Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35929 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35929 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

vista la richiesta di rimessione proposta da:
ESPENHAHN HARALD N. IL 09/05/1966
PRIEGNITZ GERALD N. IL 13/04/1966
PUCCI MARCO N. IL 12/05/1958
SALERNO RAFFAELE N. IL 17/07/1954
CAFUERI COSIMO N. IL 05/08/1956
avverso l’ordinanza n. 20/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
TORINO, del 26/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
leli/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensoriAvv.tz RctwA uz.chk-:
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Data Udienza: 28/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. In data 11.2.2015, ESPENHAHN Harald, PRIEGNITZ Gerald e PUCCI Marco,
imputati nel procedimento penale n. 20/14 R.G. e con riferimento al giudizio di rinvio da
celebrarsi il giorno 26.2.2015 davanti alla Corte di Assise di Appello di Torino, depositavano,
con numerosi allegati, istanza di rimessione del processo ad altro Giudice, designato ai sensi

Premettevano gli istanti che il procedimento a loro carico, sin dai primi momenti,
aveva suscitato intensa commozione e grande clamore, anche mediatico, ed era stato
celebrato in un clima di straordinaria pressione ed emotività che sollecitava, da più ambiti
(opinionisti, mondo politico-istituzionale, sindacale ed ecclesiastico), sanzioni esemplari.
Nel ripercorrere la cronologia del processo, veniva, tra l’altro, ricordato:
– che, in occasione di ogni udienza del giudizio di primo grado, di fronte al Palazzo di
Giustizia si erano svolte manifestazioni con esposizione di striscioni e bandiere reclamanti
condanne severe e distribuzione di volantini dal contenuto diffamatorio e intimidatorio nei
confronti degli imputati e dei loro difensori;
– che, nel corso del dibattimento, il Presidente era dovuto ripetutamente intervenire
per richiamare il pubblico presente a comportamenti consoni a un’aula di giustizia per far
cessare le frequenti interruzioni e intemperanze;
– che gli imputati, proprio al fine di evitare un ulteriore surriscaldamento del clima,
avevano presenziato unicamente alle udienze dedicate ai loro interrogatori;
– che la sentenza di condanna di primo grado fu accolta in un clima caotico, con un
entusiasmo che contagiò il foltissimo pubblico presente in aula;
– che anche il giudizio di appello si era svolto in un clima di sproporzionata tensione,
concludendosi con una inconsueta, violenta contestazione al momento della lettura del
dispositivo di sentenza, con il quale il Collegio giudicante aveva riqualificato i fatti
originariamente contestati e ridotto le pene agli imputati;
– che, per lo scompiglio scatenatosi in aula, i Giudici e gli avvocati difensori erano
stato scortati fuori dall’aula dalle Forze di Polizia, attraverso un’uscita secondaria;
– che anche il giudizio di cassazione aveva suscitato commenti e polemiche;
– che, in attesa del giudizio di rinvio, finalizzato alla rideterminazione delle pene, i
contestatori avevano indirizzato ai difensori degli imputati lettere anonime dal contenuto
intimidatorio, mentre proseguiva la campagna di stampa “giustizialista” e incalzavano le
aspettative di condanne severe.
Ciò premesso in fatto, gli istanti illustravano brevemente la fisionomia dell’istituto
della rimessione, evidenziando la natura eccezionale dell’istituto e la conseguente

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dell’art. 11 c.p.p..

