Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35861 del 23/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35861 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BALSAMO ANDREA N. IL 04/09/1964
FRICANO MASSIMILIANO N. IL 07/02/1978
avverso la sentenza n. 4536/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 23/04/2013

Balsamo Andrea e Fricano Massimiliano
N.R.G. 33798/2012

Considerato che:
Balsamo Andrea e Fricano Massimiliano ricorrono avverso la sentenza,
in data 06.03.2012, della Corte d’appello di Palermo, confermativa della

il reato di ricettazione – alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed € 600,00
di multa Balsamo e alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed € 800,00 di
multa Fricano; i ricorrenti, chiedendone l’annullamento, denunciano che è
carente la motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità, al
trattamento sanzionatorio e al diniego dell’attenuante di cui all’art. 648, Il
comma, del cod. penale.
I ricorsi sono inammissibili per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propongono censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata. Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia — come nel caso di specie – compatibile con il senso
comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,
secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^ sent. n.
47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5^ sent. n.
1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436
del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre i ricorsi sono inammissibili anche per violazione dell’art. 591
lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le
doglianze (sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del
necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui
valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione,
si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti la Corte territoriale
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutti i
motivi dai quali desume la piena responsabilità degli imputati per il reato di
cui sopra (dichiarazioni del derubato Pedone Fabio; si veda pagina 4

g

sentenza di primo grado con la quale gli imputati erano stati condannati — per

dell’impugnata sentenza). A solo titolo di esempio, appare opportuno
ricordare che la Corte di appello ha, anche, sottolineato che i ricorrenti — in
possesso di tagliandi della lotteria di sicura provenienza furtiva – non hanno
mai fornito una giustificazione plausibile sul perché avessero il possesso di
quanto sopra di provenienza delittuosa. Come correttamente rilevato dal
Giudice di merito, questa Suprema Corte ha, in proposito, più volte affermato
il principio – condiviso dal Collegio – che ai fini della configurabilità del reato di

ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche
sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza
della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2,
Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. – dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez.
2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634).
Da tutto quanto sopra la Corte territoriale, correttamente, ricava la
sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione. Si osserva, in
proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso
di specie (Cass. pen. Sez. Un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).
La Corte di appello con motivazione esaustiva, logica e non
contraddittoria evidenzia anche perché nega l’attenuante di cui all’art. 648, II
comma c.p. e ritiene congrua la pena irrogata (si veda la condivisa
motivazione alle pagine 4 e 5 dell’impugnata sentenza ove vengono anche
richiamate decisioni di questa Corte sul punto).
A fronte di quanto sopra i ricorrenti — come si è già detto contrappongono solo generiche contestazioni, che non tengono conto delle
argomentazioni della Corte territoriale.
In proposito questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso
dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi
l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non
può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel
vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod.

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proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n.
39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 23/04/2013

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano lasillo

Il Pr sidente
Dottor A nio Esposito

ciascuno.

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