Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35856 del 18/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35856 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

Data Udienza: 18/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PONGOLINI ELEUTERIO N. IL 29/09/1953
avverso l’ordinanza n. 3/2015 TRIB. LIBERTA’ di PARMA, del
11/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 11.02.2015 il Tribunale di Parma, costituito ai sensi
dell’art. 324 cod.proc.pen., ha rigettato il riesame proposto (per quanto qui
interessa) da Pongolini Eleuterio, legale rappresentante del caseificio sociale
cooperativo II Trionfo, avverso il decreto di sequestro emesso il 14.01.2015 dal
pubblico ministero ed eseguito il 21.01.2015 su 48 forme di formaggio
parmigiano reggiano DOP.
Il Tribunale dava atto che il sequestro era stato disposto nell’ambito di un’attività

contaminazione, adulterazione e messa in commercio di sostanze alimentari
(nella specie formaggio parmigiano reggiano DOP), scaturita dai controlli eseguiti
sul latte conferito dall’azienda agricola Reverberi e Pezzoni, che avevano rilevato
la presenza di valori della sostanza denominata aflatossina M1 notevolmente
superiori ai limiti di legge, nonostante che le analisi del medesimo latte
effettuate in base alla normativa UE, mediante la procedura di autocontrollo
gestita dal centro servizi agroalimentare, avesse sempre evidenziato valori
contenuti nei limiti stabiliti; la successiva attività di intercettazione telefonica
aveva rivelato il coinvolgimento nella vicenda di numerose aziende agricole
conferenti il prodotto lattiero, nonchè di persone addette al centro servizi
deputato ai controlli, comportando la contestazione dei reati di associazione per
delinquere, falso ideologico, frode alimentare e tentata truffa aggravata, in
relazione ai contributi economici che le aziende avevano percepito dalla regione
Emilia-Romagna; il sequestro dei test report operato presso il centro servizi
aveva consentito di estendere le indagini al latte conferito dalle aziende agricole
a diversi caseifici, tra i quali quello gestito dal Pongolini.
Il Tribunale rigettava le eccezioni di natura processuale sollevate con riguardo
alla notifica dell’avviso d’udienza eseguita via mail al difensore del Pongolini, sia
nella sua qualità professionale che in quella di domiciliatario della parte,
mediante recapito di un’unica copia dell’atto soggetto a notifica; rilevava la
titolarità in capo al pubblico ministero del potere di disporre il sequestro
probatorio, senza la necessità di alcun vaglio, preventivo o successivo, da parte
del GIP; riteneva il decreto di sequestro ampiamente motivato con riguardo
all’esigenza investigativa di eseguire campionamenti e analisi di laboratorio sulle
forme di formaggio sequestrate, e riteneva adempiuto l’onere motivazionale sui
reati ipotizzati e sul relativo funnus indiziario attraverso il richiamo del contenuto
dell’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal GIP del
Tribunale di Parma per i medesimi fatti il 10.06.2014, che riepilogava le indagini
svolte mediante assunzione di sommarie informazioni, attività di intercettazione,
analisi dei campioni di latte e acquisizione dei certificati ideologicamente falsi sui
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investigativa svolta dal NAS dei carabinieri di Parma riguardante la

relativi contenuti di aflatossina; riteneva così accertato il nesso di pertinenzialìtà
tra le ipotesi di reato e le cose sequestrate, idoneo a legittimare il sequestro
probatorio anche nei riguardi di soggetti terzi rispetto ai reati contestati.
2. Ricorre per cassazione Pongolini Eleuterio, nella veste di indagato e di legale
rappresentante della società cooperativa agricola n Trionfo, a mezzo del
difensore, deducendo i seguenti motivi di gravame:
– nullità assoluta ex art. 179 del codice di rito dell’ordinanza impugnata, per
omesso avviso di fissazione dell’udienza camerale all’interessato, in quanto

