Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35885 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35885 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHILLINO GIOVANNI N. IL 10/06/1963
avverso la sentenza n. 295/2009 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 28/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Chillino Giovanni
N.R.G. 34697/2012

Considerato che:
Chillino Giovanni ricorre avverso la sentenza, in data 28.06.2012, della
Corte di Appello di Reggio Calabria confermativa della sentenza di primo
grado con la quale l’imputato era stato condannato — per ricettazione – alla

pena di mesi 6 di reclusione ed € 250,00 di multa e chiedendone
l’annullamento, osserva genericamente che vi sarebbe carenza di
motivazione con riguardo alla ritenuta congruità della pena.
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal Giudice
di merito, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive
avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell’appello.
Questa Corte ha stabilito, in proposito, che la mancanza nell’atto di
impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo
ad introdurre il nuovo grado di giudizio e a produrre, quindi, quegli effetti
cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità (Sez. 1, Sentenza n. 5044 del 22/04/1997
Ud. – dep. 29/05/1997 – Rv. 207648; Sez. 3, Sentenza n. 35492 del
06/07/2007 Ud. – dep. 25/09/2007 – Rv. 237596).
Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio nel ricorso si
prospettano, invero, esclusivamente generiche valutazioni di elementi di
fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il Giudice d’appello con motivazioni
congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti difensivi
attualmente riproposti.
La Corte di appello ha, infatti, ben evidenziato gli elementi che le hanno
fatto ritenere la pena irrogata congrua. In proposito questa Suprema Corte ha
più volte affermato il principio — condiviso dal Collegio – che la
determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il
suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art.
133 cod. pen. (nel caso di specie i numerosi e gravi precedenti penali
1

dell’imputato; Sez. 4, Sentenza n. 41702 del 20/09/2004 Ud. – dep.
26/10/2004 – Rv. 230278).
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. – dep. 16/12/1999 – Rv.

Uniformandosi a tali orientamenti, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

214794).

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