Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35855 del 18/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35855 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSIELLO ROBERTO N. IL 12/06/1983
avverso l’ordinanza n. 482/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
23/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/soot.itode conclusioni del PG Dott. 03’c,c2z..

(geto

Uditi difensor/

C

J VL

ottei

Data Udienza: 18/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 23 settembre 2014 il Tribunale di Roma, pronunciando quale
giudice dell’esecuzione, revocava nei confronti di Roberto Rosiello la pena del lavoro di
pubblica utilità, pari a mesi quattro e giorni venti, col ripristino della pena originaria di mesi tre
di arresto ed C 600,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per il periodo di
mesi sei. A fondamento della decisione rilevava che il condannato non aveva svolto l’attività
prescritta presso l’ente individuato in sede di ammissione.

quale ne ha chiesto l’annullamento per vizio di motivazione scaturante dal travisamento della
prova. Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione ha valorizzato un dato probatorio
inesistente ma considerato decisivo, ossia la volontaria violazione della misura; al contrario,
alcuna atto del procedimento attesta l’affettiva sottoposizione del condannato alla misura
alternativa, mancando persino un verbale di inizio dell’esecuzione con la relativa data e la
specificazione del programma e dei relativi obblighi; del resto, di tale carenza si era avveduto
anche il giudice che all’udienza del 14/2/2014 aveva disposto accertamenti a mezzo della
polizia locale per verificare lo svolgimento dell’attività, relazione in realtà mai pervenuta senza
che tali verifiche fossero state approfondite anche presso la Caritas Diocesana di Latina.
Pertanto, per non essere mai stato sottoposto alla misura, il ricorrente non aveva nemmeno
potuto iniziare lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
3. Con requisitoria scritta depositata 1’11 febbraio 2015, il Procuratore Generale presso la
Corte di Cassazione, dr. Oscar Cedrangolo, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.
4. Con memoria pervenuta nella cancelleria di questa Corte la difesa ha ulteriormente
illustrato i motivi di ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va dunque accolto.
1.L’ordinanza impugnata ha ritenuto di poter revocare la misura alternativa del lavoro di
pubblica utilità, applicata al ricorrente con sentenza dell’1/2/2013, irrevocabile 1’11/6/2013, sul
presupposto della sua mancata prestazione e dell’addebito di tale omissione all’inerzia
volontaria e colpevole dell’obbligato, procedendo all’applicazione del disposto dell’art. 186
c.d.s., comma 9-bis. A tal fine ha valorizzato la revoca della disponibilità “da parte del servizio
PID” e la dichiarazione resa dal difensore circa la mancata prestazione dell’attività anche
presso il nuovo ente indicato, la Caritas Diocesana di Latina, ritenendo l’impossibilità di
acquisire relazione sull’attività svolta anche da parte di tale ente.
1.1 In realtà, come documentato dalla difesa, la decisione assunta è stata condizionata
da una parziale considerazione delle risultanze documentali; invero, premesso che con la

2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del difensore, il

sentenza di condanna dell’1/2/2013 il Rosiello era stato ammesso al lavoro di pubblica utilità
da svolgersi per il periodo di mesi quattro e giorni venti presso la società cooperativa indicata
dal condannato e compresa tra gli enti convenzionati col Tribunale di Roma e che, pervenuta in
data 23 ottobre 2013 dichiarazione da parte del Dipartimento Promozione dei servizi sociali e
della salute, servizio P.I.D., del Comune di Roma di revoca della disponibilità allo svolgimento
di tale attività in ragione del mutamento del luogo di residenza del condannato, il giudice
aveva fissato l’udienza del 15 gennaio 2014 ai fini dell’eventuale revoca prevista ai sensi
dell’art. 186 comma 9.bis c.d.s.. In tale udienza la difesa del Rosiello aveva chiesto un rinvio