interpretazione restrittiva delle relative norme, nonché focalizzando il significato del
pregiudizio della libera determinazione dei giudici e del legittimo sospetto e, infine,
sottolineando la crucialità del tema della “grave situazione locale”, determinante la necessità
del trasferimento del processo, come chiarito dalla giurisprudenza.
Si attagliava ai parametri normativi e giurisprudenziali enunciati il caso dì specie,
caratterizzato dall’esistenza di un’attuale grave situazione locale di turbativa allo

ampiamente l’accoglimento della richiesta di rinnessione del processo.
Tale situazione era indotta da un’astiosa e prolungata campagna di stampa,
accompagnata dalla pretesa di condanna esemplari da parte dei familiari delle vittime, che
travalicava i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica: la proposizione di
versioni distorte, tendenziose, dilatate e scandalistiche mirava a tenere in continuo allarme
l’opinione pubblica, a ingenerare un clima di tensione e di prevenzione e ad influire
sull’animo dei Giudici, in particolare dei Giudici popolari.
Pur essendo comprensibile che importanti casi giudiziari stimolino l’attenzione
mediatica, tuttavia, l’ossessiva e sproporzionata tensione che connotava la vicenda in esame
aveva, oggi, superato ogni limite consentito, determinando nella realtà locale torinese, un
risultato così grave da trasformare un tragico fatto processuale in una spasmodica e
contagiosa aspettativa di condanne esemplari.
Tale obiettiva grave situazione locale non era altrimenti eliminabile se non con il
trasferimento del processo ad altra sede.
Istanze sostanzialmente sovrapponibili presentavano SALERNO Raffaele e CAFUERI
Cosimo.
Ha depositato memoria datata 23.2.2015 la parte civile MEDICINA DEMOCRATICAMovimento di Lotta per la Salute 0.N.L.U.S..
Lo scritto, dopo aver rilevato che nessun motivo di pressione poteva ormai
riconnettersi alla gravità delle imputazioni elevate, alla luce della intervenuta soluzione della
questione giuridica sottesa alle imputazioni stesse, focalizza l’attenzione sulla linea restrittiva
adottata dalla giurisprudenza nel negare la rilevanza delle campagne di stampa ai fini della
rimessione del processo stante il valore costituzionale della libertà di manifestazione del
pensiero, inidonea in linea di principio a dar luogo a fattori patologici rispetto all’imparziale
esercizio della giurisdizione.
Sottolinea la parte civile, richiamando pertinenti arresti giurisprudenziali, che, ai fini
della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 45 c.p.p., la libera espressione del pensiero a
proposito di vicende socialmente rilevanti, costituisce dato ineliminabile nell’assetto

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svolgimento del processo, situazione che, per la sua abnormità e consistenza, legittimava

democratico della società, per cui da essa, quando non trasmodi in attacchi diretti e insistiti,
non possono sorgere pericoli effettivi per la capacità di determinazione del giudice.
Si nega, in memoria, il presupposto della “grave situazione locale”, osservandosi che,
aderendo alla logica proposta dagli imputati, ogniqualvolta ci si trovi dinanzi a gravi tragedie
umane che investono una collettività determinata – nella specie, la morte di sette operai
presso lo stabilimento Thyssenkrupp, di notevole rilevanza per la specifica attività industriale

