Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35863 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35863 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VACCA CARMINE N. IL 29/08/1970
RUSSO RINA N. IL 21/10/1983
avverso il decreto n. 199/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consi gliere DAtt. GIACOMO ROCCHI ;
lette/sipRtite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 09/07/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Napoli,
provvedendo sull’appello proposto da Vacca Carmine e Russo Rina avverso quello
del Tribunale di Napoli che aveva applicato al Vacca la misura di prevenzione
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la
durata di anni tre, imponendogli il versamento di una cauzione e aveva disposto
la confisca dei beni sequestrati a Vacca, alla moglie Russo Rina e alla Slot Italia

confermava nel resto il decreto impugnato.
La Corte riteneva sussistente la pericolosità attuale di Vacca: fino al 2011
egli era in società con il camorrista Di Domenico e, tra l’aprile e il giugno del
2011, aveva commesso un tentativo di estorsione aggravato ai sensi dell’art. 7
legge 203 del 1991, condotta non nuova nella vita del Vacca. Si trattava,
secondo la Corte, di delinquente esperto e consumato, che aveva già posto in
essere gravi delitti anche di criminalità organizzata e, dopo la scarcerazione, si
era messo in affari con un camorrista e aveva compiuto il tentativo di estorsione.
Il biennio trascorso in detenzione intrannuraria (Vacca, in conseguenza del
tentativo di estorsione, era rimasto detenuto dal 20 agosto 2011 per due anni)
non era di per sé idoneo a far ritenere che Vacca avesse deciso di mutare il
proprio stile di vita.

La Corte confermava, altresì, la confisca dei beni sequestrati ai due coniugi.
Dopo aver premesso che, in realtà, anche i beni intestati alla Russo erano di
pertinenza di Vacca, così come le somme versate sul conto corrente della Slot
Italia s.a.s., la Corte riteneva che la somma di euro 50.000 versata da Vacca e
Russo ai soci della Slot Italia per l’acquisto delle quote non fosse giustificata
dalla asserita compensazione con crediti di lavoro vantati da Vacca. Le
dichiarazioni di Oliva Gerardo non venivano ritenute attendibili.
Nel 2007, Vacca aveva speso, altresì, euro 7.000 per l’acquisto di un
motoveicolo Honda: spesa in alcun modo giustificata dai redditi dichiarati negli
anni precedenti; allo stesso modo, i redditi non giustificavano l’acquisto delle
quote della società.
Si trattava, in definitiva, di acquisti di beni con somme di provenienza
ingiustificata.
L’acquisto di quote della Ludonet, avvenuto nel 2011, era stata, poi,
finanziata con l’investimento nella Slot Italia e quindi doveva essere ugualmente
confiscata.

2

s.a.s. di Oliva Gerardo & C., revocava il sequestro e la confisca di un assegno e

La Corte confermava, infine, la confisca della somma di euro 24.000 in
contanti sequestrata nell’abitazione di Vacca nel corso di una perquisizione
operata nel 2011: secondo il giudice, nessun elemento permetteva di
considerare la somma tra quelle riscosse dalla Slot Italia e destinata ad essere
versata sul conto corrente della società.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Vacca Carmine e Russo Rina,
deducendo violazione di legge.

ragioni esposte dal giudice a sostegno della decisione non denotavano un iter
logico-argonnentativo rispettoso dei principi che regolano l’applicazione delle
misure di sicurezza.
In particolare, la pericolosità sociale del soggetto deve essere attuale,
mentre la motivazione del decreto non adduceva alcun elemento che indicasse la
perdurante inclinazione associativa del ricorrente. La Corte, in realtà, aveva fatto
propria la motivazione del primo giudice, che aveva fondato la pericolosità di
Vacca sui precedenti penali in relazione ai quali nel 2003 era già stata applicata
una misura di prevenzione personale.
Questi precedenti risalenti nel tempo non potevano costituire oggetto di una
nuova valutazione.
L’affermazione dell’inidoneità della carcerazione a costituire condizione per
un mutamento di vita era illogica e contrastante con l’art. 27 della Costituzione.

Con riferimento alla misura di prevenzione patrimoniale, il ricorrente
sottolinea che Vacca aveva dimostrato di essere percettore di reddito, quale
dipendente della Slot Italia s.a.s. e che le somme sequestrate presso la sua
abitazione erano di provenienza lecita, provenendo dallo svuotamento delle
gettoniere degli apparecchi di proprietà della società per la settimana dal
13/8/2013 al 20/8/2013 e non essendo state ancora versate sul conto corrente
della società su cui il ricorrente era delegato ad operare.
La dimostrazione superava la presunzione di illecita provenienza dei beni, né
il riferimento alla tentata estorsione commessa dal Vacca mutava la situazione.
Il ricorrente sottolinea, infine, che Vacca e la Russo avevano dimostrato il
reddito percepito dal 2007 al 2011. La Corte territoriale non aveva preso in
considerazione le somme denunciate.
Il ricorrente conclude per l’annullamento del decreto impugnato.

3.

Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la

declaratoria di inammissibilità del ricorso.

3

Con riferimento alla misura di prevenzione personale applicata a Vacca, le

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Si deve ribadire che, avverso il decreto della Corte d’appello che provvede
sull’appello avverso quello applicativo delle misure di prevenzione, è ammesso
solo ricorso per cassazione per violazione di legge.

violazione di legge: ma, in realtà, le censure riguardano la fondatezza e la
logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
In particolare, la Corte afferma che la pericolosità sociale di Vacca Carmine
è attuale, sulla base di alcuni elementi ritenuti significativi (pregresse condanne
per reati anche di tipo associativo; accordo di affari con un camorrista nel 2011;
tentativo di estorsione aggravato ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991
commesso nello stesso anno; durata limitata della successiva detenzione, tale da
non eliminare la pericolosità del soggetto); il ricorrente contesta di essere stato
in affari con il camorrista Di Domenico – benché lo stesso, divenuto collaboratore
di giustizia, lo abbia riferito – e contesta, altresì, che la sentenza di condanna per
tentata estorsione sia un indizio inequivocabile di pericolosità.
Come si vede, non si censura affatto una violazione di legge ma
l’argomentazione seguita dalla Corte per giungere ad affermare la sussistenza
del presupposto preteso dalla norma.

Analogo vizio ricorre quanto alla censura concernente la conferma della
confisca.
Anche in questo caso, si censura la logicità della motivazione del decreto
impugnato nel punto in cui aveva ritenuto che la somma di euro 24.000
sequestrata nell’abitazione di Vacca nel corso di una perquisizione fosse di
provenienza illecita e non derivasse dallo svuotamento degli apparecchi da gioco
cui Vacca era incaricato.
Per di più, come nota esattamente il Procuratore Generale, le considerazioni
esposte in ricorso sono del tutto generiche e prescindono dall’ampia motivazione
esposta nel decreto impugnato.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento e di ciascuno al versamento della
somma, tale ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle

4

Il ricorrente ne è consapevole, indicando come unico motivo, appunto, la

Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n.
186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 1.000 alla

Così deciso il 9 luglio 2015

Il Consigliere estensore

Cassa delle Ammende.

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