Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35902 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35902 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRUNI FABIO N. IL 22/05/1974
avverso la sentenza n. 1485/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 28/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Bruni Fabio
N.R.G. 35172/2012

Considerato che:
Bruni Fabio ricorre avverso la sentenza, in data 28.04.2011, della Corte
d’appello di L’Aquila, che in riforma della sentenza di primo grado assolse

per l’effetto rideterminò la pena, per la residua ricettazione di altri due
assegni, in anni 2 e giorni 10 di reclusione ed € 1.300,00 di multa; il
ricorrente, chiedendone l’annullamento, denuncia che è carente la
motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata. Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia — come nel caso di specie – compatibile con il senso
comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,
secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^ sent. n.
47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5^ sent. n.
1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436
del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono
le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario
contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni,
ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si
palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, la Corte territoriale
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutti i
motivi dai quali desume la piena responsabilità dell’imputato per il reato di cui
sopra (dichiarazioni dei testi, lezzi e Antimo, che ricevettero gli assegni
dall’imputato; omessa indicazione dell’imputato della provenienza degli
assegni di illecita provenienza; si veda la pagina 3 dell’impugnata sentenza).

l’imputato per la ricettazione di due assegni perché i fatti non sussistono e

Appare opportuno sottolineare, allora, che la Corte di appello ha, anche,
rilevato che il ricorrente — in possesso degli assegni di cui sopra di sicura
provenienza delittuosa – non ha mai fornito una giustificazione plausibile sul
perché avesse il possesso di quanto sopra di provenienza delittuosa. Come
correttamente rilevato dal Giudice di merito, questa Suprema Corte ha, in
proposito, più volte affermato il principio – condiviso dal Collegio – che ai fini

soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile
con un acquisto in mala fede (Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003
Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634). Da tutto quanto sopra la Corte
territoriale, correttamente, ricava la sussistenza dell’elemento psicologico del
reato di ricettazione. Si osserva, in proposito, che le valutazioni di merito
sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione
delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro
da vizi logici, come nel caso di specie (Cass. pen. Sez. Un., 24 novembre
1999, Spina, 214794).
A fronte di quanto sopra il ricorrente — come si è già detto – contrappone
solo generiche contestazioni, che non tengono conto delle argomentazioni
della Corte territoriale. In proposito questa Corte ha più volte affermato il
principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione
quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591,
comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda
fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv
230634).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

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