Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35868 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35868 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROSINI LUIGI ASCENZO N. IL 26/05/1960
avverso la sentenza n. 1151/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 14/03/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Rosini Luigi Ascenzo
N.R.G. 34111/2012

Considerato che:
L’Avvocato Antonio Di Blasio — quale difensore di Rosini Luigi Ascenzo
– ricorre avverso la sentenza, in data 14.03.2011, della Corte di Appello di

Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice
di secondo grado, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono
esaustive avendo ben evidenziato le ragioni per le quali ha ritenuto
inammissibile l’appello per genericità dei motivi (per quanto riguarda la
ritenuta penale responsabilità la Corte di merito evidenzia i punti salienti della
motivazione del giudice di primo grado e le prove acquisite e rileva che le
doglianze sul punto dell’appellante sono generiche, risolvendosi nella
“pedissequa reiterazione” di quelle già avanzate in primo grado e
correttamente disattese dal Tribunale, senza che lo stesso avanzi alcuna
critica a quanto deciso dal primo giudice; per quanto riguarda il trattamento
sanzionatorio la Corte di appello sottolinea che è stata reiterata la richiesta di
sospensione condizionale della pena e di concessione dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 del c.p., già entrambe le richieste accolte dal Tribunale e per
l’entità della pena — assai prossima ai minimi edittali — l’appellante non
evidenzia alcun elemento perché si debba procedere ad una riduzione;
identico discorso viene fatto in relazione alla non menzione, osservando —
tra l’altro — che non ne ricorrono neppure i presupposti di legge).
A fronte di quanto sopra il difensore del ricorrente — come si è già sopra
detto – contrappone solo genericissime contestazioni, che non tengono conto
delle argomentazioni della Corte di appello. Questa Corte Suprema ha
stabilito, in proposito, che la mancanza nell’atto di impugnazione dei
requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della
specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo
grado di giudizio e a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la
possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di
inammissibilità (Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648).

L’Aquila, che dichiarava inammissibile l’appello per genericità dei motivi.

Uniformandosi a tale orientamento, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

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