Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35887 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35887 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRIGLIONE ALESSANDRO N. IL 13/03/1981
avverso la sentenza n. 2036/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Triglione Alessandro
N.R.G. 34677/2012

Considerato che:
L’Avvocato Agostino Scialla — quale difensore di Triglione Alessandro ricorre avverso la sentenza, in data 05.03.2012, della Corte di Appello di

era stato condannato — per rapina aggravata e porto illegale di coltello
aggravato – alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed € 1.000,00 di multa
e chiedendone l’annullamento, osserva genericamente che vi sarebbe
contraddittorietà nella motivazione nel punto in cui da un lato si concedono le
attenuanti generiche e dall’altro non si fissa la pena base nel minimo edittale.
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal Giudice
di merito, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive
avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell’appello.
Questa Corte ha stabilito, in proposito, che la mancanza nell’atto di
impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo
ad introdurre il nuovo grado di giudizio e a produrre, quindi, quegli effetti
cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità (Sez. 1, Sentenza n. 5044 del 22/04/1997
Ud. – dep. 29/05/1997 – Rv. 207648; Sez. 3, Sentenza n. 35492 del
06/07/2007 Ud. – dep. 25/09/2007 – Rv. 237596).
Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio nel ricorso si
prospettano, invero, esclusivamente generiche valutazioni di elementi di
fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il Giudice d’appello con motivazioni
congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti difensivi
attualmente riproposti.
La Corte di appello ha, infatti, ben evidenziato gli elementi che le hanno
fatto ritenere la pena irrogata congrua. In proposito questa Suprema Corte ha
più volte affermato il principio — condiviso dal Collegio – che la
determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il

Milano confermativa della sentenza di primo grado con la quale l’imputato

suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art.
133 cod. pen. (i numerosi precedenti penali specifici dell’imputato, precedenti
che solo grazie al comportamento tenuto dal Triglione sono stati considerati
equivalenti alle concesse attenuanti generiche; si veda la motivazione della
Corte di appello allorchè rigetta l’appello del P.G. che si doleva e della
concessione di tali attenuanti e del giudizio di comparazione; Sez. 4,

Inoltre si rileva che nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si
discosti — come nel caso di specie – eccessivamente dai minimi edittali, il
giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo,
cod. pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena
equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o alla
personalità del reo (Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. – dep.
03/09/2007 – Rv. 237402).
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. – dep. 16/12/1999 – Rv.
214794).
Uniformandosi a tali orientamenti, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione. Ne consegue, per il disposto dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma
che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

Sentenza n. 41702 del 20/09/2004 Ud. – dep. 26/10/2004 – Rv. 230278).

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