giudice naturale in quel contesto di processi concernenti fatti e persone che abbiano
attinenza con quell’attività: conclusione aberrante, che condurrebbe ad uno stravolgimento
della legge processuale predeterminata nonché dei principi costituzionalmente garantiti.
Contestato il carattere di attualità della grave situazione locale ravvisato dagli
imputati nelle potenzialità lato sensu inibitorie o risolutrici del processo penale, caricato dal
tessuto sociale di aspettative repressive e, quindi, di un valore simbolico, il difensore di
parte civile deduce che la presente vicenda, per la stessa rilevanza attribuitale a livello
nazionale, anche dagli organi di informazione, ben può essere assimilata a quella relativa al
noto processo “Ilva di Taranto”, il che giustifica l’estensione al caso torinese del principio
affermato per l’analoga vicenda dalla Corte di legittimità nella recente decisione (Sez. 1, n.
52976 del 19.12.2014), secondo il quale la dimensione nazionale delle campagne di stampa
e di televisione riservate alla vicenda processuale incide su uno dei fondamentali presupposti
dell’istituto della rimessione, ossia la gravità della situazione locale, essendo indubbio che lo
spazio attribuito anche dagli organi di informazione e dalle radiotelevisioni locali alle notizie
sul processo costituisce il riflesso della più generale rilevanza attribuita a livello nazionale.
Va, dunque, condivisa la conclusione cui è approdata la Suprema Corte, nel senso che anche
l’ipotetico spostamento del processo in altra sede non eliminerebbe l’eccezionale clamore
mediatico nazionale né l’interesse dell’opinione pubblica da esso alimentato, sicché ogni
ufficio giudiziario verrebbe a trovarsi in una situazione di potenziale condizionamento.
Con memoria depositata il 10.4.2015 il difensore degli imputati ESPENHAHN,
PRIEGNITZ e PUCCI ribadisce l’attuale persistenza di una grave situazione locale,
segnalando che il 26.2.2015, in occasione della prima udienza del giudizio di rinvio, sono
stati distribuiti, di fronte al Palazzo di Giustizia, dei volantini, in cui, paventando il rischio di
una “revisione al ribasso delle pene” e del “sopraggiungere della prescrizione”, si indicava
quale unico rimedio alle “farse dei tribunali borghesi” la “giustizia proletaria” con il “fucile in
spalla agli operai”.
Analogo slogan campeggiava su uno striscione affisso dinanzi al Palazzo di Giustizia.
Lo stesso episodio viene evidenziato nella memoria sottoscritta dai difensori del
CAFUERI.

nel territorio – sarebbe precluso o addirittura impossibile un sereno svolgimento davanti al

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le richieste vanno dichiarate inammissibili per le ragioni che seguono.
2. Nel dettare le regole sulla competenza, il legislatore tiene conto, in via prioritaria,
dei principi costituzionali in tema di naturalità, precostituzione legale e imparzialità del

In tale cornice, la rimessione è un istituto volto a correggere o ad eliminare situazioni
processuali patologiche (“gravi motivi di ordine pubblico” e, soprattutto, “legittimo
sospetto”) che riguardano non già il singolo giudice persona fisica, ma l’ufficio giudiziario nel
suo complesso e impongono, proprio a tutela dell’imparzialità del giudice, uno spostamento
del processo allorquando si delineino peculiari situazioni perturbative del fisiologico rapporto
tra l’ufficio medesimo e l’ambiente circostante.
Il trasferimento del processo dalla sua sede naturale, sia pure come extrema ratio,
deve essere disposto quando il clima esterno è idoneo ad incidere sul sereno svolgimento del
processo, ponendo a rischio la correttezza della decisione.
Nella rimessione vengono, quindi, in gioco due principi: quello d’imparzialità del
giudice e quello del giudice naturale.
L’imparzialità, garantita attraverso la soggezione del giudice soltanto alla legge, è un
principio informatore del sistema, una qualifica connaturata all’essere giudice.
La legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, nel novellare l’art. 111 Cost., ha
riaffermato il valore irrinunciabile della terzietà e imparzialità del giudice – intesa come
neutralità rispetto al risultato – quale precondizione di un giusto processo, in assenza della
quale tutte le altre regole e garanzie processuali perderebbero di concreto significato (Corte
Cost. sentenza 1° ottobre 1997, n. 306).
Nella rimessione, tra il principio d’imparzialità e quello di naturalità del giudice
prevale il primo, pur essendo incontestabile che il principio . del giudice naturale impone la
tassatività e la determinatezza delle ipotesi di rimessione per evitare ogni
manipolazione – attraverso il mutamento del giudice – sull’esito del processo.
Si può, quindi, affermare che l’istituto della rimessione implica
una deroga alla competenza territoriale, imposta dalla necessità di garantire un sereno
svolgimento del processo, costituente, a sua volta, la precondizione per assicurare, almeno
in astratto, l’affidabilità del suo esito.
3. Così inquadrato, l’istituto della rimessione ha natura eccezionale, attesa la sua
natura derogatoria rispetto al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per
legge, a sua volta finalizzato ad assicurare non solo la prevedibilità del giudice, ma anche la

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giudice (artt. 25, comma 1, e 111 Cost.).