aveva eletto domicilio, senza copia per la parte;
– violazione di legge in relazione all’art. 253 cod.proc.pen., sotto il profilo della
mancanza di motivazione del decreto di sequestro emesso dal pubblico
ministero, non integrabile da parte del giudice del riesame;
– violazione di legge in relazione agli artt. 253 e 324 comma 3 cod.proc.pen.,
sotto il profilo dell’omessa enunciazione del fatto-reato nel decreto di sequestro,
con conseguente impossibilità per il Tribunale di esercitare il controllo sulla
corrispondenza tra la violazione normativa contestata e la condotta in concreto
addebitata; il ricorrente lamenta in particolare l’omessa trasmissione al giudice
del riesame della nota informativa finale dei Nas, richiamata per relationem dal
GIP nell’ordinanza applicativa della misura cautelare personale, deducendo il
difetto di fumus del decreto che aveva disposto la misura reale;
– violazione di legge in relazione agli artt. 253 e 125 comma 3 cod.proc.pen., con
riguardo all’insufficienza degli elementi indicati dal pubblico ministero a supporto
del fumus dei reati ipotizzati, formulando una serie di rilievi riguardanti l’assenza
di analisi sulla pasta di formaggio, i risultati inintelligibili e di dubbia attribuzione
dei risultati delle prove eseguite sui soggetti che avevano conferito il latte al
caseificio, la mancanza della qualità di parmigiano-reggiano delle forme di
formaggio sequestrate, ancora in fase di maturazione, l’assenza di un adeguato
supporto scientifico delle conclusioni investigative, contestando l’esistenza di un
limite fissato per legge al contenuto di aflatossina M1 tollerabile nel prodotto
alimentare (limite solo raccomandato dal comitato nazionale per la sicurezza
alimentare), l’assenza di automatismo tra la presenza (eventuale) di aflatossina
nel latte conferito e quella nel formaggio a pasta dura, soggetto a un processo
produttivo regolato da disciplinare, la natura esplorativa del sequestro, l’assenza
di campionamento della pasta di formaggio e delle forme tracciate; il ricorrente
si duole infine dell’omessa evincibilità delle modalità con cui era stato eseguito
l’esame del campione di latte incriminato e dei criteri seguiti nelle analisi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni che seguono.
2

l’avviso era stato notificato in unica copia al difensore presso il quale il ricorrente

2. Occorre premettere che il ricorrente, Pongolini Eleuterio, non deduce in modo
chiaro, nell’atto di gravame, se agisca, oltre che in qualità di legale
rappresentante del caseificio sociale nei cui confronti è stato eseguito il
sequestro delle forme di formaggio parmigiano-reggiano e che avrebbe diritto
alla loro restituzione, anche in proprio nella qualità di persona (in ipotesi)
indagata nel procedimento penale per i reati in relazione ai quali è stato disposto
ed eseguito il sequestro probatorio.
2.1. Costituisce principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, da

30/10/2014, Rv. 260894, che il ricorso per cassazione proposto dal terzo
(proprietario) interessato alla restituzione dei beni, avverso i provvedimenti di
sequestro (o di confisca) dei beni stessi, deve essere presentato – a pena di
inammissibilità – da un difensore munito di procura speciale ex art. 100
cod.proc.pen., la cui mancanza originaria non è suscettibile di essere sanata o
regolarizzata nelle forme previste dall’art. 182 comma 2 cod.proc.civ..
Nessuna procura speciale risulta allegata al ricorso dal difensore del Pongolini
(né una tale qualità – di procuratore speciale del ricorrente – risulta spesa nel
testo del ricorso), il quale, in quanto agente nella veste di legale rappresentante
del caseificio sociale II Trionfo, è portatore di un interesse meramente civilistico
al dissequestro e alla restituzione dei beni, la cui rappresentanza nel
procedimento penale esige l’osservanza delle regole stabilite dall’art. 100 del
codice di rito, di tal che sotto tale profilo il ricorso deve essere dichiarato
senz’altro inammissibile.
2.2. Il Pongolini non ha chiarito se egli sia personalmente indagato nel
procedimento penale riguardante i reati per il cui accertamento è stato eseguito
il sequestro, così da essere legittimato (anche) in proprio al ricorso, senza
necessità di farsi rappresentare da un procuratore speciale: il fatto che egli non
fosse incluso nell’elenco dei soggetti indagati di cui all’ordinanza applicativa della
misura cautelare personale emessa il 10.06.2014 dal GIP del Tribunale di Parma
(come dato atto alla pagina 2 del ricorso) conduce logicamente a escludere la
relativa qualità, e dunque anche la titolarità di una legittimazione e di un
interesse alla presente impugnazione diversi dalla qualità di terzo proprietario
dei beni sequestrati.
Il gravame non soddisfa perciò il requisito dell’autosufficienza sul punto relativo
alla dimostrazione di una qualità del ricorrente – quella di indagato – essenziale
al fine di superare il difetto di ammissibilità dell’impugnazione, altrimenti
derivante dalla mancanza di procura speciale rilasciata al difensore.
3. I motivi dedotti a sostegno del ricorso sono peraltro inammissibili anche nei
loro contenuti oggettivi.
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ultimo definitivamente sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 47239 del

