Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35897 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35897 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARSELLA PIERO N. IL 22/04/1963
avverso la sentenza n. 5009/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
26/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Marsella Piero
N.R.G. 35004/2012

Considerato che:
L’Avvocato Angela Porcelli — quale difensore di Marsella Piero – ricorre
avverso la sentenza, in data 26.10.2011, della Corte d’appello di Roma, che

al capo A (appropriazione indebita) perché estinto per prescrizione e per
l’effetto rideterminò la pena, per il residuo reato di ricettazione di un assegno,
in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed € 200,00 di multa; il difensore del
ricorrente, chiedendone l’annullamento, denuncia che è carente la
motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità e al mancato
espletamento di una perizia grafica per accertare se il manoscritto prodotto
fosse stato redatto dal Ronconi (che lo ha disconosciuto).
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata. Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia — come nel caso di specie – compatibile con il senso
comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,
secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4″ sent. n.
47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5″ sent. n.
1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436
del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono
le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario
contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni,
ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si
palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, la Corte territoriale
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutti i
motivi dai quali desume la piena responsabilità dell’imputato per il reato di cui

in riforma della sentenza di primo grado assolse l’imputato per il reato di cui

sopra (dichiarazioni della P.O. Roberto Becchetti e di Stefano Ronconi, già
coimputato per il reato di ricettazione e prosciolto per non aver commesso il
fatto) Da tutto quanto sopra la Corte territoriale, correttamente, ricava la
sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione. Si osserva, in
proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso

di specie (Cass. pen. Sez. Un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).
Manifestamente infondata è anche la doglianza relativa al diniego
dell’attenuante di cui all’art. 648, Il comma, del cod. penale. La decisione
della Corte di appello di non riconoscere la sussistenza della predetta
attenuante è, infatti, incensurabile. Invero, la Corte territoriale effettua, nel
merito, una corretta valutazione di tutti gli elementi integrativi del fatto reato
ed esclude che sussistano i connotati di marginalità, occasionalità e
modestia tipici dell’attenuante di cui all’articolo 648, Il comma, del cod.
penale. La decisione della Corte di appello è, d’altronde, conforme ai principi
più volte affermati, sul punto, da questa Corte di Cassazione. Infatti,
l’espressione “fatto di particolare tenuità”, di cui al secondo comma dell’art.
648 cod. pen., va riferita non esclusivamente al valore della cosa ricettata,
ma a tutti quegli elementi, di natura sia soggettiva che oggettiva, che
possono caratterizzare il caso concreto e possono quindi assumere un
significato determinante ai fini del riconoscimento o dell’esclusione della
circostanza attenuante (Sez. 1, Sentenza n. 33510 del 07/07/2010 Ud. – dep.
13/09/2010 – Rv. 248119). Inoltre, l’attenuante della particolare tenuità del
fatto nel reato di ricettazione va sempre esclusa se il fatto non è
particolarmente lieve — come nel caso di specie – risultando superflua ogni
ulteriore indagine; mentre, se è accertata la lieve consistenza economica del
bene ricettato, ai fini del riconoscimento della circostanza può procedersi alla
verifica della sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’ari. 133 cod.
pen. (Sez. 1, Sentenza n. 13600 del 13/03/2012 Ud. – dep. 12/04/2012 – Rv.
252286).
Manifestamente infondate sono anche le doglianze contenute nel
secondo motivo di ricorso. Infatti per quanto riguarda la perizia grafica non
risulta dagli atti che vi sia stata una richiesta di rinnovazione dell’istruzione
.——

2

dibattimentale; in ogni caso dal contenuto della motivazione — incensurabile
per quanto sopra esposto — emerge con chiarezza che la Corte di Appello ha
ritenuto di poter decidere in base a tutti gli elementi probatori raccolti.
Emerge in modo altrettanto chiaro dalla motivazione perché la Corte di
merito abbia ritenuto credibile il Ronconi.
A fronte di quanto sopra il difensore del ricorrente — come si è già detto

argomentazioni della Corte territoriale. In proposito questa Corte ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per
cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto
di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591,
comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda
fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv
230634).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

D

IN EPOSITATA
CANCELLERIA

– contrappone solo generiche contestazioni, che non tengono conto delle

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