Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35917 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35917 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAGLIARDI GIUSEPPE, nato il 21/06/1966
avverso l’ordinanza n. 7639/2013 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
ROMA del 27/02/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale in persona del dott.
Antonio Gialanella, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il
ricorso, con ogni statuizione consequenziale ex art. 616 cod. proc.
pen.

Data Udienza: 11/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 febbraio 2014, il Tribunale di Sorveglianza di Roma
ha respinto il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 41-bis Ord Pen., da Gagliardi
Giuseppe avverso il decreto del 30 ottobre 2013 del Ministro della Giustizia, che
aveva disposto nei suoi confronti la sospensione dell’applicazione di alcune
regole del regime intramurario ordinario per anni due, prorogando il preesistente

1.1. Ad avviso del Tribunale, che illustrava le ragioni poste a fondamento del
decreto ministeriale e richiamava il contenuto delle doglianze mosse con il
reclamo e i principi di diritto in materia, la proroga del regime detentivo
differenziato era giustificata da plurimi elementi emergenti dagli esiti delle
informazioni degli organi investigativi e giudiziari competenti in materia di
criminalità organizzata e dalle sentenze definitive di condanna del reclamante
per i reati di omicidio e partecipazione ad associazione di stampo mafioso,
comprese nel provvedimento di cumulo delle pene in espiazione, emesso il 22
ottobre 2009 dalla Procura Generale di Lecce.
Il reclamante era, in particolare, tratteggiato come persona tuttora molto
pericolosa, collocata ai vertici della Sacra Corona Unita brindisina insieme al
fratello Gagliardi Carlo e a Campana Francesco, e fondatore nel 1998 della Sacra
Corona Libera, nata quale fazione della Sacra Corona Unita, che si era posta in
contrapposizione con i capi storici Rogoli Pino e Buccarella Salvatore.
1.2. Era da ritenere massimo il pericolo di un utilizzo da parte del
reclamante, ove detenuto in regime ordinario, dei colloqui con i familiari per
veicolare all’esterno messaggi da trasmettere ai sodali liberi, essendo il nucleo
familiare dello stesso pesantemente coinvolto nella gestione delle attività del
clan ed essendo emerso il ruolo egemonico, suo e del fratello, dalle dichiarazioni
dei collaboratori di giustizia Leo Cosimo, Girardo Luigi, Torna Dario e D’Amico
Massimo.
Decisivo per la dimostrazione dell’estrema pericolosità del reclamante e della
necessità della sua detenzione con eccezionali strumenti di cautela era
soprattutto l’esito del procedimento c.d. “Omnia”, le cui attività investigative
erano confluite nella sentenza del 18 ottobre 2007 della Corte di appello di
Lecce, divenuta irrevocabile, che lo aveva condannato per il reato di
partecipazione mafiosa anche in costanza di detenzione, rappresentando, a
ragione della decisione, che egli, pur messo da parte da molti sodali che, dopo la
caduta del Rogoli, avevano costituito autonome organizzazioni criminali, si era
adoperato, nonostante la sua condizione detentiva, per ricostituire l’associazione

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regime speciale.

e riprendere contatti con gli originari sodali attraverso i colloqui con i familiari e i
contatti con i coimputati in occasione dei procedimenti in corso.
1.3. In base alle acquisite emergenze il Tribunale argomentava che, mentre
rimaneva smentita la ricostruzione dei fatti proposta dalla difesa e documentata
da verbali di dichiarazioni rese nell’ambito di altri procedimenti dai collaboratori
di giustizia, l’attivazione da parte del reclamante di ogni possibile meccanismo
utile per il mantenimento dei contatti con i sodali liberi o detenuti e per
l’organizzazione di una ricostruzione dell’associazione dimostrava -unitamente al

