non sussiste alcuna prova che la lavoratrice abbia riportato a seguito
dell’infortunio una inabilità permanente pari al 10%, circostanza dimostrata dalla
mancata allegazione di elementi a riguardo, a cura dell’interessata, che nel corso
della sua audizione nulla aveva riferito in proposito, né aveva prodotto
certificazione sanitaria di conferma della circostanza.

corso della quale la lavoratrice ha affermato di non aver riportato postumi, oltre
che la mancata allegazione di circostanza diversa da parte dell’INAIL.
Sul punto la Corte territoriale ha assunto che l’interessato non aveva mai
contestato la circostanza, conclusione contrastata dalla presenza di uno specifico
motivo d’appello, oltre che dall’esigenza che la prova di responsabilità provenga
dall’accusa.
Anche la circostanza che la pretesa inabilità temporanea fosse stata
richiamata dal consulente della difesa non poteva far assurgere un eventuale
errore a elemento di prova indiscutibile, ove sussistano, come riferito, atti che
attestano il contrario, mentre le conclusioni prese sul punto dall’ingegnere erano
state desunte dalle annotazioni presenti negli atti del P.m., di cui aveva avuto
copia tramite il difensore, e non potevano condurre ad un difforme accertamento
sanitario, che non competeva a quel professionista.
In ragione di tale circostanza di fatto si ricostruiva l’accaduto come un
evento derivato da una disattenzione della lavoratrice nell’esecuzione della
manovra, escludendo quindi ogni profilo di colpa, e si contesta che le cautele che
il giudice di merito aveva ritenuto necessario aggiungere al macchinario, per le
modalità dell’azione lesiva, conseguente alla disattenzione della lavoratrice che
aveva lasciato la mano non impegnata sul bordo della chiusura, avrebbero
potuto limitare i danni prodotti.
Si contesta l’attribuibilità della responsabilità dell’accaduto all’odierno
ricorrente per la sua funzione di delegato alla sicurezza, in quanto attenendo la
pretesa omissione ad una deficitaria valutazione generale del rischio, la mancata
corretta determinazione doveva ascriversi al datore di lavoro.
Si lamenta inoltre l’eccessiva determinazione della pena, in correlazione
all’entità dei danni prodotti, e la determinazione della provvisionale, in favore
della parte lesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2

Cassazione sezione

ip,

rg. 27074/2014

In senso opposto depone una dichiarazione resa alla Polizia municipale, nel

2. Come è dato ricavare dalla narrativa l’intero ricorso è fondato sul
mancato accertamento del presupposto di fatto attinente all’insussistenza
dell’accertamento dell’inabilità permanente, pari al 10% della capacità totale,
che si assume residuata alla danneggiata.
Al di là della circostanza di fatto che tale ricostruzione non risulta
contestata nell’atto di appello, malgrado al giudice di merito competa il controllo
dell’istruttoria svolta sul punto, deve rilevarsi in diritto che il delitto contestato

sia verificata la contestata inabilità permanente, posto che è indubbio che
dall’incidente sia derivata una inabilità ad attendere le proprie occupazioni, pari a
giorni 135, che superano ampiamente la diagnosi che impone tale qualificazione
giuridica.
Le conseguenze contestate non hanno inciso neppure nella
determinazione della sanzione, su cui, in forza della pronuncia indicata, hanno
avuto rilievo la gravità oggettiva del fatto, inteso come entità della violazione
delle cautele obbligatorie, ed i comportamenti successivi tenuti dall’odierno
ricorrente.
3.

L’entità delle lesioni riportate non ha poi alcun attinenza con

l’individuazione del profilo di colpa, ricavato dalle dimensioni del coperchio
amovibile, la cui caduta ha provocato l’evento, dalla difficoltà di manovra dello
stesso, in assenza della maniglia, per la sua entità, per la postazione di lavoro,
oltre che per la struttura fisica della lavoratrice, che per la ridotta altezza, si
trovava a manovrare la macchina con difficoltà, oltre che per la mancata
indicazione di istruzioni specifiche per il funzionamento, all’atto della sua
adibizione a quella fase produttiva, circostanze tutte che emergono dalla
sentenza impugnata, che non sono state contestate in ricorso.
4.

Analogamente irrilevante, al fine di escludere la responsabilità del

ricorrente risulta il richiamo alla qualifica di responsabile della sicurezza, in
quanto proprio a tale figura professionale è demandato il controllo costante della
sicurezza della macchine, per effetto del miglioramento della tecnica, oltre che la
formulazione di osservazioni concrete sugli inconvenienti derivanti dalla loro
utilizzazione. Tale responsabilità potrebbe escludersi ove questi dimostri che, a
fronte di una corretta segnalazione dei problemi, il datore di lavoro si sia
astenuto dal provvedere, non potendosi imputare a tale figura professionale, ove
priva di autonomia di spesa, il mancato adempimento, laddove è indiscusso che
nella specie nessuna segnalazione sia intervenuta, circostanza che consente di
ascrivere alla diretta responsabilità dell’odierno ricorrente quanto verificatosi.

3

Cassazione sezione

p, rg. 27074/2014

permane nella sua qualificazione di lesioni colpose gravi, anche escludendo che si

5. Gli elementi di fatto esposti escludono la specificità del motivo sulla pena,
posto che il ricorso non evidenzia alcun dato concreto la cui considerazione
possa rendere non equa la sanzione determinata rispetto ai fatti accertati.
Inammissibile risulta inoltre il motivo proposto sulla quantificazione della
provvisionale, che, per la sua natura non definitiva, in quanto destinata ad
essere assorbita nella decisione che quantifica il risarcimento, non può formare
oggetto del ricorso in sede di legittimità (Sez. 2, n. 36536 del 20/06/2003 – dep.

6. All’accertamento di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo in favore della Cassa delle ammende, ritenuta equa, in applicazione
dell’art. 616 cod. proc. pen.
Il ricorrente è tenuto inoltre alla rifusione del spese di rappresentanza in
questo grado della parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende, nonché alla rifusione in favore della parte civile, Adriana Maria
Tedesco, delle spese di questo grado, liquidate in complessivi euro 3.000, oltre
accessori di legge.
Così deciso il 11/08/2014

23/09/2003, Lucarelli e altri, Rv. 226454).

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