non nnanipolabilità a posteriori della competenza (Sez. 1^, n. 1952 del 10 marzo 1997; Sez.
1^, n. 4462 del 20 settembre 1995; Sez. 1″, n. 740 del 7 febbraio 1995).
L’eccezionalità si coglie tenendo conto del fatto che, in tanto con la rimessione si
deroga alla competenza territoriale e, quindi, al principio del giudice naturale precostituito
per legge, in quanto vi siano motivi (“gravi motivi di ordine pubblico, o “gravi situazioni
locali”) per sospettare il giudice di non essere imparziale: la non imparzialità (o il sospetto

La natura eccezionale dell’istituto della rimessione è stata, altresì, messa in luce,
anche nella vigenza del codice di rito abrogato, dalla giurisprudenza e dalla dottrina sotto un
altro profilo, laddove è stato evidenziato che il giudice non imparziale o sospetto di non
esserlo non è il giudice (o non è soltanto il giudice) del processo, ma è, per definizione,
l’organo giudicante nel suo complesso e che i fattori inquinanti l’imparzialità debbono
riverberarsi sull’intero ufficio giudiziario astrattamente considerato, non su singoli magistrati
o su un singolo organo in cui si articoli l’ufficio giudiziario stesso (Sez. U., n. 13687 del 28
gennaio 2003, n. 13687; Sez. 1″, n. 1125 del 23 febbraio 1998; Sez. 1^, n. 5682 del 13
ottobre 1997; Sez. 1^, n. 1952 del 10 marzo 1997; Sez. 1^, n. 848 del 25 febbraio 1993).
Dal carattere eccezionale dell’istituto discende, come indefettibile corollario,
l’interpretazione restrittiva delle norme che lo disciplinano e ciò proprio perché le stesse
incidono in maniera significativa sulle regole attributive della competenza inerenti alla
precostituzione del giudice naturale (art. 25 Cost.).
L’evidente portata derogatoria assunta dall’istituto della rimessione di fronte al
principio enunciato nell’art. 25, comma 1, Cost., postula, quindi, un approccio esegetico
rigoroso, che impone di considerare tassative – e, dunque, soggette ad un criterio di stretta
interpretazione – le fattispecie legittimanti il trasferimento del processo.
4. Nell’attuale versione normativa, la “gravità della situazione locale” rappresenta
l’imprescindibile requisito condizionante l’intero meccanismo derogatorio ai criteri di
competenza territoriale che acquisisce valore prioritario, lasciando fuori ciò che è avvenuto
nell’ambito del processo.
Per “grave situazione locale” che può determinare la rimessione deve
intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale e riguardante l’ambiente
territoriale nel quale il processo si svolge, connotato da tale abnormità e consistenza da
dover essere ritenuto idoneo ad incidere in modo oggettivo e rilevante sulla serenità
funzionale del giudice e destinato a costituire un concreto pericolo (Sez. U., n. 13687 del 28
gennaio 2003) per la imparzialità del giudice – inteso come l’ufficio giudiziario della sede in
cui si svolge il processo di merito – e fonte di possibile pregiudizio alla libertà delle persone

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della non imparzialità) del giudice non può che essere eccezionale.

che partecipano al processo, sicché il turbamento non possa essere “altrimenti eliminabile”
che tramite un provvedimento radicale, quale il trasferimento del processo.
In tal senso, i comportamenti del giudice ed i provvedimenti da questo assunti
rilevano solo in quanto dipendano dalla situazione esterna ed assumano valore sintomatico
di una mancanza di imparzialità dell’intero ufficio giudiziario.
L’art. 45 c.p.p., così come modificato dalla L. 7 novembre 2002, n. 248, art. 1,

