Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35927 del 07/08/2014


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Penale Sent. Sez. F Num. 35927 Anno 2014
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Lo Ousmane, nato in Senegal il 23/12/1977
2. Diene Diadij, nato in Senegal il 21/11/1977
3. Cisse Mmadon, nato in Senegal il 01/06/1980
4.

Biteye Ousmane, nato in Senegal il 08/02/1979

5. Thiam Mouhamadou Moustap, nato in Senegal il 18/10/1986
avverso la sentenza del 14/03/2013 del giudice di pace di Finale Ligure
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Il giudice di pace di Finale Ligure con sentenza del 14/03/2013 ha
dichiarato la responsabilità di Lo Ousmane, Diene Diadij, Cisse Mmadon, Biteye
Ousmane e Thiam Mouhamadou Moustap per il reato di ingresso clandestino nel
territorio dello Stato, condannando ciascuno all’ammenda di C 5.000.
2. Il difensore ha proposto appello, poi convertito in ricorso, con il quale si
deduce violazione di legge in quanto l’art. 5 comma 2 d. legisl. 286/1998 faculta
l’immigrato a richiedere il permesso di soggiorno entro otto giorni dal suo
ingresso nel territorio, mentre nella specie nulla è stato accertato quanto alla
data di ingresso in Italia degli interessati, circostanza che avrebbe dovuto
condurre al loro proscioglimento.

Data Udienza: 07/08/2014

3. Con il secondo motivo si contesta la mancata applicazione dell’art. 34 Id.
Leg.vo 28 agosto 2000 n. 274, sollecitata nella fase della discussione, e
implicitamente respinta senza argomentare la decisione.
4. Si contesta da ultimo omesso motivazione sulla quantificazione della
pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorso sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza.

2. L’eccezione attinente l’omessa dimostrazione della condizione di fatto
della permanenza degli interessati oltre gli otto giorni previsti dall’art. 5 d. legisl
25 luglio 1998 n286 non ha alcun fondamento di fatto in quanto nessuna
allegazione sul punto è stata offerta dagli interessati nella fase di merito, idonea
a superare la diversa risultanza, emergente dagli atti, di cui dà conto la sentenza
impugnata, sulla base della quale si ricava che i verbalizzanti avevano pregressa
conoscenza delle persone controllate, solitamente dedite al commercio di oggetti
falsificati, condizione di fatto antitetica rispetto al decorso di un tempo minore di
otto giorni dalla loro presenza in Italia.
Il rilievo conseguentemente non supera la genericità, che ne impone
l’accertamento di inammissibilità
3. Altrettanta inconsistenza raggiunge anche il vizio di motivazione,
dedotto in relazione alla richiesta di applicazione di accertamento della tenuità
del fatto, secondo quanto previsto dall’art. 34 d. legvo 29 agosto 200 n. 274, che
non trova alcun riscontro nella istanza difensiva sul punto, posto che l’esame del
verbale di udienza, ove tale istanza non emerge, consente di escludere la
formulazione di una specifica richiesta e conseguentemente la sussistenza di un
onere di argomentazione sul punto.
4.

Completa risulta inoltre la motivazione attinente all’entità della pena,

all’atto in cui è stato operato un richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
per determinare una sanzione prossima ai minimi edittali (Sez. 4, Sentenza n.
41702 del 20/09/2004 Ud., dep. 26/10/2004, imp. Nuciforo Rv. 230278), in
relazione alla quale la riduzione da apportare per le attenuanti generiche, non
deve necessariamente quantificarsi nella misura massima, posto che la stessa
argomentazione difensiva non esprime elementi di fatto idonei a suggerire la
quantificazione in tale entità, tanto da risultare generica sul punto.
5. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, dovuta da ciascuno dei
ricorrenti, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.

2

Cassazione sezione VI, rg. 26512/2014

(11

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di C 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

Così deciso il 07/08/2014

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