egemonico esercitato e consolidato nel corso della detenzione- la necessità della
proroga del regime differenziato.
Né erano emersi elementi sopravvenuti dimostrativi del mutamento del
ruolo e della posizione del reclamante.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Massimo Murra, l’interessato, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, denunciando violazione di legge con
riferimento all’art. 41-bis Ord. Pen.
Secondo il ricorrente, che richiama il contenuto del decreto ministeriale e le
ragioni del proposto reclamo, il Tribunale è incorso nel denunciato vizio per non
avere basato il proprio giudizio su elementi di prova idonei a conferire
concretezza e attualità al pericolo che la legge intende prevenire con lo
strumento applicato.
Con il reclamo si era evidenziato in particolare, ricorda il ricorrente, che le
dichiarazioni rese il 23 febbraio 2011 dal collaboratore Penna Ercole, fono
registrate nel procedimento n. 1249/2010 rgnr DDA di Lecce, e la cui trascrizione
era stata allegata, smentivano la ritenuta persistenza del vincolo associativo,
poiché collocavano la sua fattiva dissociazione dalla organizzazione criminale nel
1998, quando egli -nel carcere di Brindisi- aveva sciolto formalmente il proprio
gruppo.
Anche le dichiarazioni di analogo contenuto rese già nel 2000 dal
collaboratore D’Amico Massimo, i cui verbali erano stati pure allegati, non sono
state prese in considerazione dal Tribunale di sorveglianza, che ha anche omesso
di rilevare che la conferma dell’indicata dissociazione a distanza di anni è
dimostrativa dell’essere la dissociazione un fatto ormai consolidato e incidente
direttamente e in modo rilevante sul giudizio di attualità e persistenza dei vincoli
con gli ambienti criminali di provenienza.
Né il Tribunale si è pronunciato sulla richiesta difensiva di tenere conto di
ogni acquisizione investigativa e di valutare le ragioni dell’omessa menzione delle
indicate dichiarazioni dei collaboratori da parte degli organi investigativi e della
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coinvolgimento dei suoi familiari nell’attività del sodalizio e al suo ruolo

loro mancanza di incidenza sul giudizio di attualità del pericolo di riattivazione
dei legami con l’esterno, limitandosi a rilevare che le dichiarazioni erano
smentite dalla sentenza del procedimento “Omnia”, relativa peraltro a condotte
tenute fino al 2001 e quindi prive del carattere della concretezza e dell’attualità.
In tal modo si è ulteriormente violato l’art. 41-bis Ord. Pen., perché non si è
tenuto conto che l’esercizio della giurisdizione deve avere, in linea con i principi
affermati dalla Corte EDU, il carattere della effettività e non ridursi a mero
passaggio formale, così divenendo quando, a fronte del contrasto tra le

doverosi approfondimenti.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato articolata
requisitoria scritta concludendo per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Si rileva, in via preliminare, che l’art. 41-bis, comma 2-bis, legge n. 354
del 1975 (c.d. ordinamento penitenziario), sostituito dall’art. 2, legge n. 279 del
2002, e poi dall’art. 2, comma 25, lett. d), legge n. 94 del 2009, stabilisce che il
provvedimento applicativo del regime penitenziario differenziato è prorogabile
per successivi periodi, ciascuno pari a due anni, “quando risulta che la capacità
di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva,
non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione
rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del
sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non
precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore
di vita dei familiari del sottoposto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di
per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i
collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno dell’operatività della
stessa”.
L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte, inoltre, è segnato dal
comma 2-sexies del novellato art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore
Generale presso la Corte di appello, l’internato o il difensore possono proporre,
entro dieci giorni della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza del Tribunale per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che alla inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
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allegazioni difensive e le relazioni degli organi inquirenti, non si provvede a

mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice
di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, dep. 10/06/2003,

Criaco e altro, Rv. 229305; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008,
Ivanov, Rv. 239692).

3. Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha proceduto, con
corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia,
come interpretati dalla giustizia costituzionale (sent. n. 349 del 1993, sent. n.
410 del 1993, ord. n. 332 del 1994, sent. n. 351 del 1996, sent. n. 376 del
1997, ord. n. 417 del 2004), fissati da questa Corte e normativizzati nel nuovo
testo dell’art.

41-bis, già sottoposto al controllo di conformità ai principi

costituzionali (sent. n. 190 del 2010), alla verifica della permanenza dei dati
indicativi della capacità di collegamento del ricorrente con la criminalità
organizzata, evidenziando gli elementi sui quali ha fondato la valutazione della
pericolosità del medesimo e della legittimità e fondatezza dell’applicazione, in
proroga, della misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato -sottoponendo a vaglio
critico il contenuto del decreto ministeriale di proroga reclamato e richiamando le
più recenti informative degli organi preposti e specifici dati processuali- con
riferimento:
– alla biografia penale del reclamante, che, detenuto in espiazione della pena
dell’ergastolo per gravi reati e collocato con il fratello Gagliardi Carlo e con
Campana Francesco ai vertici della Sacra Corona Unita brindisina, esercente il
controllo sulle attività illecite nel territorio della provincia di Brindisi, è stato più
specificamente il fondatore nel 1998 della Sacra Corona Libera, sorta quale
fazione della Sacra Corona Unita in contrapposizione con i suoi capi storici Rogoli
e Buccarella, e ha esercitato e consolidato il suo ruolo di rilievo durante la lunga
detenzione;
– al pesante coinvolgimento nella gestione delle attività del sodalizio dei
familiari del reclamante, e segnatamente del fratello Carlo, il cui comune ruolo
egemonico ha trovato conferma nelle convergenti dichiarazioni di plurimi
collaboratori di giustizia, nonché della moglie Gallo Daniela e della cognata