3.1. Manifestamente infondata è la censura di nullità della notifica dell’avviso di
fissazione dell’udienza camerale dinanzi al tribunale del riesame eseguita tramite
la consegna di un’unica copia dell’atto al difensore domiciliatario: questa Corte
ha già più volte affermato (da ultima, Sez. 2 n. 38058 del 18/07/2014, Rv.
2608539) che la notificazione avvenuta mediante consegna al difensore di fiducia
domiciliatario di un’unica copia dell’atto da notificare, con l’espressa indicazione
in esso dei destinatari specificamente individuati – come l’ordinanza impugnata
(pagina 3) ha dato atto essere avvenuto nel caso di specie – non è invalida e non
produce alcuna nullità (tanto più trattandosi di notifica eseguita con modalità

telematiche, dettata da evidenti finalità di semplificazione).
La doglianza del ricorrente, che si limita alla mera riproposizione della medesima
eccezione che il Tribunale del riesame ha già rigettato, senza adeguatamente
confrontarsi con le puntuali argomentazioni del giudice di merito, non supera
pertanto la soglia dell’ammissibilità (Sez. 2, n. 36406 del 27/06/2012, Rv.
253893, secondo cui la natura aspecifica del motivo di ricorso che discende
dall’assenza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione
impugnata e quelle poste a fondamento del gravame integra una causa tipica di
inammissibilità del ricorso per cassazione).
3.2. Manifestamente infondate, oltre che incoerenti alla natura e alle finalità del
sequestro probatorio, che assolve la funzione di mezzo di ricerca e assicurazione
della prova e non quella di prevenire la reiterazione del reato ex art. 321
cod.proc.pen., sono anche le doglianze del ricorrente in tema di carenza di
motivazione del decreto di sequestro con riguardo al fumus dei reati ipotizzati.
Come ha puntualmente spiegato l’ordinanza impugnata, il sindacato del giudice
del riesame, in tema di sequestro probatorio, non deve investire la concreta
fondatezza dell’accusa, ma è circoscritto alla verifica dell’astratta possibilità di
sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato e al controllo dell’esistenza
del nesso di pertinenzialità tra le cose sequestrate e la loro necessità ai fini della
prova dei reati ipotizzati (ex plurimis, Sez. 3 n. 19141 dell’8/04/2014, Rv.
260112), reati che ben possono essere ascritti a soggetti diversi dai titolari delle
cose sottoposte a vincolo, nei cui confronti non necessita perciò alcuna
motivazione in ordine a una (inesistente) partecipazione alla condotta criminosa.
Nel caso di specie, il decreto del pubblico ministero è stato ampiamente e
congruamente motivato, con riferimento alle finalità proprie del sequestro
probatorio delle forme di parmigiano-reggiano di cui è stata ipotizzata
l’adulterazione nella misura in cui risulti prodotto (anche) con latte contaminato
dalla presenza di aflatossina M1 in quantità superiore ai limiti consentiti,
conferito dalle aziende agricole oggetto di indagine, mediante il richiamo degli
elementi indizianti (largamente eccedenti il semplice fumus) delle violazioni che
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hanno giustificato addirittura l’emissione di una misura cautelare personale, da
parte del GIP, a carico dei soggetti coinvolti nell’adulterazione e nel relativo
occultamento mediante certificati di analisi ideologicamente falsi, nonché della
tipica esigenza probatoria di sottoporre a campionatura e ad analisi di laboratorio
il prodotto alimentare sequestrato, al fine di verificare la fondatezza nel merito
dell’ipotesi accusatoria nei riguardi specifici delle forme di formaggio prodotte dal
caseificio ricorrente.
La censura del ricorrente, che anche in questo caso omette sostanzialmente di

provvedimento impugnato, è dunque affetta da una palese genericità e deve
essere dichiarata inammissibile.
3.3. Le contestazioni riguardanti, infine, la pretesa insufficienza – in fatto – degli
elementi acquisiti e indicati dal pubblico ministero a supportare il fumus
indiziario dei reati ipotizzati si risolvono in mere censure di merito, che non solo
non rientrano nei vizi denunciabili in sede di legittimità, così da risultare
radicalmente inammissibili, ma prima ancora esulano dallo stesso tema della
verifica demandata al Tribunale del riesame sui presupposti del sequestro
probatorio, che, come esattamente rilevato dall’ordinanza impugnata, non
attiene all’accertamento della fondatezza dell’accusa, ma alla potenziale capacità
dimostrativa – in rapporto ad essa – delle cose sequestrate e delle indagini
tecniche sulle stesse prospettate dal pubblico ministero, obiettivamente
ravvisabile nelle analisi di laboratorio mirate al riscontro della presenza di
aflatossina in quantità eccedente i limiti di legge.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso il 18/06/2015

confrontarsi con le argomentazioni, coerenti e giuridicamente corrette, del

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