Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 359 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 359 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAORMINA ROSARIO N. IL 14/10/1938
avverso l’ordinanza n. 92/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
23/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
lette/sjotite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 14/11/2013

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1.Con ordinanza in data 23 gennaio 2012 la corte di appello di Palermo ha
rigettato la domanda di riparazione dell’ ingiusta detenzione avanzata da
Taormina Rosario in relazione alla custodia cautelare dal medesimo subita,
nella forma della detenzione in carcere, dal 18.10.2001 al 16.1.2002 e poi agli
arresti donniciliari fino al 7.4.2005 perché indiziato del reato di associazione a
delinquere di stampo mafioso e di due delitti di estorsione aggravata. Con
sentenza emessa in data 7.4.2005 era stato assolto con formula piena e la
sentenza era stata confermata in appello ed era divenuta definitiva.
Rilevava la Corte di appello che la sentenza assolutoria nel motivare il
proscioglimento non essendo emersi contributi apprezzabili e concreti, sul
piano causale, all’esistenza e al rafforzamento della associazione, aveva dato
atto che era emerso solo un quadro di generica vicinanza ad ambienti criminali
della zona, di disponibilità alla commissione di illeciti di vario genere, senza
prova della loro effettiva commissione, di conoscenza di soggetti malavitosi
operanti nel quartiere e soprattutto di continue vanterie e millanterie non
supportate da riscontri che… pur certamente deprecabile non corrispondeva ai
limiti del concorso nel reato.
Secondo la Corte il Taormina, ponendo in essere le condotte sopra
descritte, aveva concorso a dare causa alla misura della custodia cautelare,
trattandosi di un comportamento a lui imputabile oggettivamente idonea a
creare situazioni atte a determinare interventi coercitivi dell’Autorità.

2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite
del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità
della motivazione per aver escluso la riparazione per colpa grave dell’istante
ampliando a dismisura l’ambito di applicazione di tale condizione, senza
specificare i comportamenti ritenuti rilevanti e il nesso di causalità tra la
presunta colpa grave e la emissione del provvedimento restrittivo ed il
mantenimento della custodia.
3. E’ stata depositata una memoria per il Ministero del’Economia con la quale
si sostiene la correttezza della decisione assunta dalla corte d’appello di
Reggio Calabria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Ai fini dell’accertamento del requisito soggettivo ostativo al riconoscimento
dell’indennizzo in questione, il giudice del merito, investito dell’istanza per
l’attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per
l’ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., ha il dovere di
verificare se la condotta tenuta dall’istante nel procedimento penale,
nel corso del quale si verifico’ la privazione della liberta’ personale,

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RITENUTO IN FATTO

2. Nella specie,
la motivazione resa dalla Corte di appello circa la
sussistenza nel comportamento del Taormina
di colpa grave, ostativa alla
riparazione è corretta. Il giudice della riparazione ha messo in evidenza che in
ordine al Taormina risultano essere state processualmente accertate le
seguenti circostanze di fatto:
il Taormina intratteneva rapporti di
frequentazione con ambienti criminali della zona e conosceva soggetti
malavitosi operanti nel suo quartiere; nell’ambito di tali rapporti il Taormina
aveva manifestato la propria disponibilità alla commissione di illeciti di vario
genere ed era stato autore di continue vanterie e millanterie; e che tale
condotta del Taormina era stata valutata dal G.I.P. per adottare la misura
cautelare ed anche il Tribunale, pur pervenendo all’assoluzione, aveva
riconosciuto che l’atteggiamento del Taormina, estrinsecatosi attraverso le
superiori condotte, era certamente deprecabile sul piano morale e soggettivo.
Altrettanto correttamente ha ritenuto che tali elementi fossero idonei a
sostenere un giudizio di colpa grave conforme alla costante giurisprudenza
questa Corte secondo cui concorre a dare causa alla misura della custodi
cautelare chi sia stato al corrente dell’attività delittuosa di altri e, ciò
nonostante, abbia posto in essere – con evidente, macroscopica imprudenza condotte che si prestino, sul piano logico, ad essere interpretate come contigue
a quella attività ; principio ancora di recente ribadito nel senso che In tema di
riparazione per l’ingiusta detenzione, integra gli estremi della colpa grave

quale risulta dagli atti, sia connotabile di dolo o di colpa grave. Il
giudice stesso deve, a tal fine, valutare se certi comportamenti riferibili alla
condotta cosciente e volontaria del soggetto, possano aver svolto un
ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autorità giudiziaria; cio’ che il
legislatore ha voluto, invero, e’ che non sia riconosciuto il diritto alla
riparazione a chi, pur ritenuto non colpevole nel processo penale, sia stato
arrestato e mantenuto in detenzione per aver tenuto una condotta tale da
legittimare il provvedimento dell’autorita’ inquirente (sez. IV 7.4.99 n.440,
Min. Tesoro in proc. Petrone Ced 197652). Le sezioni unite di questa Corte
(sentenza 13.12.1995 n.43, Sarnataro rv.203638) hanno poi ulteriormente
precisato che “Nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’
necessario distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del
processo penale, volta all’accertamento della sussistenza di un reato e della
sua commissione da parte dell’imputato, da quella propria del giudice della
riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso
materiale, deve seguire un “iter” logico-motivazionale del tutto autonomo,
perche’ e’ suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o
meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche
nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione” ed in
relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia liberta’ di
valutare il materiale acquisito nel processo, non gia’ per rivalutarlo, bensi’ al
fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura
civilistica), sia in senso positivo che del tutto evidente, rispondendo ad un
principio generale, che ), sia in senso positivo che negativo, compresa
l’eventuale sussistenza di
una causa di esclusione del diritto alla
riparazione “.

ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di chi, nei reati contestati in
concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell’attività criminale altrui,
comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità. (sez. IV
n.45418 del 25.11.2010 rv. . 249237)
3.In conclusione, il ricorso non merita accoglimento e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione in
favore del Ministero del tesoro delle spese processuali, liquidate come al
dispositivo.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione in favore del Ministero resistente delle spese di questo
giudizio, che liquida in euro 750,00 .
Così deciso il 14.11.2013.

P.Q.M.

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