determinazione delle persone che partecipano al processo; pregiudizio per la sicurezza o
l’incolumità pubblica; motivi di legittimo sospetto.
Il pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo
consiste nel condizionamento che queste persone subiscono, in quanto soggetti passivi di
vera e propria coartazione fisica o psichica che incide sulla loro libertà morale, imponendo
una determinata scelta, quella della parzialità o della non serenità, precludendone altre di
segno contrario.
Il legittimo sospetto è, invece, costituito dal ragionevole dubbio che la gravità di
un’obiettiva situazione locale giustifichi la rappresentazione di un concreto pericolo di non
imparzialità del giudice – inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il
processo di merito – e possa portare quest’ultimo a non essere, comunque, imparziale o
sereno, dovendosi intendere (come già in precedenza chiarito) per imparzialità la neutralità
del giudice rispetto all’esito del processo.
Va ulteriormente precisato che connotato del sospetto deve essere la “legittimità”,
così da ancorarne la ricorrenza solo in presenza di dati obiettivi e concreti che consentano di
asserire il venir meno della imparzialità del giudice che, con la sua naturalità, assicura il
“giudice giusto”: i motivi di legittimo sospetto sono, pertanto, configurabili quando si è in
presenza di una grave ed oggettiva situazione locale, idonea a giustificare la
rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice, inteso questo come
l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito.
La nozione di “legittimo sospetto” è, quindi, più ampia rispetto alla formula “libertà di
determinazione delle persone che partecipano al processo”, in quanto pone l’accento
sull’effetto, cioè sul pericolo concreto che possano essere pregiudicate la imparzialità o la
serenità, e non richiede che quell’effetto sia conseguenza della impossibilità per il giudice di
essere imparziale per essere stato coartato fisicamente o psichicamente.
Oggetto di tutela non è un’imparzialità imposta da un prestigio meramente “formale”
riferito alla magistratura, occorrendo, al contrario, assicurare un’imparzialità sostanziale che
può essere messa in pericolo, quando la pressione dell’ambiente sui giudici appare, ad un
osservatore esterno, idonea a comprometterne la serenità della decisione.

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attribuisce rilievo alle situazioni locali sotto tre profili alternativi; pregiudizio per la libera

Mere patologie interne al processo, ove non iscritte in un quadro ambientale
connotato dalla presenza di una grave situazione locale autonomamente accertata, non
possono legittimare l’eccezionale rimedio della rimessione del processo.
5. Valutata alla stregua dei principi e dei criteri di rigorosa interpretazione esegetica
sinora illustrati, la richiesta di rimessione è manifestamente fondata.

richiedenti ancorano, pressoché esclusivamente, ad una “astiosa e prolungata campagna di
stampa”, accompagnata dalla pretesa dì condanne esemplari da parte dei familiari delle
vittime e di vari settori dell’opinione pubblica, capaci di ingenerare un clima di tensione e di
prevenzione atto ad influire sull’animo dei giudici.
5.1.1. Quanto al primo profilo, è indiscutibile che l’eccezionale rilevanza mediatica
attribuita alla vicenda della morte sul lavoro di alcuni operai della “Thyssenkrupp” abbia
assunto un rilievo nazionale.
Siffatta dimensione delle campagne di stampa e televisive riservate alla vicenda
processuale incide su uno dei fondamentali presupposti dell’istituto della rimessione, ossia la
“gravità della situazione locale”, nel senso che lo spazio attribuito anche dagli organi di
informazione e dalle radiotelevisioni locali alle notizie sul processo non costituisce altro che il
riflesso della più generale rilevanza ad esso attribuita a livello nazionale.
Se così è, ed è indubbio che lo sia, anche l’ipotetico spostamento del processo in altre
parti del territorio nazionale non eliminerebbe l’eccezionale clamore mediatico nazionale, né
l’interesse dell’opinione pubblica da esso alimentato, sicché ogni ufficio giudiziario verrebbe
a trovarsi in una situazione di potenziale condizionamento (Sez. U., n. 28 gennaio 2003, n.
13687).
Né, d’altra parte, è in alcun modo comprovato che la massiccia campagna mediatica
sviluppatasi su tutto il territorio nazionale abbia in alcun modo influito, menomandola, sul
sereno ed imparziale esercizio delle funzione giudiziarie da parte dei magistrati di Torino e
abbia condizionato le loro scelte processuali o il contenuto dei provvedimenti di loro
rispettiva competenza.
Sarebbe sufficiente, al riguardo, accennare alla riqualificazione da dolosa a colposa
della imputazione di omicidio e alla conseguente riduzione delle pene nei confronti degli
imputati, da parte dei giudici d’appello, per escludere qualsiasi forma di condizionamento dei
magistrati giudicanti.
5.1.2. Va, poi, rimarcato che la situazione “ambientale” idonea a configurare la tipica
fattispecie di rimessione ad altra sede ai sensi dell’art. 45 c.p.p., deve essere, oltre che
concreta, effettiva e non opinabile, anche di incontrovertibile attualità e tale da non essere