adempimento effettuato alla successiva udienza del 14 febbraio 2014, sicchè il giudice
dell’esecuzione aveva demandato all’ufficio di polizia di redigere verbale di effettivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
Alla successiva udienza del 16 settembre 2014 aveva preso atto di quanto riferito dal
difensore sul fatto che il Rosiello non aveva prestato l’attività prescrittagli, e, senza nemmeno
acquisire il verbale della polizia municipale, né verificare le ragioni di quanto rappresentato,
aveva assunto la decisione investita dall’impugnazione all’odierno esame.
1.2 In tal modo il giudice dell’esecuzione non ha tenuto in considerazione che l’attivazione
del procedimento finalizzato all’esecuzione dell’attività di pubblica utilità, così come le scelte
discrezionali legate alla sua imposizione ed alle modalità di prestazione, sono rimesse
all’iniziativa, non dell’obbligato, ma dell’autorità penale.
In particolare, come riconosciuto da questa Corte, “attraverso il richiamo operato
dall’art. 186 cit. alla disposizione dettata nell’ambito della disciplina della competenza penale
del Giudice di pace, la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica
utilità è in ogni caso affidata ad un decreto del Ministro della giustizia da adottare d’intesa con
la Conferenza unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8. Decreto che ha visto la
luce il 26 marzo 2001 (“Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro
di pubblica utilità applicato in base al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54, comma 6”). Tale
provvedimento, dopo aver individuato il tipo di prestazioni dovute e richiamato le convenzioni
da stipulare con il Ministro della giustizia o, su delega di quest’ultimo, con il Presidente del
Tribunale, dispone all’art. 3 che “con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la
pena del lavoro di pubblica utilità, il giudice individua il tipo di attività, nonché
l’amministrazione, l’ente o l’organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere
svolta. A tal fine il giudice si avvale dell’elenco degli enti convenzionati” (Cass. sez. 4, n. 27987
del 3/07/2012 , Cirina, rv. 253589, nonché nei termini rv. 255523 e 255524).
1.3 La configurazione normativa dell’istituto demanda quindi al giudice della cognizione
sul reato commesso in violazione dell’art. 186 c.d.s. il potere di comminare la sanzione
sostitutiva e di individuarne modalità attuative senza imporre oneri in capo al condannato, il
quale può soltanto sollecitare il potere del giudice all’assunzione di tale decisione o dichiarare
di non opporsi, ma non è tenuto ad attivarsi per indicare l’ente o la struttura presso la qual
2

per produrre la convenzione stipulata tra la Caritas Diocesana ed il Tribunale di Latina,

svolgere il lavoro di pubblica utilità. Parimenti, deve ritenersi che sull’obbligato non gravi
l’onere di avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell’attività che è tenuto
a svolgere. In primo luogo, il sistema processuale stabilisce all’art. 661 cod. proc. pen. che per
l’esecuzione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della liberà controllata sia il
pubblico ministero a trasmettere l’estratto della sentenza di condanna al magistrato di
sorveglianza territorialmente competente che provvede in osservanza delle disposizioni di
legge vigenti. Più in generale è il p.m. l’organo che a norma dell’art. 655 cod. proc. pen. cura
l’esecuzione dei provvedimenti di condanna; si tratta dello stesso organo giudiziario che, per

eseguire la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e di formulare, ai sensi dell’art. 44
D.Lgs. nr. 274/2000, al giudice le proprie richieste di modifica delle modalità di esecuzione in
caso in cui l’amministrazione, l’organizzazione o l’ente presso il quale si debba svolgere
l’attività non sia più convenzionato o abbia cessato operatività, nonché di incaricare l’autorità
di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza di verificare la regolare prestazione del lavoro.
1.4 Pertanto, nel caso di specie sarebbe spettato all’ufficio di procura competente avviare
la fase di esecuzione della sanzione sostitutiva mediante comunicazione della sentenza di
condanna a carico del Rosiello all’ente individuato nella sentenza e successivamente a quello
diverso, indicato dal giudice in sostituzione dell’organismo originario, adempimenti che non
risulta siano stati curati dall’autorità che vi è istituzionalmente preposta. Non risponde dunque
alla disciplina specifica dell’istituto e nemmeno ai principi generali in materia di esecuzione del
giudicato penale sanzionare il condannato con la revoca della misura sostitutiva per la mancata
prestazione del lavoro di pubblica utilità a fronte di una sua presunta inerzia, che è
documentalmente smentita per avere lo stesso sollecitato l’avvio dell’attività e per non essere
comunque gravato dall’onere di promuovere da sé l’esecuzione.
Per le considerazioni svolte il provvedimento impugnato, affetto da violazione di legge e
da motivazione incongrua, va annullato con rinvio per nuovo esame che dovrà tenere conto dei
principi e dei rilievi sopra esposti.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2015.

effetto dell’art. 5 del decreto del Ministrero della Giustizia 26 marzo 2001, ha il compito di

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