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Pellegrino S., Rv. 224611; Sez. 6, n. 15107 del 17/12/2003, dep. 30/03/2004,

Rubino Elisa, avuto riguardo alle emergenze della pertinente attività
investigativa;
– alla estrema pericolosità del reclamante, attestata dalla sua partecipazione
all’associazione mafiosa anche in costanza di detenzione, accertata con sentenza
del 18 ottobre 2007 della Corte di appello di Lecce, divenuta irrevocabile, la cui
motivazione, richiamata per stralci, ha riportato le dichiarazioni di collaboratori di
giustizia e ha illustrato la condotta del predetto, che, nonostante la sua
condizione detentiva e nonostante il suo abbandono da parte di molti sodali dopo

possibile meccanismo utile a mantenere i contatti con i sodali liberi o detenuti
dell’associazione e organizzare una ricostruzione della stessa”;
– alla esigenza di impedire o rendere intempestivi o ridurre i contatti del
reclamante con l’esterno e con i codetenuti, che consentirebbero il
mantenimento di posizioni di potere del medesimo con pericolo della ripresa dei
suoi legami con l’organizzazione di appartenenza;
– all’assenza di sopravvenienze da cui desumere mutamenti di ruolo e di
posizione del medesimo reclamante, e quindi di scelta dissociativa o di revisione
critica del proprio passato.
Né il Tribunale ha prescisso dal correlarsi con le deduzioni e allegazioni
difensive, che ha ritenuto motivatamente smentite dai dati fattuali e
circostanziati, relativi alle vicende del 1998, che ha descritto, tratti dalla
richiamata sentenza irrevocabile, che ha valorizzato al riguardo le dichiarazioni di
collaboratori di giustizia.

4. A fronte di tali emergenze, rapportate a specifiche circostanze di fatto e
ritenute, in conformità a logica argomentativa coerente e lineare, giustificative
delle restrizioni trattamentali applicate in regime di proroga e funzionali rispetto
alle indicate finalità di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica, il
ricorrente oppone non fondate quanto generiche doglianze.
Le censure svolte ripetono, infatti, in questa sede di legittimità, i rilievi e le
deduzioni, già enunciati in sede di merito, di diffuso dissenso rispetto al
contenuto del decreto ministeriale reclamato; denunciano, senza opporre una
condivisibile diversa interpretazione dei principi normativi, l’insussistenza dei
presupposti per l’applicazione in proroga del regime detentivo differenziato;
contrappongono, con inammissibili incursioni nel merito, in ogni caso ostacolate
dalla limitazione normativa del sindacato di legittimità, la diversa ricostruzione
dei fatti occorsi nel 1998 in termini di dissociazione del ricorrente, detenuto nel
carcere di Brindisi, dalla organizzazione criminale, tratta dalle dichiarazioni rese
in altri processi dai collaboratori di giustizia Penna Ercole il 23 febbraio 2011 e
D’Amico Massimo nel 2000, invece che in termini di attivazione del medesimo, in
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la caduta del Rogoli, ha attivato, sì come rimarcato nel decreto impugnato, “ogni

costanza di detenzione, volta alla ricostruzione dell’associazione, come accertato
con sentenza irrevocabile e coerentemente rimarcato dal Tribunale in linea con
gli elementi di fatto oggetto delle note informative, poste a fondamento del
decreto ministeriale, che ha richiamato attraverso formale rinvio; esprimono, in
termini generici e comunque privi di autosufficienza in difetto di allegazione dei
relativi verbali, un affermato riferimento del collaboratore Penna a vicende
successive al periodo considerato in sentenza, pur dopo avere enunciato
dichiarazioni dello stesso su quanto avvenuto nel 1998; omettono una precisa e

giudizio demandato al Tribunale- della condanna del ricorrente per la
partecipazione al sodalizio criminoso in costanza di detenzione e con la coerente
disamina svolta anche in ordine al coinvolgimento dei familiari del ricorrente
nell’attività del sodalizio, e assumono del tutto infondatamente sia l’illegittimità
della decisione che ha correttamente rimarcato la valenza del giudicato di
condanna, sia il valore di prova concreta della “recisione volontaria e consolidata
di ogni vincolo ed interesse” delle allegazioni difensive aventi provenienza
investigativa, invece sub valenti rispetto al giudicato, sia “l’esaltazione probatoria
delle valutazioni operate dagli organi inquirenti”,

oggetto invece di coerente

d isa mina.

5. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, per le esposte
considerazioni, segue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità, al versamento a favore della Cassa
delle ammende di sanzione pecuniaria che appare congruo determinare in euro
1.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 11 novembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

concreta correlazione con le ignorate ragioni della ritenuta pregnanza -al fine del

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