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5.1. Non sussiste, innanzitutto, il presupposto della “grave situazione locale”, che i

superabile se non con il trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 1^, 7
ottobre 2014, n. 52976).
Nel caso in esame, gli accadimenti richiamati dai richiedenti a sostegno della loro
domanda si riferiscono a prese di posizione assunte dalla stampa e da vari settori della
cittadinanza in epoca antecedente e concomitante alla celebrazione del processo e, quindi,
ormai temporalmente superati, atteso che resta da celebrare il giudizio di rinvio susseguente

circoscritto alla rideterminazione delle pene.
Sotto questo profilo e, tenendo soprattutto presente l’oggetto limitato del giudizio che
dovrebbe essere trasferito altrove, non è fondato l’assunto dei richiedenti che ravvisano
l’attualità della “grave situazione locale” nelle potenzialità lato sensu inibitorie o risolutrici
del processo penale che è stato caricato dal tessuto sociale di aspettative repressive e,
quindi, di un valore quasi simbolico.
È evidente il vizio dell’argomentazione che, muovendo da indinnostrate inferenze
totalizzanti, valorizza una logica presuntiva e dubita dell’imparzialità di un intero ufficio
giudiziario non sulla base di fatti verificabili, ma di mere congetture che, per quanto detto
sopra, non hanno trovano riscontro in circostanze obiettive.
Non pertinenti, a tale proposito, appaiono i richiami effettuati dai richiedenti alle
molteplici iniziative assunte dalla cittadinanza in ambito politico, ecclesiastico, sindacale e
culturale, convergenti nell’alimentare un clima “giustizialista”.
Ritenere che la libera espressione del pensiero e l’adozione delle iniziative consentite
dall’ordinamento per esprimerle, per sensibilizzare i competenti organi nazionali e locali e
per stimolare la coscienza critica dell’opinione pubblica su una vicenda di rilievo nazionale
costituiscano, in quanto tali, altrettante forme di condizionamento oggettivo e rilevante
dell’esercizio sereno ed imparziale della funzione giudiziaria, idonee a giustificare lo
spostamento della celebrazione di un processo dalla sede naturale, significa prospettare una
lettura dell’art. 45 c.p.p. inconciliabile con il quadro di riferimento costituzionale (artt. 21, 17
e 40 Cost.) e alterare il fisiologico rapporto dialettico, insito in ogni democrazia evoluta, tra
collettività, istituzioni e funzione giudiziaria in un contesto socio-culturale sempre più
connotato da esigenze di conoscenza e dall’accresciuta consapevolezza dei diritti del
cittadino sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità.
6. Le richieste vanno, in conclusione, dichiarate inammissibili e ciascun richiedente va
condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 (duemila) alla Cassa delle Ammende.

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ad annullamento da parte di questa Corte della decisione di secondo grado, con oggetto

Per la natura dell’oggetto del giudizio in relazione al quale sono state proposte le
richieste di rimessione (determinazione delle pene), non si procede alla liquidazione delle
spese alla parte civile.

P.Q.M.

larina ciascun richiedente al pagamento delle

spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 (duemila) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2015

Il Presidente

Dichiara inammissibili le richie

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