Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35901 del 23/04/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35901 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ABDUL GIGI N. IL 04/05/1985
avverso la sentenza n. 1844/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
04/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;
Data Udienza: 23/04/2013
Abdul Gigi
N.R.G. 35161/2012
Considerato che:
L’Avvocato Antonio Foti — quale difensore di Abdul Gigi – ricorre
avverso la sentenza, in data 04.06.2012, della Corte di Appello di Torino
condannato — per rapina e lesioni personali aggravate – alla pena di anni 1 e
mesi 6 di reclusione ed € 400,00 di multa e chiedendone l’annullamento,
osserva genericamente che vi sarebbe carenza di motivazione con riguardo
alla ritenuta congruità dell’aumento per la continuazione.
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice
di secondo grado, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono
esaustive avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute
nell’appello e in particolare avendo ben evidenziato le ragioni per le quali
ritiene congruo l’aumento per la continuazione.
Infatti la Corte territoriale – dopo aver valutato globalmente gli elementi
di cui all’articolo 133 del c.p. – ha applicato la pena base nel minimo edittale
aumentandola di poco per la continuazione. In proposito questa Suprema
Corte ha più volte affermato il principio — condiviso dal Collegio – che la
determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il
suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art.
133 cod. pen. (Sez. 4, Sentenza n. 41702 del 20/09/2004 Ud. – dep.
26/10/2004 – Rv. 230278). Inoltre, questa Suprema Corte ha in proposito
affermato il condiviso principio che nell’ipotesi in cui la determinazione della
pena non si discosti eccessivamente — come nel caso di specie – dai minimi
edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento” (Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. -dep. 03/09/2007 – Rv. 237402);
identico principio è stato affermato per gli aumenti ex articolo 81 del c.p.
(Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. – dep. 18/09/2009 – Rv.
245596). Infine, non sussiste obbligo di autonoma e specifica motivazione in
confermativa della sentenza di primo grado con la quale l’imputato era stato
ordine alla quantificazione dell’aumento per la continuazione (nel caso di
specie veramente contenuta; Sez. 5, Sentenza n. 11945 del 22/09/1999 Ud.
– dep. 19/10/1999 – Rv. 214857; Sez. 4, Sentenza n. 22824 del 21/04/2006
Ud. – dep. 03/07/2006 – Rv. 234575).
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. – dep. 16/12/1999 – Rv.
214794).
Uniformandosi a tali orientamenti, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di