Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35879 del 23/04/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35879 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
INVREA GIORGIO N. IL 01/05/1968
avverso la sentenza n. 1635/2008 CORTE APPELLO di GENOVA, del
08/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;
Data Udienza: 23/04/2013
Invrea Giorgio
N.R.G. 34442/2012
Considerato che:
L’Avvocato Claudio Zadra — quale difensore di Invrea Giorgio – ricorre
avverso la sentenza, in data 08.03.2012, della Corte di Appello di Genova
condannato — per il reato di rapina impropria e lesioni personali aggravate alla pena di anni 2 e giorni 10 di reclusione ed € 450,00 di multa; e,
chiedendone l’annullamento, osserva genericamente la carenza di
motivazione in ordine al diniego dell’attenuante del risarcimento del danno e
alla congruità della pena.
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal Giudice
di merito, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive
avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell’appello e
avendo ben evidenziato le ragioni per le quali ritiene di non poter concedere
l’attenuante richiesta (agli atti non risulta alcun risarcimento del danno, ma
solo che l’imputato ha restituito la merce sottratta; si veda pagina 4
dell’impugnata sentenza). Per quanto riguarda la pena si deve rilevare che il
ricorrente in appello aveva richiesto la riduzione della pena (già determinata
nel minimo e con un aumento lievissimo per la continuazione) previa
concessione dell’attenuante del risarcimento del danno, come emerge dalla
stessa sentenza impugnata (pagina 3), non contestata sul punto dal
difensore dell’imputato. Quindi non essendo stata riconosciuta l’attenuante la
Corte di appello non doveva assolutamente rispondere sulla congruità della
pena. Comunque il motivo di ricorso è assolutamente generico e quindi
inammissibile (considerato, anche, il fatto che la pena, come detto, è stata
inflitta nel minimo).
• Questa Corte ha stabilito, in proposito, che la mancanza nell’atto di
impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo
ad introdurre il nuovo grado di giudizio e a produrre, quindi, quegli effetti
cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
confermativa della sentenza di primo grado con la quale l’imputato era stato
dichiarazione di inammissibilità (Sez. 1, Sentenza n. 5044 del 22/04/1997
Ud. – dep. 29/05/1997 – Rv. 207648; Sez. 3, Sentenza n. 35492 del
06/07/2007 Ud. – dep. 25/09/2007 – Rv. 237596).
Uniformandosi a tale orientamento, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in