Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35899 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35899 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JUODAR ABDELMAJID N. IL 01/01/1966
avverso la sentenza n. 1120/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Juodar Abdelmajid
N.R.G. 35057/2012

Considerato che:
Juodar Abdelmajid ricorre avverso la sentenza, in data 16.01.2012,
della Corte d’appello di Firenze, confermativa della sentenza di condanna,

200,00 di multa, e, chiedendone l’annullamento, osserva che è carente la
motivazione in ordine alla mancata derubricazione della ricettazione nel reato
di cui all’articolo 712 cod. penale.
li ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata. Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia — come nel caso di specie – compatibile con il senso
comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,
secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4″ sent. n.
47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5″ sent. n.
1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436
del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono
le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario
contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni,
ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si
palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti la Corte territoriale
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutti i
motivi dai quali desume la piena responsabilità dell’imputato per il reato di cui
sopra. A solo titolo di esempio, appare opportuno ricordare che la Corte di
appello ha sottolineato che il ricorrente — che per quanto ben evidenziato a
pagina 2 dell’impugnata sentenza aveva il possesso delle biciclette di illecita
provenienza – non ha mai fornito una giustificazione plausibile sul perché

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per il reato di ricettazione ipotesi lieve, alla pena di mesi 8 di reclusione ed €

avesse il possesso di quanto sopra di provenienza delittuosa. Come
correttamente rilevato dal Giudice di merito, questa Suprema Corte ha, in
proposito, più volte affermato il principio – condiviso dal Collegio – che ai fini
della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento
soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile

con un acquisto in mala fede (Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003
Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634).
Da tutto quanto sopra la Corte territoriale, correttamente, ricava la
sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione. Si osserva, in
proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso
di specie (Cass. pen. Sez. Un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).
Quanto sopra spiega, con evidenza, anche perché la Corte non abbia
ravvisato il reato di cui all’articolo 712 del c.p. e perché non vi sia la
necessità di ulteriore spiegazione sul punto, oltre a quella esaustiva fornita
dal Giudice di merito. Infatti tale deduzione difensiva è logicamente
incompatibile con la decisione adottata e pertanto non era neppure
necessario che fosse confutata esplicitamente (Sez. 4, Sentenza n. 1149 del
24/10/2005 Ud. – dep. 13/01/2006 – Rv. 233187). A tal proposito questa
Suprema Corte ha, infatti, più volte, affermato il principio — condiviso dal
Collegio — che la regola della “concisa esposizione dei motivi di fatto e di
diritto su cui la decisione è fondata”, enunciata dall’art. 546, comma primo,
lettera e), cod. proc. pen., rende non configurabile il vizio di legittimità
allorquando nella motivazione il giudice abbia dato conto soltanto delle
ragioni in fatto e in diritto che sorreggono il suo convincimento, in quanto
quelle contrarie devono considerarsi implicitamente disattese perché del tutto
incompatibili con la ricostruzione del fatto recepita e con le valutazioni
giuridiche sviluppate. (Sez. 4, Sentenza n. 36757 del 04/06/2004 Ud. – dep.
17/09/2004 – Rv. 229688). In realtà, come si è già evidenziato, la Corte di

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appello ha fornito invece una sufficiente e logica motivazione sulla questione
(si vedano le pagine 2 e 3 dell’impugnata sentenza).
A fronte di quanto sopra il ricorrente — come si è già detto contrappone solo generiche contestazioni, che non tengono conto delle
argomentazioni della Corte territoriale.
In proposito questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso

l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non
può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel
vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod.
proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n.
39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano lasillo

_ sidente

dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi

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